Il
Programma d’intervento
per i detenuti stranieri
realizzato
dalla Regione Lombardia
Riferimento
normativo:
Protocollo d’intesa tra la Regione Lombardia e il Ministero di Grazia e Giustizia Siglato a Milano il 22 febbraio 1999 dal Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e dal Ministro di Giustizia On. Oliviero Diliberto.
Testo
del Protocollo D’Intesa
Il
Presidente della Regione Lombardia ed il Ministro della Giustizia, rilevato:
che l’assetto istituzionale conseguente alla normativa vigente, e in particolare alla legge 26 luglio 1975, n° 354 sull’ordinamento penitenziario e al D.P.R. 24 luglio 1997, n° 616 - disciplinante il trasferimento e le deleghe delle funzioni amministrative dello Stato - nonché alla legge 8 giugno 1990, n° 142 sulle autonomie locali e alle successive leggi in materia, individua, nel rispetto delle diverse competenze e della normativa nazionale e regionale di riferimento, settori d’intervento congiunto sui quali il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione, anche quale coordinatrice e promotrice delle attività degli Enti Locali, devono collaborare per il raggiungimento degli obiettivi
fissati dall’ordinamento;
che
le predette leggi sono essenzialmente attuative dell’art.
27 della Costituzione secondo cui "le pene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione
del condannato", e che rieducare il condannato significa, tra l’altro,
aiutarlo a reinserirsi positivamente nella società, come peraltro ribadito
dagli artt. 81 e seguenti delle
Regole Minime dell’O.N° U. del 1955 e del Consiglio d’Europa del 1973 e
dalla Raccomandazione R (87) del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa
del 12 febbraio 1987 (artt. 26,32, 43, 65, 70, 88 e 89);
che
detti settori di intervento congiunto sono stati ulteriormente ampliati dalle
norme sul processo penale per i minori di cui DD.PR. 22 settembre 1988 e
successive modificazioni ed integrazioni;
che
le leggi regionali del 7 giugno 1980, n° 95 ("disciplina della formazione
professionale in Lombardia"), del 7 gennaio 1986, n° 1
("Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio assistenziali della
Regione Lombardia"), del 19 settembre 1988, n° 51 ("Organizzazione,
programmazione ed esercizio delle attività in materia di
tossicodipendenza") e dell’11 luglio 1997, n° 31, ("Norme per il
riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con le attività
dei servizi sociali") fissano obiettivi comuni a quelli indicati dalla
legislazione nazionale in materia;
che tale collaborazione può essere efficacemente realizzata mediante la stipula di un accordo generale che consenta idonee interazioni sul piano:
1.
dell’organizzazione, all’interno delle strutture penitenziarie, di
interventi specifici volti al trattamento delle persone ristrette secondo i
contenuti dell’Ordinamento Penitenziario;
2.
della cura e riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti,
alcooldipendenti, affetti da psicopatologie e forme morbose diffusive;
3.
dell’integrazione dei servizi territoriali delle Aziende sanitarie
locali e dei Comuni con i servizi penitenziari, per gli interventi a favore dei
dimessi, delle loro famiglie e dei soggetti beneficiari di misure alternative o
trattamentali non custodiali;
4.
della valorizzazione delle iniziative del privato sociale del
volontariato;
5.
del trattamento dei minorenni sottoposti a misure penali - in area
interna ed esterna - e della differenziazione del trattamento dei giovani
adulti;
6.
della promozione del benessere del personale penitenziario in tutti gli
ambiti in cui si esprime la professionalità e la vita di relazione;
RITENUTO
che per la realizzazione di detti programmi di
intervento deve essere assicurata la più ampia intesa tra le singole Direzioni
degli Istituti, dei Centri di Servizio Sociale per Adulti, degli Uffici di
Servizio Sociale per Minorenni, gli Enti Locali e le Aziende sanitarie locali,
competenti per territorio, nel rispetto del ruolo di ciascun ente interessato,
attraverso la sottoscrizione di accordi convenzionali che conterranno tutti gli
elementi di conoscenza necessari per la formazione dei programmi di intervento,
le modalità di attuazione e gli oneri di carico delle parti;
RICHIAMATA
la "Dichiarazione di intenti" sottoscritta
dal Presidente della Regione Lombardia e dal Direttore Generale
Dell’Amministrazione Penitenziaria il 5 novembre 1997
CONVENGONO E SI
IMPEGNANO su
quanto segue:
Interventi trattamentali
Il trattamento delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale negli istituti penitenziari, negli istituti
per minorenni, o in misura alternativa sul territorio della Lombardia, rientra
nelle competenze istituzionali dell’Amministrazione Penitenziaria e della
Giustizia Minorile e comporta il coinvolgimento, in termini coordinati e
integrati, delle competenze e delle relative funzioni della Regione e degli Enti
Locali.
Per il proseguimento degli obiettivi posti a
fondamento del trattamento la Regione Lombardia, nell’esercizio delle proprie
funzioni istituzionali, recependo le diverse indicazioni nel merito formulate
dalla Commissione Nazionale per i rapporti con le Regioni e gli Enti Locali, si
impegna per una concreta traduzione operativa in quanto previsto dalla normativa
vigente e, in particolare per la creazione delle condizioni utili ad attivare un
efficace rapporto di collaborazione tra Amministrazione Penitenziaria, Giustizia
Minorile (rappresentate nel loro insieme a livello regionale rispettivamente dal
Provveditorato regionale e dal Centro per la Giustizia Minorile), Ente Locale e
organizzazioni di volontariato. Tale collaborazione, che dovrà assumere le
connotazioni proprie del progetto prevede l’attivazione di un rapporto di
convenzione tra Direzione Penitenziaria, Direzione del Centro Servizio Sociale,
Direzione dei servizi della giustizia minorile ed Ente Locale di riferimento,
stipulato sulla base di uno schema tipo definito tra Ministero di Grazia e
Giustizia e Regione Lombardia. La responsabilità organizzativa degli interventi
che sostanziano il trattamento penitenziario appartiene all’Amministrazione
Penitenziaria e alla Giustizia Minorile la gestione degli interventi, laddove
sia coinvolto l’Ente Locale mediante convenzione, si realizza d’intesa tra
Direzione Penitenziaria, Direzione del Centro di Servizio Sociale per Adulti,
Direzione dei servizi della giustizia minorile ed Ente Locale di riferimento.
In tale ambito il progetto collaborativo locale, a
valenza pluriennale, prevederà:
·
la
precisazione delle modalità di utilizzo integrato degli operatori penitenziari,
della giustizia minorile e del territorio, compreso il volontariato e il privato
sociale;
·
l’individuazione
degli spazi attrezzati all’interno dell’istituto penitenziario e sul
territorio, ai fini delle azioni trattamentali programmate per progetti;
·
l’attivazione
dei servizi e dei presidi territoriali coinvolti nel progetto;
·
la
programmazione degli interventi formativi e di aggiornamento congiunti tra
operatori penitenziari, della giustizia minorile e del territorio, compreso il
volontariato e il privato sociale;
·
le
risorse finanziarie necessarie al progetto.
I progetti relativi al trattamento potranno avere
anche carattere sperimentale al fine di procedere, d’intesa tra le parti, a
quelle modificate in itinere che si rendessero necessarie per un più efficace
perseguimento degli obiettivi prefissati, rimuovendo gli ostacoli che a questo
si frappongono.
Dalla valutazione dei progetti saranno tratti quegli
elementi utili per l’eventuale ridefinizione degli standards gestionali nei
servizi e nei presidi degli Enti Locali sedi di istituti penitenziari o di
istituti penali per i minorenni coinvolti nella materia e debitamente
convenzionati.
Gli interventi a favore delle persone sottoposte a
misure restrittive della libertà personale in forma totalmente o parzialmente
extra murale rivestono per la Regione carattere di particolare importanza.
In conformità alle disposizioni vigenti è garantita
parità di trattamento tra cittadini italiani, cittadini stranieri, nomadi e
apolidi. Gli interventi di integrazione e supporto del trattamento penitenziario
resi dai presidi, dai servizi e dalla comunità locale gravano finanziariamente
sul bilancio regionale di competenza delle Direzioni generali coinvolte.
Concorrono alla realizzazione del progetto per il trattamento delle persone
ristrette negli istituti penitenziari e negli istituti penali per i minorenni
della Lombardia o in misure alternative sul territorio, le risorse finanziarie e
i servizi a questo ordinati dalle Direzioni generali regionali alla Famiglia e
Politiche Sociali - Trasparenza e Cultura - Giovani, Formazione Professionale,
Lavoro e Sport - Autonomie Locali e Federalismo - nonché di ogni altro settore
dell’Amministrazione regionale suscettibile di fornire opportunità in ordine
al recupero e alla reintegrazione sociale di tali cittadini.
In tale contesto sono promosse
"d’intesa", all’interno delle strutture, opportune iniziative
educative, formative, ricreative e sportive, sia nell’ambito del trattamento
personalizzato che nell’ambito di un possibile trattamento comune in relazione
ai bisogni specifici collettivi di determinate fasce di soggetti, con il
coinvolgimento diretto degli stessi interessati, sia nella fase programmatoria
sia gestionale delle iniziative.
Per tali iniziative saranno inoltre favorite tutte
quelle opportunità che consentano la partecipazione congiunta di detenuti e
detenute su progetti specifici di intervento.
Nell’incentivare tali iniziative le parti si
impegnano ad una programmazione in grado di coinvolgere tutti i cittadini in una
maggiore loro conoscenza e disponibilità nei confronti delle problematiche
riguardanti gli istituti, i servizi penitenziari e i servizi della giustizia
minorile.
conoscere
la distribuzione e le caratteristiche dei soggetti entrati nel circuito penale
regionale al fine di individuare situazioni su cui, nel quadro delle attività
previste in ambito regionale, operare interventi di trattamento e di prevenzione
ai vari livelli;
incrementare
e sviluppare qualitativamente gli interventi di sostegno a favore dei soggetti
sottoposti a misure alternative alla detenzione, degli avviati al lavoro
all’esterno, dei dimittendi, dei dimessi, dei liberi vigilati, nonché dei
ristretti beneficianti di "permessi premio", affinché detti
interventi non rivestano solo carattere economico-assistenziale ma siano anche
elementi di un programma di trattamento globale, permettendo altresì una più
ampia fruizione delle anzidette misure. In tale contesto anche al fine di
effettuare i colloqui di cui all’art. 35
quinto comma D.P.R. 29 aprile 1976, n° 431 è possibile prevedere piccoli
centri di accoglienza per soggiorni di breve durata di detenuti in permesso
premio o in licenza, ubicati in locali individuati all’interno del patrimonio
edilizio regionale o di proprietà di organismi del volontariato convenzionati
con la Regioni Lombardia;
realizzare,
ancorché in via sperimentale, centri di accoglienza o comunità alloggio per
l’esecuzione di affidamenti al servizio sociale o di detenzione domiciliari
(Settimanalmente i responsabili dei centri di accoglienza comunicheranno al
Magistrato di Sorveglianza, al Direttore dell’Istituto di Pena e al direttore
del Centro di Servizio Sociale il numero dei posti letto disponibili);
·
realizzare
sezioni autonome di istituti per la semilibertà ubicate in edifici o parti di
edifici di civile abitazione (Gli oneri di manutenzione, di ristrutturazione e
di gestione, sono posti a carico della Regione Lombardia);
·
favorire
la formulazione di orientamenti operativi omogenei tra gli Enti Locali per
quanto riguarda l’assistenza penitenziaria, l’assistenza alle vittime del
delitto, l’attuazione di programmi di informazione e sensibilizzazione
dell’opinione pubblica attraverso azioni mirate;
·
favorire
la collaborazione sistematica tra il servizio sociale penitenziario, i servizi
sociali territoriali e il volontariato anche mediante la stipula di idonee
convenzioni a livello locale tra i medesimi, al fine di realizzare in modo
organico e coordinato quanto previsto nel presente paragrafo.
L’Amministrazione penitenziaria, inoltre, si impegna a favorire e facilitare l’accesso negli istituti a quanti si ritiene dover coinvolgere per la buona riuscita dei programmi-progetto di trattamento di cui alla presente intesa.
Per un’efficace realizzazione del progresso di
grande portata volto a rendere il detenuto partecipe e protagonista del proprio
inserimento sociale, attraverso la sua adesione alle attività di trattamento in
un itinerario progressivo che coinvolga anche i nuclei familiari interessati,
l’Amministrazione Penitenziaria si impegna inoltre a rendere effettivo il
principio della "territorializzazione della pena".
Si impegnano infine di istituire una commissione di
studio che, anche sulla scorta dell’esperienza internazionale, elabori
proposte per il territorio regionale finalizzate alla realizzazione di strutture
non penitenziarie per l’esecuzione di misure alternative di non breve durata.
Interventi a favore degli stranieri coinvolti nell’area penale
Oltre agli interventi specifici previsti nei capitoli
di carattere generale, le parti concordano nell’opportunità di valorizzare e
agevolare i progetti che abbiano gli obiettivi di:
1.
realizzare un servizio di mediazione culturale all’interno del carcere;
2.
svolgere un’azione di consulenza e informazione per la tutela giuridica
e la fruizione di percorsi alternativi alla detenzione;
3.
sostenere coloro che usufruiscono di misure alternative o di altri
benefici attraverso l’attivazione di quelle risorse pubbliche o private cui
accede la comunità residente.
Partecipazione della comunità esterna alle attività di trattamento
Nel recepire le "Linee di indirizzo in materia
di volontariato", approvate dalla Commissione Nazionale Consultiva e di
Coordinamento per i rapporti con le Regioni e gli Enti Locali, il Ministero di
Grazia e Giustizia e la Regione Lombardia, oltre agli interventi specifici
previsti nei capitoli di carattere generale, favoriscono la collaborazione
organica con il privato sociale non profit e con il volontariato impegnati nei
confronti dei condannati e dei soggetti a rischio di comportamenti criminali.
Obiettivo di tale azione congiunta è la promozione
di interventi di prevenzione, di trattamento e di supporto al reinserimento
sociale che, partendo da iniziative autonome o da progetti comuni, si coordino
con le funzioni e le attività programmatiche e organizzative delle istituzioni
pubbliche.
Si impegnano altresì a promuovere corsi di
formazione del volontariato che prevedevano l’apporto professionale degli
operatori penitenziari del territorio.
Formazione e aggiornamento degli operatori
Il Ministero di Grazia e Giustizia e la Regione
Lombardia si impegnano a organizzare iniziative di formazione congiunta rivolte
al personale dipendente dall’Amministrazione Penitenziaria e dagli Enti
Locali, secondo le indicazioni contenute nelle linee di indirizzo sulla
formazione congiunta approvata dalla Commissione Nazionale Consultiva e di
Coordinamento il 10 marzo 1994.
Nell’individuazione dei contenuti e delle modalità
delle iniziative di formazione permanente o di aggiornamento, terranno conto
delle variabili legate:
1.
alle tipologie di utenza, al loro modificarsi, alle caratteristiche
socioculturali del territorio;
2.
alle esigenze culturali e sociali degli operatori provenienti da contesti
diversi da quello lavorativo.
“LO STRANIERO IN CARCERE”
Esperienze formative promosse dal Laboratorio Carcere Città
Da
alcuni anni l’aumento delle presenze degli stranieri in carcere pone
interrogativi nuovi a tutti coloro che vi operano.
Da una parte gli operatori penitenziari si trovano a
contatto con realtà culturali nuove, ignorate e quindi sconosciute, nei cui
confronti si sentono disarmati.
Gli strumenti operativi in proprio possesso risultano
inevitabilmente inadeguati; tutto si basa sull’esperienza diretta sul campo
affrontata in situazioni di costante emergenza.
Dall’altra
parte, le persone straniere delle più svariate provenienze, si trovano a
doversi integrare in un sistema di per sé già complesso, con strumenti minimi,
inadeguati alla comprensione, non solo della realtà penitenziaria, ma ancor di
più della realtà culturale dell’Italia.
Partendo
da queste premesse, il Laboratorio Carcere Città in collaborazione con la
Direzione del carcere di S. Vittore e con il C.F.P. (Centro di Formazione
Professionale) Vigorelli della Regione Lombardia, nel 1997 ha attivato un
laboratorio sperimentale di formazione specifica, anche se in via sperimentale,
della figura degli stranieri nel ruolo di mediatori linguistico-culturale.
1.
Progetto realizzato nella Casa Circondariale di Milano San Vittore e
nella Casa di Reclusione di Milano Opera
Progetto “Nimrod”
PER
LA FORMAZIONE DI UN’EQUIPE DI SOSTEGNO AGLI EXTRACOMUNITARI
NELLE
CARCERI DI SAN VITTORE E OPERA.
Introduzione
Nelle carceri milanesi va aumentando progressivamente
il numero di detenuti extracomunitari. Nel carcere di San Vittore gli
extracomunitari sono oltre il 50 % e nel carcere di Opera il 20 %.
L’aumento dei detenuti stranieri pone una serie di
problemi all’area trattamentale (interna ed esterna al carcere) e al personale
di sorveglianza. Gli extracomunitari (alcuni dei quali arrestati al loro ingresso in
Italia) molto spesso ignorano completamente la lingua italiana e, taluni, sono
analfabeti anche nel loro paese d’origine. Non conoscono le procedure
necessarie all’ingresso in carcere, non sanno orientarsi in un mondo per loro
totalmente nuovo ed estraneo che pone in ogni modo molti problemi anche agli
italiani che si sanno muovere con disinvoltura. Inoltre costituiscono sovente
una fascia di popolazione che “non ha nulla da perdere” ed è difficilmente
incanalabile negli iter previsti dal carcere per l’applicazione dei benefici
della legge Gozzini.
Le direzioni delle carceri di fatto tendono a riunire
i detenuti extracomunitari in celle che ospitino popolazioni etnicamente
omogenee per alleviare almeno i problemi di intolleranze razziali e per
consentire la comunicazione tra gli ospiti di una cella e, laddove ci sia
qualcuno che conosce la lingua italiana meglio degli altri, la comunicazione con
gli operatori interni ed esterni.
La scuola che opera in carcere, da anni ha previsto
tra i corsi di alfabetizzazione anche dei corsi specifici di apprendimento della
lingua italiana per utenti stranieri. I corsi scolastici di alfabetizzazione per
stranieri proposti nell’E.D.A. da anni prevedono al loro interno la presenza
di mediatori culturali stranieri con funzione di dare vivibilità e
riconoscibilità al luogo di formazione, integrare obiettivi e momenti di
insegnamento dell’italiano con proposte di orientamento, counseling,
insegnamento della lingua di origine; facilitare e sostenere l’ingresso nei
corsi degli immigrati più deboli.
In un luogo come il carcere, dove l’emarginazione
è terreno di cultura, a maggior ragione sarebbe utile avere delle figure di
riferimento capaci di interloquire con gli emarginati nell’emarginazione. Una
figura simile in carcere dovrebbe possedere, oltre alla conoscenza della lingua
straniera e quella italiana, anche una serie di competenze socio-giuridiche e di
costume del carcere per fornire ai detenuti della propria etnia quelle
informazioni utili per una sopravvivenza decente durante il periodo di
detenzione. D’altra parte non è possibile pensare ad alcun tipo di
innovazione in carcere se non si coinvolge il personale di sorveglianza che
comprendendone l’importanza fa propria l’iniziativa ed è poi in grado di
renderla funzionante.
Questo progetto si propone di formare dei detenuti
extracomunitari di diverse etnie e personale di sorveglianza, per costituire una
équipe di lavoro che si proponga come servizio di sostegno, interpretariato e
orientamento per tutti i detenuti extracomunitari.
I detenuti che rivestiranno questo ruolo potranno
essere “assunti” dal carcere che inserirà tra i lavori previsti per i
detenuti questa nuova mansione. Non è escluso che in futuro la professionalità
acquisita possa essere spendibile anche all’esterno qualora non esistano
problemi di espulsione o di mancanza del permesso di soggiorno.
(Questi
sono i motivi principali per cui il progetto è stato per ora previsto tutto
interno al carcere).
Si
propongono quindi:
·
2 corsi
per detenuti extracomunitari nel carcere di S.Vittore per un totale di 30
partecipanti.
·
2 corsi
per detenuti extracomunitari nel carcere di Opera per un totale di 20
partecipanti.
·
2 corsi
per agenti di polizia penitenziaria nel carcere di S.Vittore per un totale di 15
partecipanti.
·
1 corso
per agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Opera per un totale di 10
partecipanti.
Corso per detenuti
L’inizio del corso è previsto in novembre (1999) e
il termine alla fine di giugno (2000). I detenuti ammessi ai corsi saranno
selezionati dalla direzione del carcere tenendo conto della pena detentiva (i
detenuti devono avere una permanenza di due anni effettivi in carcere) e della
tipologia di condanna (che non prevede divieti di incontro o altri intoppi
burocratici tali da non permettere la frequenza a scuola e la libera
circolazione in carcere negli orari consentiti ai lavoranti).
I corsisti saranno ulteriormente selezionati rispetto
alle loro competenze in entrata: saranno ammessi al corso detenuti
extracomunitari di etnie presenti in carcere, già in possesso di una discreta
conoscenza della lingua italiana e di buone competenze culturali nel loro paese
di origine.
Il corso avrà
un monte orario di 280 ore così ripartite:
fase di orientamento e di formazione:
190 ore
fase di orientamento professionale:
90
ore
Nella fase di orientamento e formazione sono previsti
percorsi di cultura di base individualizzati, come prevede l’O.M. 455 e
finalizzati sia al titolo di studio di Licenza Media sia a una preparazione
propedeutica alla fase successiva di orientamento personale.
A tale scopo sono stati previsti dei percorsi di
potenziamento della lingua italiana, di storia e educazione civica e di
matematica e scienze affiancati ad un percorso di orientamento professionale
successivo che sarà riservato solo a coloro che avranno superato positivamente
la prima fase (esame di licenza media di conseguimento del diploma).
Poiché i partecipanti ai corsi saranno
preselezionati sulla base delle loro competenze di entrata, si reputa che 190
ore di formazione di base siano sufficienti per superare con successo gli esami.
Nella fase di orientamento professionale i corsisti
seguiranno un corso sulla comunicazione, sulle dinamiche relazionali, sui
problemi legati all’immigrazione e un corso sull’interculturalità per una
durata complessiva di 70 ore.
Le 20 ore rimanenti saranno dedicate ad incontri con
esperti esterni ed interni e ad una fase di tirocinio. In questa seconda fase i
corsisti acquisiranno gli elementi formativi più specifici riguardanti il ruolo
che successivamente andranno a ricoprire. Di particolare importanza sono gli
incontri con il personale interno (educatori, insegnanti, personale sanitario,
etc.) che li renderà edotti sul tipo di offerta culturale e sui servizi del
carcere e con figure significative degli enti locali che si occupano del
reinserimento di ex detenuti nella società.
Corso per Agenti di Polizia Penitenziaria
L’inizio del corso è previsto in novembre (1999) e
il termine a fine giugno (2000). Si terrà, per 72 ore, in orario di servizio e,
per le restanti 28 ore, nel tempo libero del personale.
Il corso prevede la formazione di nuove figure tra
gli agenti che siano in grado di porsi come garanti e referenti dei detenuti
mediatori culturali e come esperti delle attività che si svolgono in carcere,
nonché come facilitatori dell’accesso e della partecipazione alle attività
per tutti i detenuti. Queste capacità nascono all’interno di un intervento
formativo che renderà l’agente più sensibile all’ascolto di soggetti
stranieri, maggiormente flessibile nel modificare e adattare le esigenze di
servizio ai contesti particolari, più disponibile a comprendere modelli
interpretativi diversi dalla cultura propria.
Il corso per agenti diventa, quindi, necessario per
garantire l’operatività delle nuove figure professionali che saranno create
tra i detenuti.
Prevede la frequenza ai seguenti percorsi formativi
per un totale di 100 ore:
·
comunicazione
e dinamiche relazionali;
·
interculturalità;
·
ideazione
di progetti interprofessionali;
·
utilizzo
di software;
·
analisi
del mercato del lavoro e della formazione attraverso l’incontro con esperti
interni ed esterni.
Il
mediatore culturale
La nuova figura di detenuto mediatore culturale in
carcere avrà i seguenti compiti:
·
interprete;
·
traduttore;
·
facilitatore.
In qualità di
interprete,
il mediatore potrà svolgere i seguenti compiti nei confronti di tutti i
detenuti extracomunitari:
·
informare
sulle attività in carcere;
·
facilitare
la comunicazione tra detenuti e agenti, insegnanti, psicologi, assistenti
sociali e altre figure professionali presenti all’interno dell’istituto.
Nei confronti dei detenuti extracomunitari che
frequentano corsi scolastici:
·
sostenere
nella fase di accoglienza e di inserimento nei corsi;
·
rendere
esplicite le regole della scuola e l’organizzazione dei corsi.
Nei confronti degli insegnanti:
·
contribuire
a risolvere le difficoltà comunicative durante la prima fase di inserimento.
In qualità di
traduttore, i compiti saranno nei confronti dei detenuti extracomunitari:
·
tradurre
materiali informativi, documenti e avvisi di routine nelle diverse lingue.
Nei confronti dei detenuti extracomunitari che
frequentano corsi scolastici:
·
tradurre
materiali scolastici in accordo con gli insegnanti;
·
tradurre,
rendere esplicite e comprensibili strutture, lessico e aspetti grammaticali
della seconda lingua.
Nei confronti degli insegnanti:
·
tradurre
informazioni e comunicazioni.
In qualità di
facilitatore:
Nei confronti di tutti i detenuti extracomunitari:
·
intervenire
in situazioni di crisi e di conflitto e gestire eventuali incidenti
interculturali o fraintendimenti in collaborazione con gli agenti.
Nei confronti dei detenuti extracomunitari che
frequentano corsi scolastici:
·
funzionare
come modello positivo di riferimento e identificazione;
·
ricostruire
la storia scolastica dei frequentanti;
·
organizzare
in accordo con gli insegnanti momenti di studio, utilizzando la lingua di
origine.
Nei confronti degli insegnanti:
·
fornire
informazioni sulla lingua e sui modelli educativi del paese di origine;
·
sostenere
l’insegnamento della seconda lingua e delle altre discipline, con traduzioni e
spiegazioni in lingua madre.
I mediatori culturali avranno come riferimento gli educatori e gli stessi neoformati, in modo da sopperire al numero alquanto esiguo delle figure preposte al trattamento (4 educatori nel carcere di Opera e cinque in quello di S.Vittore).
Obiettivo
dell’intervento
Per i detenuti extracomunitari:
·
impatto
migliore con l’istruzione carceraria (effetto rassicurante);
·
maggiore
informazione e orientamento sulla routine quotidiana, sui regolamenti del
carcere, sui servizi e sulle opportunità formative;
·
calo di
tensioni dovute e incomprensioni o fraintendimenti sull’interpretazione di
eventi;
·
possibilità
di avere come riferimento un modello positivo.
Per i corsisti detenuti:
·
aumento
delle competenze;
·
crescita
dell’autostima;
·
possibilità
di venire impiegati in carcere in un’attività gratificante e socialmente
utile;
·
eventuale
spendibilità sul territorio di uscita.
Nel rapporto con la custodia:
·
reciproca
comprensione dei problemi;
·
maggiore
collaborazione;
·
diminuzione
delle situazioni di scontro e di conflitto.
2.
Progetto realizzato in varie carceri della Lombardia:
Mantova,
Cremona, Como, Pavia: corsi già attivati.
Busto
Arsizio, Lodi, Vigevano, Voghera: corsi
da attivare nei prossimi mesi.
“Io e lo straniero”
L’esperienza formativa, finalizzata alla sensibilizzazione multiculturale degli agenti di polizia penitenziaria di S. Vittore, dopo una fase di monitoraggio con un gruppo di agenti preselezionati, è stata costruita, con la diretta partecipazione degli agenti, in tutte le sue fasi: sia nella fase di progettazione, con la costituzione del gruppo di progettazione, sia nella fase di realizzazione dei moduli formativi, utilizzando gli agenti in qualità di tutore d’aula.
Il piano di lavoro del corso è risultato di una strategia progettuale della formazione, sulla quale il C.F.P. Vigorelli ha investito per fare in modo che quanto prodotto all’interno del carcere con i detenuti possa trovare una rispondenza anche in un percorso evolutivo degli agenti di polizia penitenziaria.
Gli agenti sono cioè visti come interlocutori
fondamentali del sistema penitenziario che, essendo in stretto e costante
contatto con la popolazione detenuta, ne influenzano anche il sistema di vita
quotidiano.
L’esercizio di una custodia "competente"
è visto come un obiettivo che può facilitarne anche la realizzazione delle
iniziative interne a favore delle persone detenute.
Le esperienze condotte con gli agenti sono le
seguenti:
·
1997
ESPERIMENTO MIRATO (15 agenti S.Vittore)
·
1998
ATTIVAZIONE DI 3 MODULI: per gli agenti di S. Vittore (circa 100 agenti).
·
1999
PROPOSTA E REALIZZAZIONE DEL CORSO IN ALCUNE
REALTà PENITENZIARIE DELLA LOMBARDIA
Mantova, Cremona, Como, Pavia: corsi già attivati.
Busto Arsizio, Lodi, Vigevano, Voghera: corsi
da attivare nei prossimi mesi.
Il corso si articola in moduli formativi di 2
giornate consecutive per un totale di 12 ore complessive.
La modalità di gestione attiva, prevede un lavoro
d’aula con la presenza di non più di 20 agenti (tra maschi e femmine) al fine
di consentire uno scambio effettivo tra i corsisti.
La gestione del corso prevede la presenza, per tutta
la sua durata, di un professionista esperto, da anni impegnato all’interno
degli istituti penitenziari, in grado di promuovere competenze e conoscenze, in
grado di incidere sulla qualità del lavoro degli agenti di polizia
penitenziaria, sperimentando modalità formative orientate all’empowerment,
che consentono ai corsisti di passare dal ruolo di "utenti” a quello di
protagonisti in grado di promuovere e facilitare i processi interni al carcere.
La presenza di docenti stranieri che appartengono
alle etnie maggiormente rappresentate in carcere (magrebina e albanese) permette
di sperimentare che la persona straniera può essere vista anche sotto una luce
diversa (per il solo fatto di non essere detenuta, ma piuttosto un
professionista). Ciò consente di attivare processi mentali di differenziazione
rispetto agli atteggiamenti sterotipici che caratterizzano la relazione con gli
stranieri.
Anche la presenza dell’agente - tutore d’aula
permette di rafforzare l’autostima nei confronti della propria professionalità,
vedendo riconosciuto al proprio ruolo importanza e competenza anche nei percorsi
formativi.
LA VALUTAZIONE DELL’ESPERIENZA
FORMATIVA
La capacità di autovalutazione del percorso
formativo è una variabile significativa della metodologia utilizzata nel corso.
I fruitori del percorso formativo, a conclusione del
corso sono chiamati ad esprimere le proprie valutazioni, con la garanzia che
viene rispettato l’anonimato.
Il grado di soddisfazione risulta molto elevato. Le
reazioni emotive più frequentemente registrate esprimono stupore, interesse,
coinvolgimento nei confronti dei temi della multiculturalità e vengono
richiesti ulteriori approfondimenti.
Il tema della mediazione, intesa come possibilità di
individuare "la terza soluzione" nella gestione del rapporto con le
persone detenute, ha incontrato interesse e desiderio di sperimentarla sul
campo.
La figura del mediatore interculturale, sconosciuta
alla maggioranza, ha suscitato curiosità.
Viene lamentata la brevità del corso e il timore che
questa esperienza possa rimanere isolata.
L’offerta di proposte formative sono ritenute
inadeguate rispetto alla complessità dei problemi con i quali quotidianamente
si confrontano.
L’esperienza vissuta agisce non solo sul piano
dell’apprendimento e della messa in discussione di alcuni stereotipi, ma anche
sul piano dell’autostima. Sentirsi "pensati" dall’amministrazione
produce fiducia, voglia di esprimere il meglio di sé e senso di appartenenza.
In alcune realtà la partecipazione al corso è stata
aperta anche a operatori diversi dagli agenti, favorendo un lavoro integrato tra
le varie risorse presenti all’interno dei penitenziari; anche gli educatori e
le assistenti sociali hanno espresso le proprie valutazioni in linea con quelle
degli agenti.
E’ emersa l’eccezionalità di momenti di
confronto tra operatori, sottolineandone l’utilità e il bisogno sentito da
tutti.
3. Progetto realizzato presso la Casa Circondariale di Milano S. Vittore
“Percorso formativo per
mediatori culturali detenuti”
Attivazione del
corso nell’anno 1999: dopo la formazione di un gruppo di stranieri, questi iniziano a
sperimentare in concreto il loro nuovo ruolo nell’istituzione.
I problemi concreti che caratterizzano la vita
quotidiana delle persone straniere detenute, si riferiscono per lo più alle
difficoltà linguistiche, alla ignoranza dei complessi sistemi normativi e
istituzionali e, all’attribuzione di significati diversi derivanti dai
differenti sistemi culturali di appartenenza.
Il percorso attuato ha formato un gruppo di stranieri
detenuti di differenti etnie, tra quelle maggiormente presenti in carcere, al
ruolo di mediatori linguistico-culturali, ossia a facilitatore della
comunicazione con l’obiettivo che diventino risorse spendibili e utilizzabili
sia nei confronti dei propri compagni che degli operatori che a vario titolo
operano in carcere (agenti di polizia penitenziaria, medici, educatori, esperti
etc.).
A differenza di una funzione di semplice
interpretariato, la funzione della mediazione, consente di operare sulla base
dei "significati" e dunque di garantire la comprensione tra culture
differenti.
Il percorso formativo si può ritenere abbia agito
sia sul piano "trattamentale" nei confronti delle persone detenute che
sul piano funzionale rispetto al carcere nella sua complessità.
Dal punto di vista trattamentale il percorso
formativo si inserisce nell’ambito della formazione professionale, offrendo
l’opportunità di qualificare gli interventi lavorativi specifici del carcere,
in particolare quello dello scrivano.
Numerosi processi individuati che il corso per
mediatori stranieri ha attivato.
Dal punto di vista del soggetto straniero:
·
Si sente
riconosciuto per la sua specificità (in quanto marocchino, tunisino, albanese,
etc.).
·
Si sente
rispettato.
·
Non sente
l’istituzione ostile agli stranieri.
·Facilita
la diffusione di una cultura più aperta nei confronti degli stranieri.
·
Sente
riconosciute e valorizzate le competenze acquisite.
·
Si sente
utile nei confronti dei compagni che possiedono meno strumenti.
Dal punto di vista del carcere la presenza dei
mediatori in carcere è in fase di sperimentazione.
Tuttavia si possono registrare alcuni primi
risultati:
·
dà
affidabilità, perché formato;
·
stimola
modi di operare innovativi, creativi, (colloqui a tre);
·valorizza
la diversità;
·allenta
le tensioni nei rapporti con gli stranieri, perché si conoscono di più;
·diventa
risorsa per la propria professionalità;
·
risorsa
per la gestione di situazioni e soggetti difficili.
Attualmente i Mediatori Linguistico - culturali di S. Vittore sono otto e coprono le esigenze relative alle aree linguistico - culturali araba, albanese, greca, slava, ceca, bulgara, russa e portoghese.
La sperimentazione di questo progetto ha la
possibilità di riuscita in modo direttamente proporzionale alla
sensibilizzazione e alla accettazione, da parte del personale penitenziario,
degli obiettivi e dei contenuti di fondo del progetto medesimo. Inoltre tale
accettazione agisce, in modo sinergico, sulla loro apertura ad una nuova cultura
di accoglienza dello straniero che cresce e si sviluppa all’esterno del
carcere.
Nel progetto, ma anche nell’esperienza, di
"Carcere Città", l’idea di fondo che è maturata è quella della
necessità di una formazione sempre più interattiva del personale penitenziario
e delle persone detenute, con obiettivi diversificati. Questo risulta una
premessa fondamentale che fa ben sperare per risultati ulteriori, per il futuro,
dove ci sia una maggiore valorizzazione reciproca dei due soggetti educativi in
rapporto dialettico.
La creatività degli interventi volti a umanizzare il
carcere per gli stranieri non può essere disgiunto dalla creazione di un
terreno professionale e culturale di tutti gli attori del sistema penitenziario.
4. Progetto realizzato presso la Casa Circondariale di Como
PROGETTO “PIROGA”
Il progetto "Piroga" è un tentativo
d’intervento per rispondere in maniera adeguata alle esigenze e ai bisogni dei
detenuti extracomunitari in carcere. Oggi più che mai il problema degli
extracomunitari in carcere è divenuto una vera e propria emergenza.
Intervenire sul problema significa in prima analisi
favorire la loro integrazione nella realtà penitenziaria dell’istituto,
offrendo e promuovendo per tale categoria delle opportunità e delle attività
di trattamento che tengano in debita considerazione le diversità di cultura,
tradizioni e senso di appartenenza. È ovvio che valorizzare gli aspetti unitari
non significa operare per la separatezza, ma per l’integrazione e
l’accoglienza, per cui le attività specifiche dirette ai detenuti debbono
necessariamente essere inserite e integrare con le altre attività trattamentali
offerte a tutta la popolazione detenuta.
Il progetto "Piroga" coinvolge le seguenti
realtà dell’istituto:
·
Direzione
carceraria;
·
Presidio
per extracomunitari;
·
Volontariato;
·
Insegnante
della scuola elementare;
·
Amministrazione
provinciale, attraverso l’istituzione del centro di mediazione culturale.
Il progetto si articola nelle seguenti attività e
offerte di servizio:
A)
CORSO DI ALFABETIZZAZIONE
Il corso è diretto a 15/20 detenuti extracomunitari.
I richiedenti verranno selezionati sulla base dell’entità della condanna
(pena residua superiore all’anno) per dare ai partecipanti la possibilità di
completare il corso e conseguire il diploma di licenza elementare. È ovvio che
a tale corso parteciperanno anche i detenuti italiani che faranno richiesta.
B) ATTIVITA’
DI COUNSELING
Consiste nel trattamento in gruppo, finalizzato a
supportare i detenuti extracomunitari con informazioni sulle problematiche dei
tossicodipendenti, che incontrano notevoli difficoltà nell’affrontare e
superare i disagi che la detenzione comporta. Il gruppo, per ovvi motivi di
conduzione e funzionamento, non potrà superare le 10 unità e come già detto
è rivolto a soggetti con problemi o con spiccate tendenze autolesionistiche.
Gli incontri saranno di due ore e avranno cadenza settimanale.
C) L’ENCICLOPEDIA DELLA STRADA
Si tratta di un’offerta di attività di
socializzazione per i detenuti extracomunitari. Tali attività perseguono lo
scopo di sollecitare i detenuti extracomunitari alla riflessione, al dialogo e
al confronto su temi e argomenti di carattere culturale, religioso, sociale,
giuridico, letterario. Le attività sono aperte a tutti gli extracomunitari
interessati, compatibilmente con la partecipazione alle altre attività. Il
gruppo in ogni caso per funzionare non dovrà superare le 30/35 unità. I temi
in discussione saranno arricchiti dalla proiezione di diapositive, videocassette
e documentari. Il calendario delle attività verrà predisposto mensilmente. In
qualità di relatori parteciperanno professionisti esperti in materia.
FORMARSI PER
ACCOGLIERE
Si tratta di un’attività che ha lo scopo di creare
per gli extracomunitari nuovi giunti un contesto di accoglienza. Un assistente
volontario, designato dall’Amministrazione provinciale, è chiamato a formare
detenuti extracomunitari per supportare i compagni nei processi di adattamento e
integrazione penitenziaria. Il servizio nasce dalla consapevolezza che il
disagio iniziale dovuto all’impatto con la struttura carceraria può essere
notevolmente attenuato se il nuovo arrivato, specie se extracomunitario, in
breve tempo non si sente estraneo. In tale prospettiva l’accoglienza ha più
incidenza e significato se viene realizzata dagli stessi compagni. Accanto alle
attività di gruppo necessariamente devono essere organizzate attività
individualizzate, al fine di rispondere ai bisogni dei singoli detenuti.
Tali attività sono:
MEDIAZIONE
CULTURALE
Si tratta di un servizio di aiuto e facilitazione
alla comunicazione interculturale. Coordinatori del servizio sono due assistenti
volontari extracomunitari, designati dall’Amministrazione provinciale, esperti
in processi relazionali. Conversare in lingua, sapendo che l’operatore ha la
capacità di comprendere le tradizioni e la cultura di appartenenza, mantiene
vivi gli interessi e i valori di riferimento.
SPORTELLO
SOCIALE
È un servizio di volontariato per il disbrigo di
pratiche giuridiche e amministrative. Il servizio sarà disponibile per un
giorno alla settimana e verrà condotto da assistente volontario esperto in
materia, appositamente designato per tale incarico.
EMERGENZE E
COLLOQUI INDIVIDUALIZZATI
I detenuti potranno far riferimento al gruppo
volontariato carcere in funzione ogni settimana. Tale servizio, consolidato da
anni, si occupa di tutti i detenuti.
5.
Progetto
realizzato presso la Casa Circondariale di Como
PROGETTO “SENZA CONFINI”
Il Progetto "Senza Confini" si riallaccia
per argomenti e tematiche al progetto "Piroga", condividendone lo
spirito e i principi informatori, ma ne allarga gli orizzonti e le prospettive,
istituendo nuove attività mirate accanto a quelle che già esistono.
PREMESSA
Come per il progetto "Piroga", nato da una
situazione di emergenza posta alla popolazione extracomunitaria in carcere, sia
dal punto di vista quantitativo, sia qualitativo (natura e peculiarità dei
bisogni e delle problematiche), anche "Senza Confini" nasce dallo
stato attuale delle problematiche legate al fenomeno dell’immigrazione e dei
processi di trasformazione ad esso connessi. Quindi, oggi affrontare i problemi
e i temi posti dall’intercultura e dalla multicultura, non è più una scelta,
ma una necessità.
È pleonastico ricordare che, mai come questa fine
del 20° secolo, per l’interagire di diversi fattori, si sono create correnti
migratorie che si intersecano tra loro e contribuiscono a formare società
multietniche, multiculturali e multireligiose.
Il carcere, che riproduce la realtà sociale
esasperando le tensioni e le problematiche, è un esempio significativo e uno
spaccato di queste trasformazioni, che hanno interessato anche il mondo della
deviazione e della criminalità.
Da qui la necessità per l’istituzione
penitenziaria di affrontare il problema dei detenuti extracomunitari in termini
adeguati, individuando accanto a soluzioni operative, nuove strategie di fondo
per favorire i processi di integrazione e di inserimento degli stranieri nella
realtà del carcere.
È opportuno ricordare che per integrazione non
s’intende appiattimento o assimilazione delle differenze culturali, ma
valorizzazione delle diversità e degli aspetti positivi che connotano le varie
culture in una prospettiva di un’arricchimento reciproco. In questa ottica
l’interculturalità non è più soltanto un fatto, ma un valore da
trasmettere, ed è importante che venga riconosciuta la necessità di
un’apertura al confronto, con l’impegno a superare particolarismi e
pregiudizi, nel rispetto delle specialità e delle radici che strutturano
l’identità di ciascuno.
La denominazione "Senza Confini" è stata
pensata per simboleggiare il desiderio di abbattere falsi pregiudizi e luoghi
comuni, che si nutrono nei confronti degli stranieri in generale e degli
extracomunitari in carcere in particolare, per giungere ad una cultura
dell’accoglienza, del confronto e della tolleranza.
FINALITà
DEL PROGETTO
Il Progetto "Senza Confini" persegue lo
scopo di favorire il percorso d’integrazione dei detenuti extracomunitari
nella realtà dell’Istituto, tentando di attenuare gli effetti desocializzanti
che la detenzione produce. Tali effetti sono rilevabili marcatamente nei
detenuti extracomunitari, privi di riferimenti sul territorio.
Il progetto si sviluppa sulle prospettive già aperte
dal progetto "Piroga" (alfabetizzazione, mediazione culturale,
emergenze, attività di aggregazione, counseling, etc.), rinconfermandole tutte
nei loro contenuti e nel loro significato, riformulando alcune attività
presenti e istituendone di nuove.
REALTà
E OPERATORI COINVOLTI
·
Direzione
dell’istituto
·
Educatore
ed esperti in psicologia
·
Rappresentante
della Polizia Penitenziaria
·
Insegnanti
statali
·
Volontariato
·
C.L.A.S.
di Como (Coordinamento Lavoratori Stranieri C.G.I.L.)
·
Docenti,
mediatori culturali e animatori socioculturali.
ATTIVITà
CHE COMPONGONO E QUALIFICANO IL PROGETTO
1.
Laboratorio di introduzione alla mediazione culturale
2.
Laboratorio di formazione alla mediazione culturale
3.
Laboratorio multietnico
4.
Scuola a colori
LABORATORIO DI INTRODUZIONE ALLA MEDIAZIONE CULTURALE
Si tratta di laboratorio che organizza un corso di
introduzione alla mediazione culturale. Il corso ha lo scopo di fornire
conoscenze sulla problematica extracomunitaria, analizzata nelle sue varie
componenti (religiosa, culturale, giuridica, penitenziaria, antropologica, etc.)
e strumenti per approntare interventi adeguati.
I destinatari del corso sono gli operatori
penitenziari deputati alle attività di osservazione e trattamento, gli agenti
di polizia penitenziaria e tutti coloro che a diversi livelli operano
all’interno della struttura carceraria (aanitari, insegnanti, volontari, etc.)
I contenuti e gli argomenti del corso sono i
seguenti:
·
Introduzione
al concetto della mediazione culturale
·
Cenni
sulla normativa relativa all’immigrazione
·
Esperienza
di mediazione culturale
·
La
comunicazione interculturale
·
La
normativa penitenziaria, il carcere e gli stranieri
·
La
comunicazione transculturale
·
Diversità
ed uguaglianze
·
La
mediazione culturale in carcere
Il corso avrà orientativamente la durata di 30 ore.
Relatori saranno studiosi ed esperti del settore.
LABORATORIO DI FORMAZIONE ALLA MEDIAZIONE CULTURALE
Si tratta di un laboratorio che organizza corsi di
formazione alla mediazione culturale. Partendo dal presupposto che per
confrontarsi con la diversità è necessario conoscere bene se stessi,
propedeutica di ogni corso è la ricognizione e valorizzazione delle tradizioni
culturali, storiche e politiche di ogni gruppo etnico, ciò si rende necessario
per rafforzare il senso di appartenenza e di identità del singolo, al
fine poi di favorire i processi integrativi. Il percorso successivo è basato
sulla relazione con l’altro.
I corsi di formazione, sulla base di esperienze precedenti positive e sulla
disponibilità già acquisita di mediatori culturali, potrebbero essere
orientativamente tre, che raggruppano i seguenti paesi e nazionalità:
·
Albania,
Kossovo, Jugoslavia, paesi dell’Est
·
Africa
(Marocco, Tunisia, Algeria, Senegal)
·
Sud
- America.
Il corso si prefigge l’obiettivo di formare detenuti, che verranno impiegati nella mediazione interculturale, intendendo con essa l’acquisizione di abilità e competenze comunicazionali da utilizzare nei processi relazionali. Il detenuto mediatore culturale verrà sostanzialmente impiegato dagli operatori penitenziari in situazioni di particolare bisogno e nel servizio di accoglienza ai nuovi giunti stranieri. Le modalità di funzionamento del servizio di accoglienza saranno concordate da questa direzione con il C.L.A.S.
Corsi di formazione alla mediazione culturale
I contenuti sono i seguenti:
·
Concetto
di cultura
·
La
riscoperta del proprio io culturale
·
La
comunicazione verbale e non verbale
·
La
comunicazione interculturale
·
La
mediazione culturale: concetto, analisi di casi, esperienze
·
La carta
dei servizi e le principali norme dell’ordinamento penitenziario
·
La
normativa relativa all’immigrazione
·
La lingua
come veicolo di comunicazione
I corsi saranno organizzati dalla direzione del
carcere in collaborazione con il C.L.A.S di Como e avranno la durata di 30 ore
per area (100 complessive).
LABORATORIO MULTIETNICO
È uno spazio di condivisione e di confronto delle
varie culture. All’interno del laboratorio verranno organizzate sia attività
per singola etnia sia tra gruppi culturali diversi. Tale attività di gruppo si
collega all’enciclopedia
della strada del progetto
Piroga (che continuerà a funzionare) ma si differenzia da essa anche per
momenti di confronto tra culture diverse.
Nell’ambito del progetto sono previste le seguenti attività:
·
Ascolto
mirato alla musica
·
Murales
·
Rassegna
stampa
·
Incontro
di gruppo su storie e culture diverse
·
Pitture
·
Danzaterapia
per la sezione femminile
È evidente che tale spazio potrà essere fruito
anche da detenuti italiani. L’attività verrà coordinata e organizzata da esperti interculturali e
animatori sociali. A tale scopo verranno avviati contatti con la scuola degli
animatori sociali dell’Enaip di Como, Lecco e di Nibionno.
LA SCUOLA A
COLORI
Si tratta di un’iniziativa nuova, che consiste nel promuovere un collegamento tra il carcere e alcune realtà scolastiche della zona. Tale collegamento presuppone che alcuni enti che già organizzano corsi di lingua sul territorio (Enaip, A.C.L.I.) ne organizzino uno anche all’interno della struttura carceraria con una partecipazione prevista di esterni e di detenuti. Alcuni detenuti, poi, particolarmente versatili, potranno essere impiegati nelle lezioni come animatori di conversazioni in lingua. Se poi alcuni detenuti stranieri possiedono tutti i requisiti e i presupposti possono fruire dei permessi premio o del lavoro all’esterno (in questo caso frequenza ad un corso scolastico).
Tale attività assume importanza e significato, se inquadrata e collocata nelle attività volte a sensibilizzare e coinvolgere l’esterno sulle problematiche del disagio e della detenzione.
Il carcere può svolgere una funzione diretta al recupero della persona, solo se nel territorio trova un interlocutore credibile, capace di farsi carico delle problematiche del disagio e della detenzione e di dare risposte adeguate ai problemi posti da coloro che sono intenzionati a reinserirsi.