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L’INTERVISTA / Il ministro dell’Udc: quando il governo discute di cose importanti ci voglio essere. Le priorità? Extracomunitari, lavoro, scuola, famiglia, fisco

Buttiglione: il clima è cambiato, faremo pesare i nostri voti

ROMA - Chiuse le urne delle amministrative, parte l’offensiva dei centristi. Vogliono più spazio nella maggioranza, vogliono contare di più nel governo. Rocco Buttiglione, uno dei tre leader dell’Udc (insieme con Marco Follini e Sergio D’Antoni), lancia una vera «campagna d’estate» da giocare su cinque tavoli: immigrazione, lavoro, scuola, famiglia e fisco. Ma il punto d’attacco del ministro delle Politiche comunitarie è politico: «E’ bene che tutti ne prendano nota. Ora è chiaro che oltre ai parlamentari abbiamo anche i voti ed è nostra intenzione farli pesare». Buttiglione cerca conferma negli ultimi dati delle amministrative. Sfoglia le tabelle e inizia a commentare con moderata soddisfazione: «Nel Nord ci siamo attestati intorno al 5 per cento. Non male». Finisce con palese compiacimento: «Nei comuni non capoluogo di provincia superiamo il 10 per cento». Pausa, risatina, «forse non si dovrebbe dire, però in alcune aree del Sud siamo davanti ad An, e talvolta persino a Forza Italia».
Ministro Buttiglione, che fa: si considera il vero vincitore delle elezioni?
«Dico solo che prima delle elezioni qualche nostro alleato si rivolgeva a noi con una certa sufficienza. Il discorso era: voi avete dei parlamentari, ma in realtà non rappresentate nessuno, e quindi non avete titolo a far valere la vostra posizione».
Si riferisce a Umberto Bossi, naturalmente...
«Mi riferisco a chi diceva che non contiamo niente. Questo clima deve cambiare. Adesso i numeri dimostrano che contiamo. Tutti ne prendano nota».
Che cosa cambia per il governo?
«Sarà più forte la nostra spinta per una politica che difenda la coesione sociale del Paese».
Andiamo nel concreto: la spunterete sull’immigrazione? La sanatoria sarà estesa a tutti gli extracomunitari che lavorano in nero?
«Noi non vogliamo sanatorie. Ci atteniamo allo spirito del disegno di legge: chi lavora deve avere il permesso di soggiorno».
Il governo vi ha chiesto di ritirare l’emendamento Tabacci.
«Potremmo ritirarlo se, contestualmente, c’è l’impegno ad affrontare la regolarizzazione degli extracomunitari che lavorano in nero. Ad esempio, si possono aggiornare le norme già in vigore sul sommerso».
E se si dovesse arrivare al voto di fiducia?
«Sono contrario e faccio notare che in questo Parlamento c’è una maggioranza a favore del nostro emendamento».
Rilancerete anche sul dialogo sociale?
«Sì, certo. Il governo deve convocare al più presto i sindacati per riprendere la trattativa su tutti i temi economici».
Che cosa state aspettando?
« Giro la domanda a Palazzo Chigi: che cosa stiamo aspettando?».
Voi centristi, però, non avete ministri in campo economico. Non rischiate di essere tagliati fuori dalla trattativa?
«Non credo. E’ giusto che i ministri competenti conducano il negoziato sulle singole materie, ma poi ci sarà un momento di sintesi a Palazzo Chigi nel quale ci dovranno essere anche i leader della maggioranza».
Maroni dà segni di insofferenza ogni volta che si parla di «negoziato a tutto campo». Ha già detto ad Alemanno di pensare all’agricoltura.
«E’ vero che sono amico di Alemanno, ma il ministro è grande e capace di difendersi da solo».
Basta una battuta per risolvere il contrasto politico con la Lega?
« Allora rispondo così: è importante rispettare le competenze. Ma bisogna distinguere tra il momento tecnico e il momento politico. Verrà il giorno in cui toccherà ai partiti andare dagli elettori a spiegare le scelte del governo. Perciò quando l’esecutivo decide su cose importanti, io ci voglio essere».
Le risorse finanziarie sono scarse: sarete in grado di condizionare la scelta delle priorità?
«Siamo d’accordo con Tremonti. Bisogna partire dalla riduzione delle tasse per i redditi più bassi e tutelando la famiglia. Poi c’è la scuola. Dovremo dare impulso alla riforma Moratti, dopo un’attenta verifica».
Sul lavoro e la flessibilità cercherete il confronto anche con la Cgil?
«Spero che sia possibile. Nella maggioranza alcuni hanno commesso l’errore di dare l’impressione che modificare l’articolo 18 fosse una battaglia necessaria per distruggere il sindacato. Cofferati ha preso sul serio queste facezie».
Le modifiche all’articolo 18 dello Statuto proposte dal governo sono «facezie»?
«Certo. L’ho detto e fatto mettere a verbale in un Consiglio dei ministri».
Altri errori commessi dalla maggioranza?
«Mi preoccupa il conflitto con la magistratura. Le dimissioni di Antonio Patrono dall’Associazione nazionale dei magistrati rappresentano una perdita. E’ stato un errore creare il clima polemico che ha portato a quella scelta».
Che conclusione ne ricava?
«Che il centrodestra non deve spingere settori importanti della società, come i sindacati, o dello Stato, come i magistrati, verso posizioni radicali. Noi dobbiamo valorizzare e dialogare con i moderati, evitando scontri ideologici e guardando a quanto avviene in Europa».
Quale Europa? Anche in questo caso Bossi non la pensa come voi.
«Tutte le riforme del programma di governo ci portano verso l’integrazione europea. C’è la necessità di spingere questo processo. L’Italia non può sottrarsi. Ho incontrato (ieri; ndr ) Helmut Kohl che ha parlato, commosso, di Roma come "madre di civiltà e delle nazioni". Non ho sentito parlare di "Roma ladrona". Noi siamo con Kohl».
Giuseppe Sarcina


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