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Una serie di saggi affronta la questione
della sfida musulmana all’Occidente. E giustifica la
possibilità di un conflitto armato per difendere la nostra
civiltà
I nuovi falchi contro il
pericolo ISLAM
di DARIO
FERTILIO
L’Islam è sempre più vicino: dunque, è tempo di nuovi
falchi. Non in divisa, come quelli di Enduring
Freedom ; altrettanto duri, però,
sul piano delle idee. Tra i falchi
si affollano scrittori celebri come
Naipaul, Rushdie o sulfurei provocatori alla Houellebecq; e
poi seriosi saggisti, eruditi studiosi di storia delle
religioni e devoti cristiani tradizionalisti, libertari un po’
blasfemi e anticonformisti di vario genere: tutti accomunati
da un giudizio drasticamente negativo sull’Islam. E dall’ansia
di suonare l’allarme, di spingere l’Occidente a reagire prima
che sia troppo tardi. E’ quasi un nuovo genere letterario:
ostile al buonismo e alla retorica della convivenza, alle
marce della pace e al dialogo ecumenico troppo spinto.
Sospettoso di tutte le concessioni politiche ai musulmani,
persino delle richieste di perdono da parte del Papa riguardo
alle crociate. Decisamente pessimisti insomma, i
nuovi falchi , e orgogliosi di esserlo.
Tre libri, concepiti su diverse lunghezze d’onda ma
perfettamente integrati nel nuovo filone
, affrontano la questione della sfida
maomettana all’Occidente. Il primo, orientato su una
prospettiva tutta laica, è quello del giornalista Carlo
Panella: è il Piccolo atlante del jihad ,
dove la parola araba che ormai si incontra di frequente sta a
significare lo sforzo da parte del credente musulmano di
essere coerente con il proprio credo, ma per estensione indica
la guerra santa contro l’infedele. Il secondo è firmato invece
da uno storico dell’università di Cassino, Roberto de Mattei,
molto vicino al tradizionalismo cattolico, che con il suo
Guerra santa guerra giusta
ribalta la versione corrente del pacifismo cristiano,
indicando le condizioni secondo le quali dovrebbe essere
possibile imbracciare le armi in difesa della fede, e accusa i
pacifisti cattolici di ateismo, nel senso che «ravvisano il
bene supremo nella vita, e non nel fine trascendente la vita».
Il terzo è un avvocato, Stefano Nitoglia. Il suo
L’Islam com’è propone un interessante
confronto, punto su punto, tra civiltà maomettana e cristiana:
dal diritto naturale a quello di famiglia, dalle regole di
proprietà al sistema politico, con l’intento di far
comprendere quel che può succedere nella vita quotidiana di un
paese in cui prevalga l’una o l’altra religione. Diverse,
dunque, le prospettive: simili invece le conclusioni. Se è in
atto una terza guerra mondiale, proclamata l’11 settembre a
New York, secondo i tre autori è logico aspettarsi nuove
fiammate di violenza. Se agli occhi dei musulmani, sempre più
insofferenti del moderatismo tradizionale alla Sadat o del
social-nazionalismo alla Nasser, il vero «scandalo» è
l’Occidente in se stesso, la sua esistenza, l’invasione delle
sue merci e la sfida della sua tecnologia, la stessa strage di
New York diventa una vittoria enorme, capace di sviluppare
nuovo proselitismo, e al tempo stesso una prova generale di
sterminio, non troppo diversa da Auschwitz. Se - come sostiene
Carlo Panella - è stato l’imam Khomeini ad aprire la strada a
Bin Laden, ed entrambi sono da considerarsi perfettamente
integrati nell’Islam, diventa velleitario cercare alleanze nel
mondo arabo moderato e puntare su una democratizzazione di
quella religione. La risposta laica infatti è già stata
sconfitta dovunque, osserva de Mattei, e il diritto di
derivazione occidentale è ormai abbandonato da quasi tutti i
Paesi arabi: dunque rimane soltanto il cristianesimo come
baluardo contro il medioevo della sharia
(la legge basata sull’Islam) e del
velo obbligatorio per le donne. I
nuovi falchi non negano, nei loro scritti,
l’esistenza di componenti maomettane moderate e di aspetti
anche culturalmente lodevoli come il misticismo
sufi. Ma Stefano Nitoglia, ad esempio,
risale alla teologia (al rifiuto della trinità divina, con la
conseguente lontananza di Allah dalle sue creature) per
spiegare l’estraneità islamica al diritto naturale, al
concetto di inviolabilità della persona umana di credo
differente, oltre che al valore in sé della democrazia. A
questo proposito Panella ricorda come fin dalla «Dichiarazione
islamica dei diritti dell’uomo» proclamata nel 1981 si possa
trovare una «reiterata negazione della democrazia». Il
fatto che l’Occidente «abbia preferito non vedere e non
sentire» nulla toglie alla pericolosità della sfida: simile,
per la sua forza d’attrazione e intolleranza, a quella del
nazionalsocialimo Insomma, lo scontro di civiltà (definizione
che risale allo studioso di geopolitica Huntington e ai suoi
saggi già classici) è in corso, che ci piaccia o no. Nessuno
potrà negarci il diritto alla legittima difesa, spiega nel suo
saggio de Mattei, e quindi ad una guerra difensiva contro
l’aggressore. L’ anti-buonismo che propugna
suona ancora più provocatorio quando sostiene anche la
possibilità di una gu erra
«giusta» offensiva: è prevista dalla tradizione cattolica,
precisa, «purché sia stata proclamata dall’autorità, motivata
da una causa nobile e condotta senza odio, con retta
intenzione». Ma il Vangelo è conciliabile con la morte e
distruzione dei nemici? De Mattei cita Agostino, Tommaso, Pio
XII e vari padri della chiesa a sostegno del suo cristianesimo
armato, senza escludere addirittura la possibilità di una
qualche nuova crociata, ovvero guerra santa, purché sia stata
proclamata dal Papa per motivi attinenti la fede. Un
pontefice guerriero dopo Wojtyla? Detto così, sembrerebbe
materia per un eccitante romanzo di fantascienza, con tanto di
metafisico dubbio sulla legittimità di ricorrere a una qualche
arma finale, chimica, atomica o batteriologica... ma l’autore
fa una precisazione fondamentale: la guerra santa islamica è
una conquista in cui si mescolano politica e religione, mentre
quella cristiana potrebbe essere proclamata soltanto
in difesa della fede. Particolare solo in
apparenza secondario. Con tutto ciò, le provocazioni degli
autori appena citati non si spingono certo fino ad
auspicare una guerra. L’interesse delle
loro opere risiede piuttosto nel desiderio di
rimuovere un velo di reticenza o imbarazzo riguardo al dialogo
con l’Islam, e forse preparano un confronto diretto sui temi
concreti della convivenza fra le due civiltà, come il diritto
di famiglia, la libertà di costruire moschee in Occidente o
l’insegnamento religioso nelle nostre scuole. Sullo sfondo
rimane tuttavia, non esorcizzato, il confronto secolare fra le
tre grandi fedi «del libro» e la denuncia della condizione di
sottomissione, e spesso di persecuzione, cui sono costretti
gli «infedeli» nella maggior parte dei Paesi islamici.
Casa dell’Islam contro casa della Guerra, recita la
dottrina classica maomettana. I nuovi
falchi puntano il dito contro il primo
termine: attenti, Islam vuol dire «sottomissione».
I libri: Carlo Panella, «Piccolo
atlante del jihad», Oscar Mondadori, p. 206, euro 7,40;
Roberto de Mattei, «Guerra santa guerra giusta», editore
Piemme, p. 102, euro 7,90; Stefano Nitoglia, «L’Islam com’è»,
editore Il Minotauro, p. 128, euro 12,00
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