da "Il corriere"

di Giovedì 5 Ottobre 2000

ROMA - Zingari in classe, no grazie.

La scuola italiana accoglie a braccia aperte tutti gli alunni stranieri ma non riesce del tutto a superare pregiudizi e resistenze culturali nei confronti dei piccoli nomadi.

Il «caso Rom» emerge dall’indagine del ministero della Pubblica Istruzione condotta in 50 scuole. Cosa accade nel rapporto tra alunni, nell’apprendimento, nei processi di socializzazione, quando cresce la presenza di alunni stranieri? «Arricchimento culturale», «accettazione del diverso», «maggiore facilità di imparare le lingue»: le risposte positive, a giudicare dall’inchiesta, prevalgono nettamente sugli aspetti problematici. I più pronti ad accogliere i ragazzi di altri Paesi sono gli studenti. Tra i giovani stranieri quelli che incontrano meno difficoltà nell’integrazione sono i ragazzi cinesi, indiani ed asiatici in genere. Insegnanti, studenti e genitori della scuola italiana dicono sì agli alunni stranieri. Con un'eccezione: i nomadi, i rom, gli zingari. Qui le certezze sull’arricchimento culturale vacillano, i giudizi positivi sull’integrazione diventano più cauti. È curioso, ma ad esprimere i giudizi più critici non sono i genitori ma i docenti che hanno avuto i nomadi tra i loro alunni. Proprio coloro che dovrebbero battersi per riscattarli da un destino di emarginazione. L’integrazione viene giudicata «una battaglia persa in partenza». È impossibile, pensano questi insegnanti, conciliare la cultura nomade con la nostra. Alcuni di loro arrivano ad assumere una posizione di totale rifiuto: i piccoli zingari sarebbero «nocivi per gli studenti italiani e per l’intera collettività». Il segretario nazionale dell'Opera Nomadi, Massimo Converso, non nasconde le sue perplessità circa i risultati dell'indagine promossa dal ministero della Pubblica istruzione. Converso ritiene che l’integrazione dei piccoli rom funzioni. «I bambini Rom tra i 6 e gli 11 anni che attualmente frequentano le scuole italiane - ricorda - sono circa 15 mila e mi risulta che siano tutti ben accetti e integrati nelle classi. Se c’è un problema - conclude Converso - è la carente formazione per i docenti che devono aiutare il processo di integrazione». . G. Ben