cestim on line
da La Repubblica del 6 dicembre 2000

LA CACCIA AL PIRATA ALBANESE

di GIUSEPPE D'AVANZO -

CHI si può odiare liberamente e in pubblico? A chi si può gridare "Uccidete, quel bastardo" e sentirsi in pace: in pace nella tua comunità, in pace con i tuoi figli e con la tua faccia al mattino riflessa nello specchio? "I gruppi di persone che si possono odiare continuando a sentirsi per bene sono ormai pochi. Quello dei pedofili è perfetto", scriveva Decca Aitkenhead del Guardian due anni fa da Yeovil, South West England. Era accaduto che il pedofilo Sidney Cooke era stato scarcerato e rimandato a casa e una folla di nonne, adolescenti, donne d'affari stringeva d'assedio il commissariato della Contea di Somerset senza neppure avere la certezza che Cooke fosse lì nascosto o protetto. "L'ignoranza di quelle donne era seconda soltanto alla loro determinazione a fare qualcosa", scrisse Aitkenhead. Gridavano: "Uccidete quel bastardo". Non sapevano come era fatto Sidney Cooke, se fosse davvero un pedofilo, se fosse davvero colpevole, che cosa avesse fatto o che cosa era accusato di aver fatto. Sapevano che esisteva, sapevano che si diceva che fosse un pedofilo e tanto bastava. "Uccidete quel bastardo", allora. Questa scena, la stessa scena di Yeovil, si è ripetuta ieri a Caserta. Bita Panajot era rinchiuso in Questura e la gente ha assediato la Questura. "Uccidete quel figlio di puttana", ha gridato qualcuno. Bita Panajot è un albanese e gli albanesi, come i pedofili, sono un gruppo "perfetto": li si può odiare sentendosi assai per bene. Non che sia perbene Bita Panajot, e per dirla tutta non è "un figlio di puttana". E' peggio. Probabilmente è uno di quegli uomini che vive e prospera e si arricchisce vendendo il corpo delle donne che schiavizza. MA non è per questo che la folla di Caserta ha ieri assediato la Questura. Avete mai visto l'assedio di una Questura o di una caserma per un pappone italiano? C'è chi dirà che la caserma è stata assediata perché Bita Panajot ha ucciso il piccolo Alessandro Conti. (Era in bicicletta, Alessandro, e Bita lo ha travolto con la sua auto, lo ha schiacciato sull'asfalto e se ne è andato via). Ma ripeto: avete mai visto l'assedio di una caserma per un pirata della strada con la carta d'identità italiana? Bita Panajot non si è fermato per aiutare Alessandro. Bita Panajot è stato arrestato, processato, condannato e incarcerato. Come accade a (quasi) tutti i pirati della strada italiani. Anzi nessun pirata della strada italiano è stato mai condannato a cinque anni in primo grado per omicidio colposo. In genere l'affare va diversamente. Ammazzi in un incidente stradale e per tua colpa un povero diavolo, patteggi la pena (da un minimo di uno a un massimo di cinque anni) e la riduci di un terzo, con le attenuanti ancora di un terzo e, se sei scappato via (omissione di soccorso), la condanna peggiora, è vero, ma soltanto di tre mesi. Non di più. Ieri l'avvocato di una delle più grandi compagnie di assicurazioni ha ricordato che qualche anno fa un camionista investì una colonna di auto ferme uccidendo tre persone. Soltanto per il numero delle vittime fu condannato a due anni. Anche Bita Panajot in appello è stato condannato a due anni e, come tutti, come quel camionista, dopo otto mesi ora è libero. Sia detto con tutto il rispetto per il dolore di chi non potrà più vivere accanto ad Alessandro, c'è una linearità e una correttezza formale e sostanziale nell'affare penale di Bita Panajot. Ha pagato il suo conto e, al mercato corrente dei delitti e delle pene, lo ha pagato salato. E allora che cosa vogliono e gridano quelli là fuori alla caserma? Gridano contro l'albanese, contro quel "figlio di puttana di albanese". Finalmente, come a Yeovil per Sidney Cooke, ognuno può uscire dalla prigione del suo privato, liberarsi per un pomeriggio del suo destino malsicuro, della sua vita provvisoria, respirare oltre quell'onnipresente nebbia di ansia, paura, insicurezza che rende ogni ombra pericolosa e ogni giorno inquieto. Di Bita Panajot conosciamo la faccia. L'abbiamo vista al tiggì della sera. Sappiamo chi è, come vive, da dove viene. E' albanese, lo si può odiare alla luce del sole. Bita è soprattutto concreto, di una concretezza che fa piazza pulita della mia onnipresente angoscia senza oggetto, sfuggente e sfocata. C' è un oggetto della mia paura. E' un corpo, quel corpo può essere tormentato, rinchiuso, segregato, spezzato. Ecco perché sono lì a gridare davanti alla Questura. Ma quel grido può legittimare la vertiginosa deformazione delle regole e del dibattito pubblico? Quella protesta può giustificare la rincorsa dei protagonisti politici della scena pubblica? Il ministro della Giustizia Piero Fassino chiede il fascicolo del processo di Bita Panajot, come se a suo favore avesse giocato la decisione dei giudici e non contro di lui una severa pena. Di peggio fa il ministro dell'Interno Enzo Bianco. Scatena contro l'albanese la polizia e i carabinieri. Il "bastardo" viene fermato e ancora fermato. Gli perquisiscono la casa, e l'auto. Gli ritirano la patente. Si cerca, e per il momento non si trova, l'occasione per sbatterlo di nuovo in galera o quando tutto manca di rimandarlo sui monti da dove è venuto. Non soddisfatto, il ministro va in televisione e promette: "Oggi ha un regolare permesso di soggiorno, valuterò la possibilità di revocarlo". Sembra che le regole non possano valere per quel "bastardo" di Bita Panajot. E' un albanese, un cittadino di serie Z, prigioniero di un diritto minore che prevede leggi che si possono cambiare come meglio conviene per rasserenare l'opinione pubblica. E quando quella folla vociante troverà un altro "gruppo perfetto per essere odiato" che cosa faranno ministri e governo?