Così non si risolve il problema
di VITTORIO NOZZA*

da Il Messaggero del 12 luglio 2002

FINALMENTE — si dirà — è stata approvata la nuova legge sull'immigrazione. Una legge auspicata da tanti, programmata da qualcuno, sostenuta da un'opinione pubblica contraddittoria. Una legge nuova che si impianta su un testo precedente, ma ne cambia lo spirito, la prospettiva, senza riuscire a interpretare, tutelare e sostenere la persona immigrata e la sua famiglia, né a governare il complesso fenomeno dell'immigrazione. Si afferma una sorta di "principio di indesiderabilità" per chi chiede di entrare nel nostro Paese, e si accentua una sorta di "principio di discrezionalità" per chi chiede asilo. E' una legge contraddittoria. Da un lato tollera di regolarizzare — se passerà anche il cosiddetto "emendamento "Tabacci" come decreto "a latere" — mezzo milione di persone immigrate irregolari, per andare incontro agli interessi di famiglie e di aziende,solo per ragioni di consenso e non per cercare di interpretare il fenomeno dell'immigrazione. Dall'altro abolisce o non considera gli strumenti per facilitare un ingresso regolare: sponsor, ricongiungimenti famigliari, possibili permessi di soggiorno per ricerca di lavoro. E ancora di più: il decreto flussi per un ingresso regolare rischia di non essere previsto quest'anno, a fronte di una regolarizzazione così alta di persone immigrate che, comunque, dopo attese di mesi, rischiano di entrare in Italia illegalmente. Per governare il fenomeno dell'immigrazione — i cui numeri da noi recentemente stimati per il 2001 parlano di 1.362.630 immigrati, meno del 3% della popolazione, cioè una delle percentuali più basse in Europa — forse era opportuno rafforzare quegli aspetti e quei tratti deboli della precedente legislazione in due direzioni: legalità e integrazione sociale. Il mondo della scuola, i Comuni e le nostre comunità cristiane, dove le Caritas operano, sanno che i problemi reali dell'immigrazione non si risolvono con nuovi muri, nuovi impedimenti burocratici, ma con "nuovi ponti", "nuovi canali" che aiutano l'incontro e l'accompagnamento sociale. Promuovendo ad esempio la tutela dei diritti di chi chiede asilo, la mediazione culturale nelle scuole dove sono presenti 150.000 studenti immigrati, la protezione sociale per le persone deboli e sfruttate, luoghi e strumenti burocratici più accessibili per la richiesta del permesso di soggiorno, meccanismi più agevoli per aiutare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, luoghi nuovi di incontro e valorizzazione delle diversità. Questa legge invece, riduce la persona immigrata ad essere accettata solo in quanto funzionale al sistema economico e sociale, aumentando la difesa sociale nei confronti dell'immigrazione e la conflittualità sociale. Senza fermare, anzi accentuando, il fenomeno della clandestinità. Ecco perché la Caritas, nelle comunità cristiane, si sente impegnata ad andare oltre la legge per trovare, in collaborazione con le istituzioni, risposte nuove che aiutino le persone immigrate e le loro famiglie a sentirsi ascoltate e accolte, anche nell'affrontare i bisogni essenziali e i disagi immediati. Al tempo stesso occorre accompagnare le persone ad uscire dall'illegalità — che è sempre una forma di sfruttamento e di perdita di diritti — denunciando situazioni di sfruttamento, favorendo i rientri assistiti in patria, accompagnando le richieste d'asilo, sostenendo ogni forma di cooperazione allo sviluppo. Solo così si potrà superare l'approccio di "ordine pubblico" che sembra prevalere e si potrà coniugare la dovuta severità verso i moderni mercanti di carne umana con il dovere di un'accoglienza non sopraffatta dai pregiudizi per chi cerca in Italia lavoro e dignità.

* Direttore Caritas Italiana