il manifesto - 21 Gennaio 2003
Ma chi lasciò i trenta kurdi ad annegare?
Disperate le ricerche dei 23 dispersi del naufragio avvenuto domenica al largo di S. Maria di Leuca. Interrogativi sulle responsabilità della Grecia. Preso uno degli scafisti
ORNELLA BELLUCCI
LECCE
Sei i morti, sei i salvati, 23 i dispersi. Quasi nulle le speranze di ritrovarli. Tra i «salvati», si è scoperto ieri, anche uno degli scafisti greci (l'altro, invece, risulta essere tra i dispersi) che si sarebbero dati, secondo i racconti dei sopravvissuti, il cambio con altri due scafisti turchi durante l'operazione di trasbordo dalla «nave madre» al gommone. Sono questi i numeri del naufragio dell'ennesimo gommone «clandestino» restituito la notte scorsa dal Canale d'Otranto, gola insidiosa per le carrette che ogni giorno prendono il largo verso l'Italia. Colme di disperati alla ricerca della propria «Europa». Jafil ha 20 anni, sino all'altra notte era uno delle migliaia di stranieri che inseguono il miraggio di una vita migliore; oggi, se il mare - come si teme - non dovesse dare altre risposte, è uno dei soli 6 sopravvissuti. Come gli altri, tutti curdi iracheni (anche i morti e i dispersi), tutti giovanissimi, è stato prima ricoverato all'ospedale di Tricase, e poi trasferito al centro Tonino Bello di Otranto. Come gli altri, per essere identificato. Le loro condizioni di salute non sono preoccupanti. «Abbiamo riscontrato un principio di assideramento», ha spiegato Pierangelo Errico, direttore sanitario dell'ospedale. «Per uno di loro, con problemi di motilità agli arti inferiori, la diagnosi è ancora aperta». Sopravissuti a un viaggio di giorni, hanno raccontato di essere partiti in 35 dal porto di Smirne su uno scafo che avrebbe subito incontrato difficoltà. Una tragedia per tappe condotta in prima battuta da scafisti turchi, poi da due greci, uno dei quali, Lions Panaiotis, 28 anni, è stato arrestato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. L'altro scafista invece è tra i dispersi. Il cambio se lo sarebbero dato durante il trasbordo dei profughi dal gommone in avaria all'altro, giovedì scorso a largo delle acque greche. «Probabilmente alcuni sono morti durante la traversata - spiega Valeria Mignone, sostituto procuratore del Tribunale di Lecce - I sopravvissuti sono certi che alcuni di loro siano caduti in mare mentre dormivano». Le ricerche della marina militare e della capitaneria di porto continuano, almeno per le 8 persone che i superstiti raccontano esser state sbalzate in acqua dalle onde al momento del secondo naufragio, a una trentina di miglia da Leuca.

Il gommone su cui si trovavano le vittime e i superstiti, soccorso dalla nave russa Brother four, è stato recuperato a 19 miglia a sud di Leuca. Lì sono concentrate le ricerche della nave Granatiere della marina, di un aereo inviato dalla capitaneria di porto di Catania, e di 4 motovedette delle capitanerie di Gallipoli ed Otranto. Ma a chi piange perché nel naufragio ha perso amici o parenti non interessa sapere di chi sia la colpa, a loro non importa quali mafiosi abbiano pagato per la traversata. Il governo italiano due parole le spende, attraverso il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano: «Questo natante risulta esser passato per le acque territoriali greche. Ci chiediamo perché non sia intervenuto lì il soccorso». Sullo sfondo della tragedia c'è il cambiamento delle rotte: le pratiche di respingimento rendono sempre più pericolosi e costosi le traversate dei migranti. «Se prima le isole greche erano un importante snodo verso l'Europa, ora il governo ellenico ha deciso di respingere al largo le navi dei "clandestini". Comunque, il governo italiano non può tirarsi fuori», ha commentato Dino Frisullo, di Senzaconfine.

Per i superstiti, ora, la strada è viziata. «I curdi hanno resistenza a fare richiesta di asilo», spiega Donatella Tanzariello, legale del Cir di Otranto. «Vogliono raggiungere i parenti, per lo più in Germania, e pensano che rinunciando alla richiesta la cosa diventi più semplice. Sono i trafficanti a dar loro quest'indicazione». Diversamente sarebbero trasferiti al centro d'identificazione Lorizzonte di Squinzano in attesa di un permesso di soggiorno. E quanto resta della macchina che un tempo in Salento fu dell'accoglienza, comunque si è messo in moto. Specie all'interno del centro Tonino Bello, dove si trovano i superstiti. A dar fiato alle persone trattenute l'associazione Agimi, i cui volontari da anni garantiscono loro assistenza sanitaria. Ma stavolta, spiegano, non hanno ancora avuto modo d'incontrare i superstiti.