NASCERE IN UN
PAESE DISAGIATO O OPPRESSORE
ESCLUDE FORSE DAI DIRITTI UMANI?
Intervento di mons. Stephen Fumio Hamao
Il fenomeno delle migrazioni
negli ultimi decenni si è drammaticamente dilatato.
Oggi vi sono sempre più persone che si spostano da
un Paese all'altro, da un continente all'altro.
Oltre 190 milioni di individui vivono attualmente lontano
dallo Stato in cui sono nati. Si calcola infatti che i migranti
internazionali, per motivi economici, siano approssimativamente
175 milioni. Ad essi si devono poi aggiungere circa 16 milioni
di rifugiati sotto il mandato del corrispondente Alto Commissariato
delle Nazioni Unite (Unhcr) e dell'Agenzia delle Nazioni Unite
di Soccorso e Lavoro per i rifugiati palestinesi nel Vicino
Oriente (Unrwa). Anche il numero delle persone costrette a
lasciare le proprie case e zone di residenza, senza però
varcare i confini nazionali - sono i cosiddetti "sfollati"
-, è gradualmente cresciuto, cosicché la cifra
di profughi all'interno del proprio Paese si aggirerebbe intorno
ai 50 milioni. La metà di loro si trova di per sé
in una situazione simile a quella dei rifugiati, e a tale
status avrebbe diritto se varcasse il confine. Gli altri 25
milioni di sfollati si trovano invece in tale situazione a
causa di disastri naturali. Le cifre che abbiamo fornito non
comprendono, naturalmente, i milioni di migranti interni:
coloro, cioè, che si spostano in zone del loro Stato,
diverse da quelle originarie, alla ricerca di sicurezza e
sostentamento per la propria famiglia.
Tra le migrazioni bisogna dunque fare una importante distinzione
che separa le volontarie dalle forzate. La migrazione volontaria
è collegata infatti all'offerta di lavoro e alla richiesta
di lavoratori; quella forzata, invece, è originata
dai conflitti, dalle violazioni dei diritti umani, dall'oppressione
politica, o religiosa o di genere. Sebbene questa distinzione
abbia una sua indubbia validità, essa risulta, spesso,
difficilmente identificabile. Infatti la libera scelta non
è sovente l'elemento principale che spinge una persona
a trasferirsi in un altro Paese. Oltre i summenzionati conflitti,
oppressioni e abusi di potere, esistono purtroppo altri elementi
che lasciano ben poco margine alla libera scelta tra il sopportare
o il fuggire condizioni di vita divenute insostenibili; mi
riferisco alla povertà estrema, all'economia disastrosa,
al degrado ambientale, agli squilibri demografici, alla mancanza
di sistemi minimi di sicurezza, di sanità e di servizi
nei momenti di crisi, o anche all'assoluta mancanza di partecipazione
dei cittadini alle decisioni politiche.
Presentiamo ora alcuni cambiamenti di rilievo nel campo delle
migrazioni, rispetto al passato.
1. Penso anzitutto all'entrata numerosa di donne in questo
movimento.
Inizialmente erano infatti soprattutto gli uomini coloro che
lasciavano la propria casa, la terra degli avi, per recarsi
a lavorare in un altro Paese. In tempi più recenti,
invece, i movimenti migratori sono sempre più marcati
dalla presenza delle donne. Esse pure partono per procurarsi
un reddito e non più soltanto per accompagnare i propri
familiari.
2. Un altro elemento caratteristico sono i legami tra i migranti
di oggi.
Sebbene le migrazioni comportino, cioè, un drastico
cambiamento di vita, a causa dell'allontanamento dal Paese
di origine, molti migranti tendono a mantenere con esso maggiori
contatti, anche grazie ai viaggi e ai mezzi di comunicazione
più agevoli.
3. Vi sono altresì i cambiamenti climatici che diventano
fattore di migrazione.
A questo proposito, nei prossimi anni essi dovrebbero contribuire
ad una grande crescita del movimento di popolazioni. Alcuni
ritengono di fatto che entro 25 anni, forse decine di milioni
di persone saranno costrette ad emigrare a causa della desertificazione,
o dell'innalzamento del livello dei mari.
4. Non mancano inoltre i nuovi problemi politici, come fattore
di migrazione.
Anche il clima politico odierno, cioè, è cambiato,
- lo sappiamo - purtroppo a svantaggio dei migranti e dei
rifugiati. Dopo l'11 settembre 2001, dilaga la paura del terrorismo,
cosicché Governi e partiti politici stanno emanando
leggi sempre più severe per il mantenimento dell'ordine
e della sicurezza; si esercitano così più severi
controlli rendendo più restrittive le stesse norme
sull'asilo, un istituto di grande tradizione nella legislazione
internazionale. In molti, poi, l'immigrazione è spesso
collegata all'idea della crescita della criminalità.
Ne consegue che l'atteggiamento generale verso le persone
di diversa cultura e religione, che vivono vicino a noi, è
divenuto più ostile, perfino xenofobo, quando non razzista.
A ciò occorre aggiungere la mancanza di conoscenza
dell'altro, del forestiero, il pregiudizio e le manipolazione
politiche, che causano inutili sofferenze agli stranieri presenti
tra noi. E già essi ne hanno abbastanza.
5. V'è infine, in questa nostra lista provvisoria,
la necessità d'immigrazione, in alcune regioni, anche
perché la popolazione di molti Paesi sta invecchiando
e questo dato di fatto richiederà certo nuove politiche
migratorie ed economiche. L'impatto che tutto ciò produrrà
interesserà altresì l'etica internazionale.
Infatti, quando riportiamo cifre e stabiliamo classificazioni
fra le persone coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, dobbiamo
ricordare che stiamo parlando di "esseri umani", ognuno dei
quali ha un volto, una storia, persone amate e che amano,
ha incombenze, gioie e dolori. Ognuno di loro è un
individuo con diritti e doveri, con esigenze, aspirazioni,
qualità, fragilità, identiche alle nostre. E
qui entra l'etica personale ed internazionale, appunto. La
sostanziale differenza con noi, però, è che
la loro vita è stata drammaticamente segnata dal loro
luogo di nascita. Tutti, dunque, soprattutto se ci professiamo
Cristiani, dobbiamo comprendere, e aiutare a far capire, che
nascere in un Paese disagiato o in uno Stato oppressivo non
dovrebbe compromettere, per sempre, diritti, doveri, opportunità
e - soprattutto - dignità, sia che si parli di un cittadino,
di un migrante, oppure di un rifugiato, i cui documenti siano
regolari o no.
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