il manifesto - 04 Marzo 2003
CHARTER
La moda italiana
Mai tanti voli collettivi come con Berlusconi Ma c'è chi teme che sollecitino i «rastrellamenti»
CINZIA GUBBINI
ROMA
I voli charter per il rimpatrio degli immigrati, modalità che configura - almeno teoricamente - l'espulsione collettiva vietata dalla Convenzione per i diritti dell'uomo, sono diventati di moda anche in Italia. Costano di meno, necessitano di scorte di polizia meno numerose, e oltretutto si evitano problemi con i piloti degli aerei di linea i quali, in caso di problemi (proteste da parte dell'immigrato, o magari dei passeggeri), possono rifiutarsi di far partire il volo per motivi di sicurezza. Nel 2002 sono stati 26 i voli charter organizzati dal governo italiano, più di due al mese, per un totale di 2.294 immigrati espulsi in questo modo. Rispetto al 2001 la crescita è stata quasi del 100%, considerando che nel 2001 ne erano stati utilizzati solo 4. Mete privilegiate i paesi più lontani, ma anche più problematici: charter sono stati organizzati verso la Nigeria (soprattutto donne) e verso lo Sri Lanka. Quotati anche Romania, Egitto e Albania. La compagnia più usata è l'Alitalia. Per «noleggiare» un volo charter è necessario mettere insieme una media di 70 persone, ovviamente della stessa nazionalità. Anche l'Italia, come è accaduto ieri in Francia, può vantare il fiore all'occhiello di un esperimento «europeo», anzi, il primo del genere. Accadde il 20 novembre scorso quando un charter noleggiato in tandem dal governo tedesco e da quello italiano partì da Stoccarda con a bordo 20 nigeriani e fece scalo a Roma, dove imbarcò 24 donne nigeriane, per poi ripartire verso Lagos. Altro utilizzo «innovativo» quello in collaborazione con il governo egiziano che, in base a un accordo con l'Italia firmato il 28 ottobre scorso, rimaptriò 151 cingalesi fermati nel canale di Suez e diretti «inequivocabilmente» verso le nostre coste. Non sapremo mai, ovviamente, se tra di loro c'era qualche tamil.

Ma c'è di più. La maggior parte dei charter, infatti, è stata noleggiata nell'ambito dell'«Operazione vie libere», un'azione di polizia mirata a individuare prioritariamente spacciatori e prostitute, che ha portato a svariati arresti, ma soprattutto a molti rimpatri di immigrati illegali. A farne le spese, soprattutto all'inizio, furono le donne nigeriane rintracciate durante i controlli sulle prostitute. Per loro, come allora denunciò l'avvocato genovese Laura Tartarini, fu impossibile contattare un legale e furono imbarcate con la forza senza alcuna autorizzazione da parte del giudice. Quando ci sono operazioni di «largo raggio», come nel caso di «Vie libere», si accorciano i tempi per l'espulsione, gli aerei sono noleggiati in anticipo, e a quel punto vanno pur riempiti in qualche modo. E' questo il principale timore degli avvocati e delle associazioni che si battono per i diritti dei migranti: che l'utilizzo di charter, cioè, si trasformi in un imput per «rastrellare» al momento giusto persone di una certa nazionalità, senza garantire la necessaria tutela. «Si tratta di una modalità di espulsione gravissima - osserva Dino Frisullo di Senzaconfine - è come se si decidesse di arrestare un giorno solo gli spacciatori, l'altro solo i truffatori. E oltretutto i charter sono organizzati verso paesi problematici, nei confronti dei quali espulsioni più soft sono difficili».