il manifesto - 02 Marzo 2003
EUROPA
Castelli di razza
Coro di critiche contro il ministro Il suo veto ha bloccato le leggi anti xenofobia
SA. M.
Non ci sta il ministro Castelli ad essere accusato di razzismo per aver bloccato con il proprio «no» di venerdì scorso il pacchetto destinato ad armonizzare in Europa le norme e le sanzioni in materia di lotta al razzismo e alla xenofobia. E a chi punta il dito contro di lui risponde: «In Europa tira una brutta aria, i nazisti rossi cercano in tutti i modi di negare ai cittadini la libertà di esprimere le proprie opinioni. Ma la Lega si oppone e si opporrà sempre a questi tentativi. Non vogliamo più rivedere i roghi dei libri in piazza». Lasciato solo dal raggelante silenzio dei suoi alleati di governo a fonteggiare gli attacchi di tutta l'opposizione e dei rappresentanti europei presenti alla riunione - che si sono detti sconcertati per la presa di posizione italiana - il guardasigilli rivendica il voto contrario alle norme antirazzismo proposte dalla Grecia, anche se già venerdì scorso aveva smentito il merito delle dichiarazioni fatte durante la riunione di Bruxelles e messe a verbale. Ai giornalisti che gli chiedevano spiegazioni aveva fatto solo qualche dichiarazione di «perplessità generica» senza aggiungere che ai rappresentanti europei aveva specificato che secondo lui le norme antirazzismo avrebbero potuto essere utilizzate come armi «contro gli avversari politici». L'unico a schierarsi dalla sua parte è stato Gaetano Pecorella, presidente della commissione giustizia, che ha spiegato come la maggioranza stia pensando di rivedere totalmente i reati di opinione in Italia e che quindi non avrebbe senso pensare di depenalizzarne alcuni se poi si aderisce a una convenzione europea che potrebbe irrigidire le sanzioni.

Per il resto ieri è stato il giorno delle dichiarazioni sconcertate di tutta l'opposizione, da Angela Finocchiaro dei Ds che ha parlato di «vergogna assoluta» a Di Pietro che ha sottolineato l'«ennesima figuraccia» seguiti a ruota da Giuspeppe Fioroni della Margherita e Giovanni Russo Spena di Rifondazione. «Un paese democratico non può avere come ministro della giustizia chi usa l'insulto quale strumento di lotta politica» ha concluso Giuliano Pisapia, deputato indipendente di Rifondazione comunista.