da La Repubblica

del 15 settembre 2000

RAZZISMO RUSPANTE

di SEBASTIANO MESSINA

SE Umberto Bossi non esistesse, bisognerebbe non inventarlo. Ma ormai c'è, e si prepara addirittura a tornare al governo come feudatario di Silvio Berlusconi, che lui non chiama più né Cavaliere né Presidente né Berluscaz, ma semplicemente "il re". E mentre quello lo porta in giro per l'Italia per dimostrare che non morde più, il Senatùr approfitta delle pause per rivelare cosa ci aspetta.

IERI, per esempio, ha toccato il capitolo della riforma della famiglia, e ci ha anticipato una novità importante: i figli adottivi non vanno più bene. Lo ha fatto con la sua proverbiale, sobria eleganza: "È bene che il prossimo presidente del Consiglio abbia una famiglia solida, possibilmente con figli certi". Il bersaglio della raffinatissima allusione era, naturalmente, il probabile avversario di Berlusconi, cioè Francesco Rutelli. Il sindaco di Roma ha figli che non siano certi? No. Però ha adottato un bambino, Francisco. E per Bossi un figlio adottivo è "incerto". Non si sa da quale padre viene. Non si sa da quale madre discende. A volte non si sa neppure di che razza è. Male ha fatto Rutelli ad adottarlo, e malissimo forse ha fatto a sceglierlo di colore, così visibilmente estraneo alla "razza padana" che per il capo della Lega è notoriamente l'unica "pura ed eletta". Se fosse un assaggio della lunga campagna elettorale che ci attende, da qui al voto di primavera, ci sarebbe da preoccuparsi. Mancano otto mesi, e Berlusconi è già agli insulti da querela, che distribuisce applicando la vituperata par condicio: "Amato? Un utile idiota". "Rutelli? Il classico prestanome". Mancano 32 settimane, e Bossi è già ai figli degli avversari: a chi tocca, dopo? Alle madri o alle mogli? E quando si passa ai dossier sulle amanti? Forse però, a forza di prendere le sparate di Bossi come le mattane di un valligiano spaccone, quelli che non credono nella Lega stanno sottovalutando la vera grande campagna d'autunno che il Senatùr ha lanciato sui milioni di italiani che davvero si credono "padani". Con la sua pittoresca estemporaneità, dalla fine di agosto il profeta del Carroccio non fa che ripetere le nuove regole della convivenza nordista. La prima delle quali è di una chiarezza abbagliante: "La razza unica non passerà". Da qui il suo altolà agli immigrati extracomunitari, che una congiura di massoni, comunisti e banchieri avrebbe indirizzato verso la pura Padania per "imporre la razza unica, la moneta unica, l'utero unico". Da qui la sua battaglia fondamentalista contro le adozioni delle coppie gay, che lui chiama simpaticamente "questi sporcaccioni". Da qui la sua crociata contro la fecondazione eterologa, così teorizzata: "Volevano dare in mano allo Stato lo sperma, e magari nell'uomo nuovo ci mettevano un cinese". Da qui, soprattutto, il suo appello ai padani a fare più figli. Nuovi padani, puri, che scaccino con il loro lavoro questi immigrati che inquinano la razza. Quella contro i figli adottivi, e dunque "incerti", non è perciò la battuta estemporanea di un leghista in trasferta nel Sud, ma un altro tassello di un quadro che comincia a perdere i colori del grottesco e guadagna di giorno in giorno le ombre di un disegno inquietante. Sotto il cappotto del paladino del federalismo, forse c' è davvero "un innovatore del razzismo", come sostiene Saverio Vertone sul "Sole 24 Ore". Un razzismo ruspante, da polentata con gli osei, che facendo leva sulla paura del nuovo, del mercato globale e del pluralismo etnico riesce a risvegliare e a organizzare gli istinti xenofobi di quella brava gente che crede sul serio nel "liberalismo padano", nell'imminente secessione, nelle radici celtiche, nel battesimo padano, nel matrimonio druido. E si prepara all'assistere (nel solenne anniversario di una farsesca "dichiarazione di indipendenza" con incendio del tricolore e salsicciata sul fiume) al rito pagano dell'ampolla del "dio Po", solennemente scortata dal Monviso a Venezia dalle camicie verdi della "guardia nazionale padana", e naturalmente portata in staffetta dagli "alpini padani", dagli "orsetti padani", dai "podisti padani" e infine dai "bimbi della scuola padana". Un giorno, chissà, dovremmo prendere Umberto Bossi sul serio. Se Joerg Haider avesse detto la metà delle sue spacconate, forse alle frontiere austriache ci sarebbero già i caschi blu o un'ambulanza. Ora, non è proprio il caso di scomodare l'Onu per il Senatùr. Non ci faremmo una bella figura. Ma l'ambulanza?