Da "L'Arena" del 5 Gennaio 2003

Successo della mostra di Caroline Groszer alla Gran Guardia. Domani ultimo giorno
Auguri di buona integrazione con le foto dei «nuovi veronesi»
Messaggio di amicizia nell’incontro fra autorità del Comune e stranieri

Chiuderà i battenti domani pomeriggio l’originale mostra fotografica di Caroline Groszer allestita nei saloni della Gran Guardia e simbolicamente intitolata «I nuovi veronesi». Promossa dal Comune di Verona e dal Cestim (il Centro Studi sull’Immigrazione), l’iniziativa ha visto ieri alle 12 un momento di incontro tra le autorità veronesi e i veri protagonisti della mostra, ossia quei cittadini di provenienza extracomunitaria oggi a tutti gli effetti «veronesi». A fare gli onori di casa c’erano Carlo Melegari, direttore del Cestim affiancato dal neopresidente del Consiglio comunale Riccardo Caccia, dall’assessore dall’immigrazione e all’integrazione Tito Brunelli e da numerosi rappresentanti del mondo cattolico e sindacale (hanno aderito all’iniziativa il Centro missionario diocesano, i sindacati Cgil, Cisl e Uil, la Fondazione San Zeno, il Mlal e la rivista Nigrizia ). Oltre a segnalare il successo della mostra, l’incontro ha inteso lanciare un messaggio, un accorato invito all’integrazione rivolto a tutti i veronesi, rigettando odio, pregiudizio e razzismo, figli di quell’ignoranza gretta e intollerante che ha già a fatto male a tanti. Le foto raccontano, parlano, descrivono i volti, la vita, le sensazioni e speranze di uomini e donne provenienti da paesi lontani, ma sempre più radicati nel tessuto sociale della nostra città. Sono volti africani, magrebini, orientali, sudamericani e dell’Est europeo. Raccontano soprattutto di persone, di cittadini integrati nelle più svariate categorie lavorative e produttive della città. Sono interpreti, traduttori, professionisti, artisti, operai e semplici colf. Eccoli, i nuovi veronesi. Si chiamano Boris, cantante lirico bulgaro, a Verona da 14 anni; Jon, mediatrice culturale cinese; Orsolya, ricercatrice universitaria ungherese; Mohamed, operaio tessile; Mario, ex desaparecido argentino, oggi educatore in una comunità di tossicodipendenti. Colpisce la voluminosità del registro delle firme. Non solo firme, ma tantissimi attestati di stima e di felicitazioni per l’originalità della mostra. Frasi come «finalmente un po’ di verità su di noi», «ecco la Verona dei veronesi intelligenti», «hai colto il significato del Natale», «quando la semplicità sa emozionare». «È lo specchio fedele di una città con un cuore grande, che dopo tanto silenzio, ignoranza e distacco prende ora coscienza di una risorsa importante e viva della comunità locale», ha commentato Jean Pierre Piessou, responsabile del Ufficio immigrazione della Cisl. Una mostra, quella della Groszer, che presta il fianco a mille considerazioni. «Parliamo di persone, di lavoratori, di gente come noi, di veronesi a tutti gli effetti», ha sottolineato Caccia. «Certo, quando si parla di immigrati è facile pensare all’immagine inquietante del clandestino che per vivere delinque e dimora in un dormitorio abusivo. Immagini figlie di una cultura del pregiudizio che Caroline Groszer ha voluto sfatare. Tra loro ci sono tante brave persone, cittadini a Verona da anni, integrati, onesti e con tante qualità». L’assessore all’immigrazione e all’integrazione Tito Brunelli ha parlato tuttavia dell’integrazione come di un percorso ancora non facile. «Occasioni come questa fanno un gran bene alla città perché creano unione, avvicinano il prossimo a noi. Senza questi momenti, corriamo il rischio che si creino due percorsi sociali paralleli, che ciascun immigrato prosegua per la propria strada, continuando a sentirsi straniero anche qui in mezzo a noi». Alessandro Azzoni