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il manifesto - 22 Giugno 2003 SOCIETĄ pagina 02
indice societĄ

pag.02

Non c'è cannone che tenga
CI. GU.
 
INTERVENTO
Lampedusa e le scelte del governo
 
Il triste orizzonte dopo Lampedusa
CINZIA GUBBINI
RACALMUTO
 

pag.06

Strage in Nigeria per l'esplosione di un oleodotto
R. SOC.
ABUJA
 
Oleodotti mortali in Nigeria. E altrove
 
VERCELLI, RIPARTE IL «TRENO NUCLEARE»
 
Missili «impazziti» e scorie nucleari, la Sardegna si ribella
UMBERTO COCCO
CAGLIARI
 
L'Europa e i parchi, matrimonio a molte incognite
ANNA CHIESURA
 

pag.07

Bologna l'antiproibizionista
SARA MENAFRA
BOLOGNA
 
DIRITTI UMANI
La tortura di Istanbul
ORSOLA CASAGRANDE
 
COOPERAZIONE
Una «casa» in Kurdistan
O.C.
 
IN BREVE
Milano gay
 
 

editoriale

INTERVENTO
Lampedusa e le scelte del governo
Non clandestini, ma donne e uomini con un nome, una storia, e una condizione di vita che vorrebbero cambiare, chi per l'insostenibilità delle «ragioni» della guerra, chi per l'insostenibilità delle «ragioni» economiche. Sono queste le persone che arrivano sulle coste di Lampedusa o muoiono prima di arrivarci. Li chiamano clandestini non per come arrivano, ma perché con la legge Bossi-Fini ogni migrante è comunque considerato un clandestino a tempo determinato. Di fronte ad essi, l'unica risposta che il governo è stato in grado di dare la si può leggere nel decreto approvato il 19 giugno: «Ove si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia». L'Italia è entrata nuovamente in guerra, e invece di interrogarsi sul perché di quegli arrivi e di quelle morti, fa diventare decreto legge le cannonate di Bossi, facendoci credere che Soriana e sua madre, le altre e gli altri insieme a loro, siano un'offesa e una minaccia di alta intensità. Offesa è, invece, che si consideri ancora «emergenza» una situazione che a Lampedusa si ripete ormai da anni. Un tratto di terra scelto dalle rotte del traffico dei migranti e diventato un concentrato di negazione della vita: un centro di permanenza, che tutta la stampa continua a chiamare di accoglienza e che in realtà è un inferno attraverso cui vengono fatti passare tutti coloro che arrivano; barche lasciate l'una sull'altra nel nuovo porticciolo dell'isola; file di donne e uomini in cammino verso il Centro di permanenza dopo lo sbarco, o in attesa di essere trasferiti altrove; profughi e rifugiati, o naufraghi, considerati bugiardi; un cimitero con tombe numerate; un fondo marino che è il vero cimitero dell'isola.

Accanto a questa vita, per poter negare la quale si decreta una guerra, la vita degli abitanti dell'isola, migliaia, che aspettano l'estate e l'arrivo dei turisti come fonte economica che varrà per tutto l'anno. Ci si stupisce che di fronte alla prospettiva di un vuoto turistico comincino a esprimere il loro malcontento in forme di ribellione? Ci si dovrebbe chiedere, invece, di fronte a chi e perché si ribellino. Se per una loro «innata avversione» ai migranti, o non piuttosto verso le politiche delle false emergenze, capaci di puntare i loro cannoni oltre che sui migranti anche sugli abitanti di Lampedusa.

Tavolo migranti dei Social forum


 
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