il manifesto - 15 Gennaio 2003
L'impresa in nero
Un'azienda su due occupa lavoratori non in regola La Cgil accusa il governo
Accade nel Nord Si fingono agenzie interinali, offrono prezzi stracciati e intascano i contributi. Nel Sud più diffuse le imprese `fantasma'

ANTONIO SCIOTTO
Un'azienda su due impiega lavoratori in nero. Minorenni, immigrati non in regola, studenti, ma anche pensionati, disoccupati e cassintegrati. E' l'Italia del «lavoretto» che solo poche settimane fa Silvio Berlusconi consigliava ai licenziandi Fiat. Il quadro dello sfruttamento e degli abusi - ugualmente presenti nel Sud come nel Nord del paese - emerge dal rapporto annuale dei carabinieri dell'ispettorato del lavoro: 21.431 le aziende ispezionate, ben 11.859 con lavoratori in nero (ovvero il 55%), 120 milioni i contributi evasi che sono stati recuperati. E un nuovo fenomeno, le «cooperative in nero». Imprese criminali camuffate da agenzie di lavoro interinale: gestite spesso da stranieri, offrono lavoratori a prezzi stracciati e intascano i contributi previdenziali al posto dello Stato. I settori più colpiti sono l'agricoltura, i servizi, le industrie manifatturiere. Nel Nord sono diffusi i co.co.co. e le associazioni in partecipazione fittizie, o forme di lavoro subordinato dichiarato come autonomo: doppio lavoro, attività saltuaria, occultamento di ore lavorative per mezzo dei «fuori busta». Nel Sud sono diffusi impieghi di carattere continuativo mai registrati, in aziende a loro volta «fantasma». Fenomeni talmente presenti e dilaganti, soprattutto nelle piccole e medie imprese, che gli stessi carabinieri non esitano a definirli ormai come «elemento strutturale dell'economia italiana».

L'attività ispettiva ha portato all'arresto di 39 persone, mentre oltre 6 mila sono state denunciate a piede libero. Sono stati trovati oltre 1400 minori occupati illecitamente, la maggior parte nel commercio e nell'artigianato: sono così partite 874 denunce, in alcuni casi nei confronti degli stessi genitori. Altro tasto dolente, quello dei lavoratori immigrati: su 12.350, il 26% è risultato irregolare (oltre 3 mila) e il 19% non in regola con il permesso di soggiorno (oltre 2 mila). Alla magistratura sono anche stati denunciati 520 «caporali» (intermediatori di manodopera), mentre ben il 63% dei collaboratori domestici oggetto di ispezioni è risultato in nero. Ventisette cantieri edili sono stati sequestrati perché «gravemente pericolosi per l'incolumità degli operai».

La Cgil punta il dito contro il governo: «I dati sono chiari - dice Claudio Treves, coordinatore dipartimento politiche attive del lavoro del sindacato di Corso d'Italia - Parlano del fallimento dei provvedimenti di emersione targati Tremonti: evidentemente non vengono giudicati, come l'esecutivo sperava, convenienti da parte degli imprenditori. E dunque le aziende continuano a impiegare in nero».

Quali le soluzioni? «Quella proposta dal governo - spiega Treves - è scritta nelle deleghe sul mercato del lavoro: contratti a chiamata, leasing di manodopera, lavoro intermittente. Senza più vincoli che ingessano il mercato, è la teoria del libro bianco, gli imprenditori sono più invogliati a fare i contratti. Si omette di dire che questa ricetta viene tutta pagata dai lavoratori, che vedono cancellati i loro diritti». La soluzione proposta dalla Cgil «consiste nei controlli e nella repressione, che non devono mai venire meno, ma anche in strumenti come i contratti di riallineamento, lanciati nel 1996 e abbandonati da Berlusconi. Nel tessile, ad esempio, hanno permesso l'emersione di 20 mila lavoratori». I sindacati, in cambio dell'emersione, firmano per un graduale adeguamento dei salari alla paga contrattuale (la parte normativa, invece, si applica immediatamente). L'imprenditore viene spinto a regolarizzare dagli sgravi contributivi e fiscali, e dal fatto che le penali vengono sospese per tutta la durata del riallineamento, venendo definitivamente cancellate soltanto quando si raggiunge la paga contrattuale.