L’INTERVISTA / Il ministro Buttiglione: abbiamo restituito sicurezza e offriamo misericordia

«Chi vuole entrare farebbe bene a imparare prima l’italiano»

«Ma è inopportuno condizionare il permesso di soggiorno all’apprendimento della lingua»

ROMA - «E’ una legge che raccoglie la preoccupazione della gente: gli italiani avevano la sensazione di vivere in una casa senza porte, dove poteva entrare chiunque, in qualsiasi modo e in qualsiasi momento. Anche coloro che noi non desideriamo, coloro che mentre vengono espulsi proclamano alla televisione che torneranno. Non deve più accadere, chi deve entrare lo decidiamo noi». Rocco Buttiglione rende omaggio al volto duro della legge Bossi-Fini. Ma grazie all’Udc, ai democratici cristiani - rivendica il ministro delle Politiche comunitarie - c’è anche l’altra faccia, «la legge misericordiosa, adeguata al cuore di un popolo che è stato di emigranti, depurata di alcuni elementi disumani e non cristiani».
Eppure non si riscontrano nella legge grandi incentivi all’integrazione, o all’accoglienza. Non è troppo punitiva?
«Abbiamo lavorato per restituire agli italiani le porte di casa loro, ma anche per permettere loro di accogliere. Con generosità, ma anche con attenzione. Il primo strumento di integrazione è il lavoro. Chi ha un lavoro fa bene a se stesso e all’Italia. L’impegno non è solo dello Stato, ma anche di organizzazioni private, per creare nei Paesi di origine dei flussi migratori le possibilità di imparare la lingua italiana e di entrare in contatto con gli imprenditori italiani».
A proposito della lingua, in diversi Stati europei il permesso di soggiorno è legato all’apprendimento della lingua. Non è così da noi: è stata una svista?
«Non so se sia opportuno condizionare il permesso di soggiorno al possesso della lingua italiana. Certamente bisogna fare un grande sforzo perché chi viene sappia la nostra lingua, e credo che questo sia nello spirito della legge. Dobbiamo fare di tutto per incentivare l’apprendimento dell’italiano, e il modo migliore credo che sia quello di chiedere a chi si prepara a entrare in Italia di seguire anche dei corsi di italiano. Troveremo adeguati strumenti».
C’è un giro di vite normativo, rimangono le perplessità sulla reale capacità di intercettare i clandestini. Non c’è il rischio che molte norme rimangano lettera morta?
«Questo rischio ci sarebbe stato se noi dell’Udc non fossimo intervenuti a rendere la legge più giusta e misericordiosa. Siamo riusciti a togliere dalla legge alcune asperità. I nostri alleati, qualcuno di più, altri meno, alla fine hanno compreso».
In che cosa è misericordiosa la legge?
«Basta leggere tutta la disciplina delle badanti. E poi c’è il nodo risolto degli extracomunitari che lavorano ancorché non regolari. Non è nella legge, ma il cosiddetto decreto Tabacci consentirà la regolarizzazione»
Accuse di discriminazione: impronte agli stranieri e non agli italiani.
«Mi sembra una critica sciocca. Lo straniero non è conosciuto da nessuno, la sua identificazione è spesso complessa, difficoltosa, qualche volta impossibile. Diverso è il caso degli italiani. Detto questo io sono favorevole a prendere le impronte digitali anche agli italiani: a me stesso - quando ho lavorato all'estero - le hanno prese, non mi hanno dato alcun fastidio».
M.Gal.