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Viaggio nel paese
degli uomini invisibili
L'Europa organizza
la clandestinità
Malgrado numerose proteste, il ministro degli interni francese Nicolas
Sarkozy non demorde e intende portare avanti la pratica dei «voli
di gruppo» - nuova versione dei «charter» di Charles Pasqua - di
immigrati irregolari. In tutti i paesi dell'Unione europea, i clandestini
vengono repressi sempre più duramente attraverso nuove leggi. I poteri
pubblici rimangono invece silenziosi quando il vergognoso sfruttamento
di questi lavoratori stranieri permette a un buon numero di datori
di lavoro di abbattere i costi salariali.
Nicholas Bell
La produzione intensiva di frutta e verdura figura tra i settori meno
regolamentati della politica agricola comune (Pac) e quindi uno dei
più sottoposti al liberismo selvaggio. «Il datore di lavoro deve
aver costantemente a portata di mano una quantità di manodopera che
consenta di portare a termine la raccolta, qualunque siano le circostanze
climatiche o economiche», scrive Jean-Pierre Berlan, ricercatore
all'Istituto nazionale della ricerca agronomica (Inra). «C'è quindi
bisogno di un esercito di riserva di operai agricoli, che viene fornito
dalla manodopera immigrata clandestina. Esiste una vera e propria
articolazione, una complementarità tra immigrazione clandestina e
immigrazione ufficiale» (1). L'autore fa qui riferimento al «modello
californiano» in funzione dal XIX secolo, ma questa constatazione
è valida anche per l'Europa attuale. Con una piccola differenza:
ormai, bisogna parlare più in generale di «lavoro non dichiarato»,
realizzato sia dai cittadini del paese che dagli immigrati.
Uno dei pochi studi europei realizzati sul campo in sei paesi da
sindacalisti lo conferma: «le informazioni convergono nel descrivere
pratiche al nero o grigie, a livello locale, eterogenee, che tendono
a svilupparsi, a intensificarsi, a estendersi. Si va dall'aumento
degli straordinari non dichiarati dei dipendenti stabili fino allo
sviluppo di forme illegali, a volte perfino schiaviste, di reclutamento
della manodopera agricola, passando per le forme più atipiche e flessibili
del lavoro occasionale» (2).
A questo quadro va aggiunto il ruolo decisivo svolto dalle grandi
catene di distribuzione, che esercitano una pressione infernale sui
produttori. Questi ultimi lavorano in una situazione di vero e proprio
subappalto, e cercano di cavarsela comprimendo, a qualunque costo,
il solo fattore su cui hanno potere: il lavoro. Prendendo l'esempio
della vendita delle insalate, Denis Brutsaert spiega: «in funzione
della domanda dei grandi magazzini, in qualunque momento della giornata,
i compratori telefonano per dire che hanno bisogno di un camion,
di un carico o di tre, a una data ora, in un dato posto. È quindi
impossibile avere della manodopera fissa, poiché ci vogliono improvvisamente
quindici persone per due ore. C'è bisogno di un esercito di riserva,
disoccupati, persone che vivono con l'Rmi [il Reddito minimo di inserzione,
l'assegno versato in Francia a chi ha più di 25 anni ed è senza lavoro,
ndt], clandestini» (3).
La situazione è diventata assurda e insostenibile. In dodici anni,
il 43% delle aziende agricole sono scomparse nella regione delle
Bocche del Rodano. Alcune imprese francesi e spagnole investono in
Marocco per ridurre ancora di più i costi salariali. Contemporaneamente,
i profitti dei supermercati aumentano a razzo: tra i dieci più grossi
patrimoni di Francia, ben cinque provengono dalla grande distribuzione
(4).
Il risultato è disastroso per i lavoratori. Le miserabili condizioni
di lavoro sono state rivelate in modo spettacolare dalle sommosse
razziste scoppiate nel febbraio 2000 a El Ejido, in Andalusia, contro
gli operai agricoli marocchini (5). La presenza massiccia di immigrati
clandestini che lavorano nell'agricolatura in Spagna è stata di nuovo
messa in evidenza in occasione del tragico incidente stradale, vicino
a Murcia, nel gennaio 2001, che ha causato la morte di 12 braccianti
agricoli clandestini ecuadoriani. Tutti lavoravano per una remunerazione
oraria di 2,41 euro. C'è voluta questa tragedia per venire a sapere
che c'erano 20.000 ecuadoriani clandestini in questa regione e 150.000
in Spagna. La situazione è, certo, più spettacolare nella regione
di El Ejido, ma gli abusi esistono dappertutto in Europa.
In Gran Bretagna, sono soprattutto i «gangmasters» a organizzare
le squadre di lavoratori, che provengono sempre più dai paesi dell'Est,
e a decidere il livello dei salari e le condizioni di lavoro. «L'ideale
per l'impresa agricola è il lavoro come fattore variabile a seconda
del livello di produzione, e non più un fattore (e quindi un costo)
quasi fisso (...) Per arrivare a ciò, la cosa più semplice è dare
in subappalto le assunzioni di manodopera necessaria giorno per giorno,
o anche ora per ora, presso agenzie di reclutamento legali o illegali»
(6).
In Olanda, uno dei primi paesi al mondo ad aver introdotto l'agricoltura
intensiva, un terzo dei lavoratori clandestini - che si calcola siano
almeno 100.000 - lavorano nella produzione di fiori e verdura. Dappertutto
o quasi in Europa, viene fatto ricorso a un ampio raggio di «risorse
umane», costituite da quattro categorie: cittadini del paese, legali,
che però fanno un gran numero di ore supplementari poco o per nulla
pagate; cittadini non dichiarati (disoccupati, che prendono l'Rmi...);
immigrati legali, con o senza contratto, il cui orario di lavoro
oltrepassa anch'esso i limiti di legge; infine, gli immigrati clandestini.
In Francia, esiste uno dei più vecchi statuti del lavoro stagionale
agricolo d'Europa, i contratti Omi (si veda il box alla pagina seguente).
In altri paesi europei ci sono contratti simili. Per esempio, lo
statuto di Erntehelfer (aiuto alla raccolta) è stato introdotto in
Austria nel 2000. «Delle persone, 7.000 al massimo, possono rimanere
solo sei settimane. Non hanno la previdenza sociale, i salari sono
infimi, l'organizzazione sindacale assente. Il datore di lavoro non
paga contributi, né per il fondo disoccupazione né per la pensione.
Così risparmia il 15,5% del salario lordo» (7).
Nel 1991, la Germania ha introdotto lo statuto del lavoro stagionale
nei settori agricolo, forestale e alberghiero. Il contratto è limitato
a tre mesi. Nel 2000, 220.000 nuovi permessi sono stati concessi
per stagionali agricoli. Teoricamente dal 1998, c'è un contingentamento
limitato a 180.000, ma il governo ha previsto una moltitudine di
eccezioni, come «il rischio di fallimento causato da una manodopera
troppo costosa...». Viene stimato che ci sono altrettanti lavoratori
non dichiarati di quanti abbiano un contratto legale. Circa il 90%
dei migranti assunti dagli agricoltori tedeschi provengono dai paesi
dell'Est. Sono pronti a lavorare molte ore per pochi soldi, visto
lo scarto molto importante tra i salari dell'Europa dell'Est e dell'Ovest.
Questi statuti di stagionale comportano numerosi effetti perversi.
In Francia, l'obbligo di rientrare immediatamente nel paese di provenienza
rende praticamente impossibile qualunque denuncia contro gli abusi.
In più, il tempo trascorso da uno stagionale non è calcolato come
anzianità sul territorio nazionale, se un giorno il lavoratore volesse
chiedere un permesso di soggiorno regolare. Un clandestino in Francia,
per esempio, presente da vari anni, può a volte ottenere un permesso
di soggiorno. Invece, un operaio con un contratto Omi di otto mesi
l'anno per 25 anni, non ha alcun diritto.
Grazie a questi statuti temporanei, i governi europei cementano una
forma intollerabile di segregazione sul mercato del lavoro. Secondo
Alain Morice, ricercatore del Centro nazionale per la ricerca scientifica
(Cnrs) sulle migrazioni e la società, «è possibile immaginare che,
poco per volta, di deroga in deroga, di annullamento in annullamento
di questo o quel articolo del codice del lavoro, non esiterà più
il lavoro illegale, per la semplice ragione che la nozione stessa
di legalità avrebbe fatto considerevoli passi indietro. Quando per
esempio analizziamo il lavoro agricolo, ci rendiamo conto che il
codice rurale non è altro che una gigantesca somma di deroghe al
diritto positivo per quanto riguarda il lavoro» (8).
L'Europa sta costruendo una sotto-classe di lavoratori temporanei,
che si sostituiscono uno all'altro in una rotazione permanente. Gli
immigrati non avranno soprattutto il diritto di vivere in modo normale
con la propria famiglia. L'allargamento dell'Unione europea ai paesi
dell'Europa centrale avrà conseguenze incalcolabili. La distruzione
dei piccoli produttori agricoli polacchi, per esempio, costringerà
vari milioni di persone a cercare un'altra fonte di reddito. Vedremo
così nascere una concorrenza, per i lavori poco qualificati, tra
i migranti tradizionali del Sud e quelli dell'Est, a grande vantaggio
dei datori di lavoro. La presenza di un'immigrazione legale o illegale
«invisibile» costituisce un fattore particolarmente prezioso. «In
Occidente, l'invisibilità è la pelle bianca e, in via accessoria,
l'appartenenza a una cultura il più cristiana possibile. È già possibile
qui e là vedere questa tendenza all'"imbiancamento". Per esempio,
dopo le sommosse razziste a El Ejido, abbiamo assistito a parziali
assunzioni sostitutive» (9).
Un altro esempio spettacolare di sostituzione di immigrati ha avuto
luogo nella primavera del 2000 a Huelva, una regione andalusa, celebre
per la produzione di fragole. Ogni anno, 55.000 operai stagionali
vengono assunti da marzo a giugno. Tradizionalmente, questi operai
sono dei giornalieri spagnoli, ma da qualche anno sono presenti anche
10.000 immigrati, quasi tutti maghrebini non assunti legalmente.
Nel 2001, in seguito al grande movimento dei sans papiers in Spagna,
5.000 di loro hanno ricevuto permessi di soggiorno limitati alla
raccolta delle fragole in questa provincia. All'inizio della stagione,
aspettano sul posto, fiduciosi, perché finalmente hanno dei docummenti
ufficiali. Ma con grande sorpresa vedono arrivare giovani donne polacche
e rumene che cominciano a raccogliere la frutta, sovente meno pagate
di quanto fossero loro. Il governo spagnolo ha deciso di offrire
dei contratti per questo stesso lavoro a 6.500 polacchi e 1.000 rumeni,
per lo più donne (10).
Migliaia di maghrebini si sono così trovati per strada, privi di
tutto, senza lavoro, senza casa e senza speranza. La situazione è
molto tesa e ha provocato un'ondata di razzismo contro i «moros»,
accusati di essere sporchi, non rasati e pelandroni. 4.000 persone
hanno manifestato a Huelva contro «l'insicurezza civile» e, per la
prima volta, c'erano dei manifesti di estrema destra, del Partito
della democrazia nazionale.
I maghrebini alla fine hanno partecipato alla raccolta delle fragole.
Alla ricerca disperata di un lavoro qualunque, sono rimasti nella
regione. «Hanno costituito un esercito di riserva molto importante
per lavorare nei giorni feriali e durante le punte di produzione,
cosa che non erano disposti a fare i lavoratori dell'Est. I soli
beneficiari di questa situazione sono gli imprenditori, che si sono
dichiarati molto soddisfatti della stagione, una delle più redditizie»
(11).
note:
*Coredattore di Goût amer de nos fruits et légumes, pubblicato dal
Forum civico europeo, Limans, 2001.
(1) «La lunga storia del modello californiano», Forum civico europeo,
in «Le Goût amer de nos fruits et légumes», numero speciale di Informations
et commentaires, Corenc, 2001 (forumcivique.europe@wanadoo.fr)
(2) Le Travail au noir dans l'agricolture, studio realizzato nel
1997 da Orseu, con il contributo di sindacalisti in Germania, Spagna,
Francia, Italia, Olanda e Gran Bretagna, con il sostegno della Commissione
europea.
(3) «Grand commerce et logique libérale», in Le Goût amer de nos
fruits et légumes, op. cit.
(4) Si legga Christian Jacquiau, «Racket dans la grande distribution
fraçaise», Le Monde diplomatique, dicembre 2002.
(5) Si legga Victor Angel Lluch, «Apartheid in serra spagnola», Le
Monde diplomatique/il manifesto, marzo 2000 e «El Ejido - terre de
non droit», rapporto di una commissione di inchiesta del Forum civico
europeo, Golias, Villeurbaine.
(6) Le Travail au noir dans l'agriculture, op. cit.
(7) Le Goût amer de nos fruits et légumes, op.cit.
(8) Estratto da un'intervista di Radio Zinzine (Forcalquier), 12
settembre 2002.
(9) Jean-Pierre Alaux del Gruppo di informazione e di sostegno ai
lavoratori immigrati (Gisti), «Vers l'Europe blanche et chrétienne
de Charlemagne?», in Le Goût amer de nos fruits et légumes.
(10) Secondo l'agenzia marocchina Map, gli emigrati marocchini sono
stati quasi completamente scartati dal contingente ufficiale dei
lavoratori stagionali impiegati in Spagna nel 2002. Solo 515 sono
stati ammessi su un contingente di 32.000. Dall'inizio degli anni
'90, più della metà dei posti venivano tradizionalmente accordati
ai marocchini (fonte: L'Agriculteur provençal, Aix-en-Provence, 15
novembre 2002).
(11) Estratto di un'intervista a Decio Machado, responsabile de
Organización democratica de immigrantes y trabajadores extranjeros
(Odite) a Huelva, il 19 maggio 2002, pubblicata in Archipel 96, Basilea,
luglio 2002.
(Traduzione di A. M. M.)
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