da La Repubblica

del 15 settembre 2000

La doppia intolleranza che assedia l'Occidente

di PAOLO FLORES D'ARCAIS

IL CARDINALE di Bologna, Giacomo Biffi, ha posto un problema serio e ineludibile. Lo ha posto in termini clericali, cioè insopportabili, o addirittura teocratici, cioè intollerabili (perché radicalmente intolleranti). Ma un problema vero e urgente non cessa di essere tale solo perché formulato nei modi immorali e inaccettabili di un'ideologia integralista. E se l'universo laico cercherà di cavarsela - come appare malinconicamente dai primi commenti degli uomini politici del centrosinistra - con le geremiadi di un "politically correct" di circostanza, non farà altro che portare il suo obolo al revanscismo etico-politico del Vaticano. Perché chi affronta un problema, anche malissimo e in termini reazionari, sarà sempre avvantaggiato rispetto a chi preferisce la logica dello struzzo. E allora: esiste, grande come un macigno, il problema dell'integrazione nelle società occidentali di una parte non indifferente dell'emigrazione, soprattutto se di religione islamica. Negarlo non serve a nulla. Un paio di anni fa un signore magrebino con regolare permesso di soggiorno ha preteso, a Torino, l'intervento dei carabinieri perché gli riportasse a casa la moglie che intendeva separarsi. Ed è rimasto furiosamente stupito che le forze dell'ordine, a lui che pagava anche regolarmente le tasse, rifiutassero quello che gli sembrava un ovvio diritto: la moglie, infatti, è nella sua "cultura" assoggettata al marito. Altri pretendono il diritto alla poligamia, e vi sono state femministe ultrà (per stupidità o per coerenza?) che - soprattutto in Francia - hanno sostenuto la ragionevolezza del problema: visto che avere molte relazioni o amanti non è un reato, perché dovrebbe esserlo avere più coniugi? Questo giornale, come altri, ha nei mesi scorsi ingaggiato una sacrosanta battaglia per i diritti civili di Erica, la bambina rifugiata nell'ambasciata italiana in Kuwait, che il padre egiziano voleva riportarsi in patria, mentre la bambina voleva tornare da noi con sua madre. Ai sensi della "cultura" e della legge islamiche (che fanno tutt'uno con la religione di Allah) il padre aveva ragioni da vendere. Ha vinto, per fortuna, la forza dell'Occidente e i diritti della bambina in quanto persona, individuo. Ma queste sono ancora tragedie soft, se paragonate alla pratica immonda che vede ogni giorno, anche nelle nostre metropoli, bambine sottoposte a clitoridectomia e altre mutilazioni sessuali: termini asettici per raccontare la violenza inaudita di una tortura rituale considerata dovere religioso e "civile", che le madri esigono (e spessissimo anche le bambine, manipolate e subornate, e altrimenti emarginate e distrutte). Qualcuno ha chiesto, con coerenza multiculturale, che tali pratiche di tortura possano avvenire in modo igienico e gratuito nelle Asl. Si potrebbe continuare, e a lungo. Il problema ineludibile, dunque, riguarda il conflitto fra i diritti civili di ogni individuo - questa invenzione dell'Occidente, faticosa e ancor oggi troppe volte smentita nella vita pratica e nelle azioni dei governi - e le "culture" premoderne che, attraverso l'immigrazione, stanno diventando nelle nostre metropoli un problema non più teorico ma immediatamente sociale e politico. Queste "culture", infatti, in genere sono ancora al di qua della netta separazione tra sfera della religione e sfera della politica che è invece l' abc della moderna convivenza occidentale (quali che siano gli altri suoi difetti, anche abissali). Queste "culture" seguono tutte la logica di quella islamica, dove è ovvio proclamare "il Corano è la nostra costituzione". Ho usato il termine "culture" fra virgolette, consapevole e certo che il mondo finto progressista del "politically correct" non mancherà di sciorinare l'accusa di razzismo. Ma non si scampa: se consideriamo condizione irrinunciabile di civiltà il riconoscimento dell'eguale dignità per ogni individuo, allora ogni costume norma e tradizione che ferisca quella eguale dignità - non importa se in nome della fede o della razza o di una qualsivoglia "identità" - è anticivile. Il problema della immigrazione va dunque affrontato anche da questo punto di vista: dei diritti civili irrinunciabili che sono la conquista (ancora parziale, contraddittoria e spesso contraddetta) più preziosa dell'Occidente e che devono costituire i valori condivisi di chiunque - vi sia nato o vi sia immigrato - voglia in Occidente vivere e diventare cittadino. Il resto non è tolleranza o universalismo o rispetto per la diversità, ma semplicemente omertà e complicità con i delitti che in nome del multiculturalismo si compiono, e che si riducono le donne a strumenti, i figli a proprietà, il dissenso rispetto al gruppo una morte civile. Ma proprio perché questo è il nodo del problema, il cardinal Biffi non si rende conto della sua contraddizione, quando chiede agli Stati - in nome della loro laicità - di difendere l'identità cristiana dell'Occidente. Contrapporre una indentità religiosa ad altre significa, infatti, muoversi nello stesso orizzonte di intolleranza. Intolleranza reciproca o intolleranza comune verso i non credenti. Ovvio, perciò, che il cardinal Biffi riscuota l'applauso di Buttiglione ma la critica unanime dei cattolici democratici. I diritti civili non sono infatti il portato della religione cristiana (e meno che mai cattolica): sono, eventualmente, i figli del cristianesimo secolarizzato, cioè della critica che umanesimo e illuminismo hanno svolto contro la religione come istituzione e Chiesa (e sue pretese teocratiche, ancora vive ai tempi non lontani del neo-beato Pio IX). Della contrapposizione tra valori evangelici e pretese dogmatiche della Chiesa di Roma. Della separazione fra Chiesa e Stato che la Chiesa ha combattuto finché ha potuto. L'identità dell'Occidente ha nome "scienza + eresia", dove in realtà l'eresia andrebbe al primo posto. È questa identità che i governi devono tener presente, e cercare non solo di custodire gelosamente ma di realizzare (o almeno approssimare). Una identità che mettendo al primo posto l'eguagliaza di ogni individuo in termini di diritti civili è in conflitto insanabile con ogni religione non secolarizzata, con ogni integralismo religioso: quello hard del fondamentalismo islamico ma anche - non si sfugge, cardinal Biffi - quello soft di un Vaticano che pretende la sua religione nelle scuole, e la sua morale nelle camere da letto, negli ospedali e nei centri di ricerca. Imposta a tutti - credenti e non - per legge, cioè con la forza del braccio secolare. E in violazione della eguale dignità e libertà di ogni individuo.