Bambini immigrati: educazione e cittadinanza nell'ambito del Progetto internazionale "CHIP - Child Immigration Project" Parigi, 1 marzo 1999 Il progetto CHIP (Child Immigration Project) ha lo scopo di valutare la condizione dei minori di origine immigrata e di individuare le politiche che sono in grado di garantire unefficace inserimento nel tessuto sociale. La ricerca si sta svolgendo in 7 paesi; il Censis coordina le ricerche dei partner in Belgio, Francia, Grecia, Israele, Svezia, e Gran Bretagna. Dopo una prima fase di lavoro sulle definizioni e terminologia, conclusa nel maggio del 98, CHIP è attualmente impegnato in unanalisi della presenza di minori dorigine immigrati nel paese e gli indicatori della loro condizione (iscrizione scolastica, tasso di delinquenza, incidenti razzisti, ecc.). Allo stesso tempo la ricerca comprende una mappatura e analisi critica delle strutture e i sistemi di accoglienza nei paesi studiati. In Italia, il Censis ha già delineato le reti e le tipologie di intervento. Lultima riunione di lavoro del gruppo Chip, ai primi di marzo, ha avuto luogo presso lIstituto nazionale della gioventù e delleducazione popolare fuori Parigi. LInjep ospita il sito Chip (http:\\www.injep.fr\chip). Nel corso di questa riunione, Censis ha presentato la ricerca svolta finora e il quadro dei bambini di origine immigrata in Italia. Una sintesi della ricerca mette al fuoco i due nodi problematici delleducazione e della cittadinanza
Bambini immigrati: educazione e cittadinanza Lo studio nazionale condotto dal Censis nellambito del progetto Chip sulle condizioni dei minori di origine immigrata in Italia ha permesso di cogliere alcuni elementi di intreccio tra la questione della educazione e socializzazione alle culture locali e quella della cittadinanza come insieme di diritti e doveri nei confronti dello stato democratico. 1) Innanzitutto va
considerato che le disposizioni sulleducazione degli stranieri contenute nella Legge
40 (ora Testo Unico) non rappresentano una novità in un vuoto assoluto, ma si inquadrano
in un progetto educativo e culturale preesistente ed in continua evoluzione, che è
quello della scuola italiana dal secondo dopoguerra in poi. Le nuove disposizioni, e le
attività che ne nascono, vanno inserite allinterno di questo progetto. 2) Il concetto di
educazione alla cittadinanza è stato applicato in vari modi, però, dal dopoguerra ad
oggi. 3) La differenza principale delloggi sta innanzitutto nellordine di grandezza della presenza di minorenni stranieri. Larrivo di più di sessantamila immigrati ogni anno comincia a significare lingresso nel sistema scolastico di ventimila nuovi alunni ogni anno, il che fa pensare che fra dieci anni vi potrebbero essere duecentomila minori di origine immigrata nelle scuole italiane, più di tre volte il numero attuale, con tutto ciò che questo comporta dal punto di visto strutturale e organizzativo. 4) Inoltre, la presenza degli stranieri evolve continuamente nella direzione della stanzialità, della dimestichezza con le istituzioni e la lingua, della capacità di formulare istanze e pretendere ladempimento dei diritti. I nuovi bambini saranno sempre più bambini interculturali, un vero ponte tra due culture. La cultura italiana sarà sempre più trasformata dallattività di un gruppo di cittadini con un passato diverso, eppure con pieno diritto a trovarsi rispecchiato nella cultura di cui si occupa la scuola. Più che stranieri, questi saranno nuovi italiani; il che significa una mutazione nella definizione di italianità. 5) Qualsiasi politica scolastica di interculturalismo e di alfabetizzazione culturale deve essere quindi una politica in grado di evolvere con landamento dellimmigrazione. Per ora vige unatmosfera di crisi, di prima accoglienza, e le richieste più urgenti sono richieste di risorse linguistiche mirate allinclusione dei nuovi arrivi in un programma scolastico immutato. Quando le barriere linguistiche saranno superate, lesigenza principale sarà una complessità maggiore nelle strategie di accoglienza. La situazione è destinata a cambiare e a richiedere sempre maggiore sofisticazione e attenzione, e le politiche devono essere capaci di adeguarsi. 6) Compito fondamentale è allora quello di utilizzare al meglio le risorse date dai tanti soggetti utili, dalle scuole alle autonomie locali, dagli Irrsae agli organismi centrali, al Ministero. Esistono competenze e risorse che vanno sfruttate, soprattutto tramite convenzioni e protocolli di intesa per stabilire programmi di intervento, spazi, personale, e materiale. La formazione degli operatori deve ricevere risorse adeguate per fronteggiare le esigenze, sviluppare le strategie, e integrare i programmi esistenti (alcune università, ad esempio, hanno già avviato corsi di interculturalismo). 7) Lesperienza finora fatta
dimostra che le realtà locali si differenziano al punto da rendere poco plausibile un
unico modello nazionale. La nuova legge riconosce ciò nellart. 36 (par. 4),
sottolineando limportanza della rilevazione dei bisogni locali e dello sviluppo di
una programmazione territoriale integrata. Comunque, tre approcci generali sono emersi nella ricerca svolta finora sul territorio italiano.
Il desiderio,
comune allimmigrato e allinsegnante, di apprendere la lingua italiana,
rispecchia la domanda di garanzia di una parità di accesso alla società e alla
democrazia. Gli immigrati alla ricerca di un inserimento economico e sociale riconoscono
limportanza della lingua e chiedono soprattutto che la scuola sia efficace
nellinsegnarla ai propri figli.
Lobbiettivo a medio e lungo termine di un interculturalismo attivo non è peraltro tanto la tutela delle culture in maniera distinta e parallela allinterno della classe anzi, ci si aspetta addirittura una trasformazione delle culture dei nuovi arrivati con il protrarsi della stanzialità ma piuttosto una nuova formulazione della cultura italiana. Laccoglienza delle differenze, soprattutto nellarco del tempo, non può che effettuare una trasformazione nel soggetto accogliente. Una prima analisi della diffusione di queste tipologie di intervento - linguistica e interculturale sia passiva che attiva - rivela che la lungimiranza dei documenti ufficiali è spesso molto lontana dalla realtà. Spesso infatti le circolari e gli articoli più ambiziosi della nuova legge contrastano con le esigenze locali, che attualmente riguardano soprattutto la crisi dellalunno privo di supporto linguistico nei primi mesi di arrivo e non la programmazione interculturale. 9) Per quanto
riguarda laspetto legale della cittadinanza dei minori stranieri, la nuova legge
pone lobbiettivo di garantire la parità di diritti a tutti i minori presenti sul
territorio italiano, ma essa sembra presentare alcuni problemi e contraddizioni
nellapplicazione del principio e nel rapporto con le disposizioni della cittadinanza
per gli adulti. 10) Per ridurre le situazioni di apolidia, infatti, il figlio di stranieri il cui paese di origine non prevede la trasmissione della cittadinanza per diritto di sangue ai nati all'estero (ammesso che simili situazioni esistano) ottiene la cittadinanza italiana per nascita, diversamente da tutti gli altri. Si creano dunque delle disuguaglianze nel riconoscimento della cittadinanza in base alla provenienza da un paese o da un altro, e lo status di cittadino italiano dipende dalle politiche migratorie adottate da paesi terzi. 11) In secondo luogo, la concessione della cittadinanza agli adulti per prolungata residenza legale nel paese può risultare discriminante in quanto subordinata a condizioni fortemente restrittive e difficilmente realizzabili (10 anni di residenza legale nel paese), e a procedure che rischiano di essere discrezionali. Anche trattandosi di un interesse legittimo, che può esser fatto valere presso il giudice amministrativo, si possono dare situazioni di partenza fortemente diverse tra loro: si pensi, ad esempio, alla produzione di documenti originali emanati da paesi in via di sviluppo e da paesi del "primo mondo". Ciò può incidere di riflesso anche sulle condizioni del minore. 12) Lultimo problema è quello che si può creare con la concessione della cittadinanza al minore, per il fatto che egli scompare, con tale acquisizione, dalle statistiche specifiche. Il minore di origine straniera ormai divenuto cittadino non è quindi più identificabile e con ciò potrebbe rischiare di perdere laccesso ai benefici di una "categoria" svantaggiata o di diventare invisibile, nellassenza di altri indicatori sociali cui far riferimento. Lo stesso vale per il minore nato da genitori stranieri divenuti cittadini italiani e che acquisisce dunque la cittadinanza italiana. Si pone allora il problema della visibilità statistica, essenziale per un gruppo bisognoso di tutela, soprattutto se la tutela e il rispetto della lingua e culture dorigine, che sta al cuore anche della recente legge, deve continuare anche quando gli stranieri diventano formalmente italiani. |
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