Parigi-Dakar, un volo da
paura
Un immigrato imbarcato in manette con due poliziotti
di scorta. L'uomo urla di non voler partire. Alcuni passeggeri si schierano con
lui e vengono arrestati
FRANCO LA CECLA
Alle sette e mezza del mattino del 15 dicembre ci
imbarchiamo su un aereo, charter, Air
Horizon, alla volta di Dakar. Appena
entriamo sentiamo delle urla provenire dal fondo. Ci hanno assegnato la
penultima fila per cui quando ci avviciniamo ai nostri posti troviamo seduti in
fondo due poliziotti e in mezo, legato come un salame, un giovane africano che
urla «je ne suis pas un esclave», «lasciatemi», «mamma», «mi fate male». Ha gli
occhi fuori dalle orbite ed è paonazzo in volto. Urla come un disperato. Preoccupati
ci sediamo e i poliziotti ci dicono che non c'è problema, che appena l'aereo si
alza in volo lui smette. Le hostess ci sorridono. Passa mezzora, poi tre quarti
d'ora, l'aero non parte e lui continua a urlare e piangere. I poliziotti lo
fanno sparire ogni tanto , piegandolo ( è ammanettato dietro) e mettendogli un
guanto sulla bocca e gli dicono che se non la smette sono obbligati a fargli
questo. I passeggeri sono visibilmente sconvolti. L'aereo è pieno, ci sono
bambini, famiglie. Siamo in varie persone ad alzarci, infine io e un
giornalista presente andiamo dal comandante e gli diciamo che non riusciamo a
pensare di potere volare in queste condizioni. L'amica che ho accanto si sente
male, un senegalese che soffre di cuore si aggiunge a noi e dice al comandante
che ha paura e che non può volare così. Gli chiediamo di farci scendere.
L'aereo è ancora attaccato al tubo del terminal. Lui dice che si occuperà della
cosa. Dopo qualche minuto annuncia che dati i suoi poteri ha deciso di fare
scendere il clandestino e
Nel frattempo altri
poliziotti raccontano che il clandestino, espulso, si è lanciato contro un pilone
a punta per suicidarsi ed è in ospedale. Arrivano notizie che l'aereo non è
partito, che i passeggeri non vogliono partire senza di noi. L'aereo finalmente
parte alle 16, alcuni passeggeri sono nel frattempo scesi. Sapremo che hanno
dichiarato di essere tutti disponibili a testimoniare in nostro favore. Quando
ci interrogano i capi d'accusa sono incitazione alla rivolta e «entrave» cioè
avere ostacolato un volo, in seguito corretto in avere bloccato una procedura
di espulsione. Io sono accusato di avere detto agli agenti che quello che
facevano era una tortura - cosa che non ho mai detto loro - e che non capivo
perché utilizzavano un charter e non un volo di linea normale o un volo
militare. Il poliziotto capo che mi interroga mi da ragione sull'ultima cosa. A
lui spiego la mia versione e gli ricordo che nei diritti dei passeggeri c'è
quello di abbandonare un aereo che non è ancora partito se hanno paura o stanno
male. Torno in cella. Poi mi richiamano per prendermi le impronte e farmi le
foto segnaletiche. Adesso sono scedato come un pericoloso dirottatore. Passano
le ore in cella e finalmente ci liberano. Il posto è sporco, affollato, i
poliziotti sono chiaramente del fronte nazionale e manifestano un atteggiamento
razzista verso le persone di colore che arrivano, e trattano tutti con estremo
disprezzo. Quando ci rilasciano, ci dicono che probabilmente non procederanno
contro di noi e che possiamo invece tra qualche mese, quando si aprirà il
processo o meglio l'istruttoria, denunciare il comandante dell'aereo. Ci fanno
firmare una dichiarazione di rilascio e non ci danno alcun foglio che dimostra
che ci hanno detenuto. Usciamo sconvolti e ci vediamo noi tre dell'aereo e ci
mettiamo d'accordo per chiamare la televisione nazionale, France 2 e France 3 e
di prendere un avvocato.
L'indomani alle 9 e 30
facciamo l'intervista che verrà diffusa più volte durante la giornata e che
include una dichiarazione del capo della polizia che dice che rischiamo 5 anni
di prigione e settemila euro di ammenda. e che siamo accusati di incitazione
alla rivolta, di impedimento di un atto di espulsione e di insulti alla
polizia. L'accusa di violenza nei loro confronti viene subito ritirata.
Scopriamo che una cosa analoga era avvenuta il giorno prima e che l'aereo non
era partito, ma che è la prima volta che tre passeggeri passano dieci ore in
cella per avere manifestato il proprio malessere di fronte a quello a cui erano
costretti ad assistere.