Politiche
comunitarie in materia di migrazioni
Le tappe principali della politica migratoria
comunitaria possono essere riassunte in tre passaggi.
Il primo, dal trattato
di Roma del 1957 (istituzione del Mercato comune e della libera circolazione
dei lavoratori) e dal trattato del 1° luglio 1967 che ha istituito le Comunità
europee (il Parlamento europeo, la Commissione e il Summit dei capi di stato e
di governo), all’Atto unico europeo
firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986.
Quest'ultimo ha realizzato il passaggio dal mercato comune al “mercato
interno”, sopprimendo per i cittadini comunitari (e per i cittadini di paesi
terzi familiari di un cittadino comunitario) le frontiere interne e istituendo
la libera circolazione non solo dei lavoratori, ma anche dei pensionati,
studenti e altre categorie di persone precedentemente escluse dal trattato di
Roma. La libera circolazione è diventata effettiva dal dicembre 1992.
Il secondo passaggio è quello dall’Atto unico al trattato
dell’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (detto
trattato di Maastricht),
che ha introdotto il nuovo concetto di cittadinanza dell’Unione, ha istituito
la figura del Mediatore europeo, ha previsto la possibilità che il Parlamento
europeo organizzi Commissioni di inchiesta ed ha formulato le disposizioni
necessarie alla creazione della moneta unica europea (da realizzare per tappe
fino al 1999), gettando inoltre le basi di una cooperazione politica,
soprattutto in materia di politica estera e di sicurezza.
All’inizio della seconda parte del trattato
sull’Unione europea firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht, l’articolo 8
afferma: “È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino
dell’Unione ogni persona che ha la nazionalità di uno Stato membro.”
Con questo articolo è ormai stabilito un legame
diretto tra i cittadini degli Stati membri e l’Unione europea. Questo legame
instaura la cittadinanza europea, elevata ormai a rango di nozione
costituzionale fondamentale. Il Parlamento europeo nel documento sulla
“cittadinanza dell’Unione” del 1995 dichiara che “il potenziale di
integrazione politica di questo legame diretto stabilito tra i cittadini e
l’Unione può rafforzare l’integrazione dei cittadini all’Unione,
contribuire in maniera essenziale all’instaurazione di un mondo pubblico
politico europeo, partecipare allo sviluppo di un'opinione pubblica europea e
facilitare la presa di coscienza di un bene comune europeo”.
“Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di
petizione davanti al Parlamento europeo” (articolo 138 D) e “ogni cittadino
dell’Unione può rivolgersi al Mediatore comunitario” (articolo 138 E).
Nel trattato dell’Unione europea le questioni relative alla circolazione dei cittadini di Stati terzi erano state inoltre incluse in un nuovo titolo (il titolo VI) che istituiva una cooperazione intergovernativa. Con questa inclusione, il trattato se da un lato riconosceva la cooperazione instaurata da diversi anni, particolarmente tra i Ministri dell’interno degli Stati membri, in materia di lotta contro l’immigrazione clandestina e la criminalità (vedi la convenzione di Schengen del 1985 e quella di Dublino sul diritto d’asilo), d’altro lato essa la poneva sotto il controllo del consiglio europeo dei ministri.
Il terzo passaggio è stato operato dal trattato
di Amsterdam dell’ottobre 1997, che ha modificato il trattato di
Maastricht sull’Unione europea.
Quello che ha portato di nuovo questo trattato in rapporto a quello di
Maastricht consiste essenzialmente nell’aver integrato la cooperazione
intergovernativa nel seno stesso del trattato di Roma, cioè di avere
“comunitarizzato” le disposizioni che permettono ai cittadini di Stati terzi
di entrare, circolare e pure di soggiornare sul territorio dell’Unione.
Questa “comunitarizzazione” delle disposizioni
relative all’immigrazione e all’asilo è rimasta tuttora relativa
soprattutto a motivo della parziale dilazione della sua entrata in vigore a
cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam. L’art. 63, §
3 del trattato contiene le misure che fissano le condizioni nelle quali i
cittadini di paesi terzi possono circolare liberamente sul territorio degli
Stati membri durante il periodo massimo di tre mesi (novità rispetto al
trattato di Maastricht), e all’art. 63, § 4 che stabilisce le misure relative
al diritto dei cittadini dei paesi terzi in situazione regolare di soggiornare
in altri Stati membri. Per quanto concerne l’asilo, l’art. 63, § 1, precisa
che le misure concernenti l’asilo dovranno essere conformi alla convenzione di
Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 come “pure a
tutti gli altri trattati pertinenti".
Il trattato di Amsterdam 1998 ha rafforzato inoltre la "cittadinanza dell'unione" introdotta dal trattato di Maastricht consolidando i diritti del cittadino con l’interdizione di ogni forma di discriminazione e la possibilità di ricorso davanti alla Corte di giustizia in caso di violazione della Convenzione europea dei diritti fondamentali del Consiglio d’Europa.