il manifesto
27 Maggio 2008
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CULTURA

taglio basso
Voci ed equivoci sull'immigrazione
Per DeriveApprodi il «Lessico del razzismo democratico» di Giuseppe Faso
Cinzia Gubbini

È nato come una sorta di diario il Lessico del razzismo democratico pubblicato di recente da DeriveApprodi (pp. 140, euro 10): da anni infatti l'autore, Giuseppe Faso, cura una rubrica sulla rivista delle autonomie toscane «aut/aut», appunti che nascono dall'ascolto dei «rumori di fondo» quotidiani e che nel libro sono stati riorganizzati in ordine alfabetico. Ma la nuova tassonomia non fa perdere la freschezza dell'idea originaria: una pausa di riflessione nello scorrere quotidiano delle parole, la voce di un amico che ti chiede «ma hai sentito cosa hai detto?».
Perché le parole razziste che Faso mette sotto la lente di ingrandimento sono quelle che ciascuno di noi usa tutti i giorni per descrivere il mondo: ci sono termini come «legge» o «vendetta» insieme a quelli più direttamente riferiti all'immigrazione, da «mediatore» a «tolleranza zero», da «clandestino» a «sicurezza». E se lo spunto per riflettere sull'uso di quelle parole arriva sempre dal racconto - non di rado spassoso - di come insigni osservatori o la maestra di scuola o l'uomo in fila al supermercato abbiano parlato di un certo episodio che aveva come protagonista un immigrato o un' immigrata, Faso risale poi al vero significato del termine analizzato, alla sua origine e alla sua storia, svelandone gli incredibili slittamenti semantici (andate a guardare la parola «degrado»).
Si comprende così che la clava del linguaggio utilizzata contro gli immigrati nasconde un'altra malattia, più profonda, che colpisce gli gli autoctoni: la malattia della semplificazione, l'illusione che se «parliamo tutti uguale» ci capiamo meglio, che se evitiamo di fermarci a pensare siamo più al passo con i tempi che - è il caso di dirlo - corrono. Succede invece che piano piano cominciamo a perdere il contatto con cose e persone creando una metarealtà evanescente, e paurosa.
Per esempio, alla voce «cibo»: che c'è di male a organizzare una settimana di «cucina etnica» nelle scuole, come ha fatto con le migliori intenzioni una Asl toscana? Certo, per far partire il progetto ci sono voluti mesi, in cui di fatto si è combinato poco. Così quando il tempo stringe, si chiama una mediatrice culturale che in poco tempo deve buttare giù un progetto con la dietologa. Alle due donne, però, viene un dubbio: e se il couscous fosse poco «digeribile»? Sì, in effetti, meglio il riso, riso con pollo, ovviamente carne non halal, perché a questo non ha pensato nessuno. E quindi alla fine i bambini marocchini - quegli ingrati - non mangeranno il cibo cucinato per loro. Con effetti a catena strabilianti: maestre inviperite, che parlano male dei genitori marocchini pronti a rimpinzare i figli di cibi poco «digeribili», bambini che tornano a casa raccontando ai genitori che in Marocco si mangiano cose che fanno male, lettera firmata da un gruppo di insegnanti in cui si chiede che venga ripristinato nelle mense scolastiche in periodo di quaresima il digiuno del venerdì.
Ma Lessico del razzismo democratico è interessante anche sotto un altro aspetto: Faso vive in Toscana, uno dei territori «zoccolo duro» della sinistra. Qui come altrove le ultime elezioni hanno mostrato le prime crepe: gli elettori di sinistra migrano a destra. Gli appunti di Faso rappresentano una diagnosi credibile. Il problema è trovare la cura.

 
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