il manifesto - 31 Maggio 2003
EDITORIALE
Cpt, diritti negati
GIANFRANCO SCHIAVONE*
Gli episodi di violenza all'interno del cpt di Bologna di questi giorni devono riportare l'attenzione di tutti su quanto avviene quotidianamente nei centri di permanenza in tutta Italia, da Torino a Trapani, da Roma a Brindisi, da Lecce a Milano. Se le responsabilità delle violenze vanno ovviamente accertate caso per caso dalla magistratura, secondo il principio della responsabilità penale individuale, sarebbe cieco negare che quanto sta avvenendo non è iscrivibile ad eventi singoli, anche se gravi, bensì fa emergere un problema più generale che riguarda la struttura stessa dei centri di permanenza e il grave vulnus che essi rappresentano ad alcuni dei principi fondamentali del nostro ordinamento democratico. Dell'introduzione del principio della «detenzione amministrativa» e delle gravi conseguenze che esso determina nel modificare principi importanti del nostro ordinamento giuridico si è parlato molto, e giustamente. Meno si è discusso della gravità di altri aspetti già presenti nella Turco-Napolitano. La norma infatti non pone in equilibrio tra loro gli aspetti di controllo e quelli di tutela dei diritti inviolabili delle persone, ma è interamente sbilanciata sul versante della repressione; lo straniero trattenuto nei centri, da soggetto di diritti tende a divenire puro oggetto di interventi da parte dell'autorità. Il principio costituzionalmente inviolabile della difesa (art. 24 Cost) viene negato nella sua effettività da disposizioni procedurali che mirano ad impedire che lo straniero trattenuto possa organizzare un'efficace difesa; sul piano procedurale si pensi alla disparità di trattamento tra l'autorità che ha emesso il provvedimento, che può stare in giudizio personalmente, e lo straniero di cui si dispone soltanto che «venga sentito»; oppure al trasferimento dello straniero (deportazione?) anche a centinaia di chilometri lontano dal proprio domicilio, e alla conseguente difficoltà di poter godere, in tali condizioni, di una pronta assistenza legale.

Un aspetto particolarmente inquietante della norma (anche se tra i più sottaciuti) riguarda la vaghezza assoluta con la quale vengono definiti i diritti esercitabili da parte delle persone trattenute. La norma li accenna appena senza definirli affatto, rinviando tale aspetto a fonti di rango inferiore quali regolamenti, quando non decreti ministeriali o addirittura cangianti circolari. Il principio fondamentale della legge, che è sempre quella di tutelare i diritti inalienabili della persona umana, viene stravolto. La tutela dei diritti scivola verso il livello della benevola concessione discrezionale da parte della pubblica amministrazione, mentre le misure di contenimento e controllo rimangono «atti dovuti».

Le conseguenze di tale deriva sono estremamente pericolose. Va ricordato che i centri di permanenza temporanea furono aperti, all'inizio, tutti, senza che esistesse neppure un regolamento che definisse i criteri del trattenimento, e che solo dopo oltre un anno di autentico far west intervenne una cosiddetta «carta dei diritti e dei doveri delle persona trattenuta», emanata con semplice decreto ministeriale. Carta oggi puntualmente disattesa, divenuta nulla di più che carta straccia; né potrebbe essere diversamente per la violazione macroscopica di quei principi di equilibrio della norma, di cui in premessa.

Il fatto che centri di permanenza temporanea siano divenuti luoghi «speciali» nell'applicazione del diritto non è un'anomalia bensì una conseguenza coerente con la loro impostazione e la loro genesi. Di fronte a tale situazione dovremmo chiederci come è stato possibile che tanta parte della nostra cultura democratica e di sinistra non abbia lanciato per tempo grida di allarme su quanto stava avvenendo, ovvero come abbia potuto ideare norme così gravemente regressive e abbia isolato e respinto con tenacia le poche voci critiche. La questione non può essere letta solo sotto la lente, troppo semplice, dell'errore, ma ha radici più profonde che hanno a che fare con lo smarrimento, che ha investito tanta parte della sinistra, dei propri valori fondanti.

*servizio immigrazione e asilo Ics