Da "L'Arena"

Domenica 17 Settembre 2000

Gli investigatori della polizia individuano e fermano i presunti responsabili della triste fine dell’immigrato polacco

E’ morto asfissiato dopo una festa

Tre algerini arrestati per omicidio

di Roberto Vacchini

Una festa finita in tragedia. Un «party» improvvisato tra i giacigli per dare l’addio a quell’edificio, vecchio e fatiscente finché si vuole ma pur sempre migliore della strada, in cui per mesi avevano trovato rifugio. Alla fine, qualcuno ha esagerato e nella festa è entrata la morte. Per la morte del giovane polacco, e il ferimento di altre due persone, sono finiti in carcere in stato di fermo tre immigrati algerini, fermati dalla squadra mobile e dalla Digos nell’ambito delle indagini per l’incendio dell’ex stazione delle corriere di piazza Isolo. Dei tre la questura ha reso noto solo le iniziali: L.D., 32 anni, in possesso di permesso di soggiorno, B.D., anch’egli di 32, e L.F. di 26, entrambi clandestini: tutti sono già noti alle forze dell'ordine e sono gravemente indiziati di aver appiccato il fuoco nelle stanze dell’ex stazione. Per loro, tre ipotesi di reato: la più grave è quella di omicidio volontario con eventuale dolo, incendio aggravato, e lesioni aggravate. I tre si trovano ora in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria. Le indagini degli investigatori della questura sono scattate già nella mattinata di venerdì, subito dopo la morte di Cesar Karabowski, trentenne polacco, e il ricovero per intossicazione da fumo di altri due extracomunitari, un tunisino e un moldavo. È stato proprio uno dei tre fermati a cercare di depistare gli investigatori affermando di aver visto alcuni ragazzi dar fuoco ai vestiti e alle coperte contenute in un angolo della stanza. Un’ipotesi che non ha convinto gli agenti. Sul posto erano immediatamente intervenuti i poliziotti delle volanti, coordinati dal dirigente Fernando Malfatti, quelli della squadra mobile con il vice dirigente Bruno Troja e quelli della Digos, con il vice dirigente Ettore Miazzo. Fin dall’inizio appariva poco probabile l’ipotesi razzista, adombrata da qualcuno dei presenti sul luogo della disgrazia. Difficile pensare che degli sconosciuti, ben riconoscibili, fossero riusciti a entrare nelle stanze dell’ex stazione, scendere le scale fino al piano sotterraneo, cospargere di benzina (o altra sostanza) dei vestiti, appiccare il fuoco e poi allontanarsi senza che nessuno dei numerosi stranieri che riposavano in quell’edificio facesse nulla per fermarli. Esclusa già fin dalle prime fasi delle indagini la lite per il posto letto. Tutti gli occupanti sapevano che il giorno dopo avrebbero dovuto abbandonare quelle stanze: nessuno avrebbe speso più di tante energie per rivendicarlo. Nel pomeriggio di venerdì ha cominciato a prendere consistenza una terza ipotesi, quella della lite scoppiata tra diverse etnie. Le stanze di piazza Isolo erano occupate da nordafricani e polacchi, o comunque persone dell’Est europeo, con abitudini e stili di vita diversi che più di una volta, a detta dei testimoni, erano entrate in conflitto. A indebolire questa pista, tuttavia, alcuni riscontri fatti dalla polizia scientifica e dei vigili del fuoco. In particolare il luogo e la tipologia dell’incendio facevano pensare non a un gesto di rabbia, ma alla premeditazione. E allora, cos’era accaduto nell’ex stazione? Per gli agenti della mobile e della Digos la ricostruzione non lascia spazio ai dubbi. Nelle stanze al piano interrato, giovedì notte si sarebbe svolta una festa. Una povera festa, condita di tanta tristezza. Gli stranieri sapevano tutti che il giorno dopo, venerdì, sarebbero arrivati i vigili e i poliziotti per far sgomberare l’edificio. Era la loro ultima notte e con l’inverno che lento ma inesorabilmente avanza, per molti si prospettavano settimane difficili, alla ricerca di un edificio, seppur diroccato, in cui ripararsi. Perciò avevano deciso di festeggiare: qualcuno aveva anche alzato un po’ troppo il gomito. Quando ormai la festa era già finita e la gran parte degli occupanti dormiva, qualcuno è stato vinto dalla tristezza e dalla rabbia. E ha deciso di non lasciare «impunito» quello sgombero. A suo modo ha deciso di protestare contro il Comune, contro coloro che li volevano allontanare da quella «casa». L’idea di bruciare una parte della struttura è nata così, per protesta. Ma è terminata nel modo peggiore. Qualcuno è uscito, è tornato con una bottiglia, forse di alcol. Ha avvisato gli altri occupanti, probabilmente i primi sono stati i connazionali. È stato svegliato chi dormiva, ma non tutti. Nei corridoi, al buio, sotto coperte e stracci, qualcuno non si è svegliato. E con tutta probabilità (il condizionale è d’obbligo visto che le indagini sono tuttora in parte coperte dal segreto istruttorio) l’incendio che doveva interessare solo una parte delle stanze è sfuggito di mano ai suoi autori. In breve il fumo ha saturato l’aria. Chi era stato avvisato ha fatto in tempo a mettersi in salvo. Altri si sono svegliati di soprassalto e seguendo i compagni sono riusciti a mettersi in salvo. Altri ancora hanno aperto gli occhi e si sono trovati circondati dal fumo, non sono riusciti a orientarsi, poi hanno cominciato ad avere difficoltà nel respirare. L’aria si è fatta sempre più pesante fino a diventare veleno: così è morto Cesar, parcheggiatore abusivo in piazza Isolo. E così hanno rischiato di fare la stessa fine anche gli altri due feriti. Sono arrivati i soccorsi, i poliziotti, lo sgombero è stato rinviato.