il manifesto - 24 Agosto 2002
Una chiesa per casa
Cacciati a forza dalle case popolari in cui vivevano, dieci famiglie marocchine con 18 bambini occupano la cattedrale di Treviso. Le abitazioni sono state abbattute con le ruspe. E la Lega festeggia in piazza la sua «vittoria»
MICHELA SANTI
TREVISO
Accampati sotto le arcate del Duomo di Treviso. Dieci famiglie marocchine senza casa, con 18 minori, e una donna incinta al nono mese, si sono rifugiate nella cattedrale: senza vestiti, hanno dormito per terra sulle gradinate di marmo, riparandosi solo con qualche coperta. Sono l'ultimo, clamoroso caso di sgombero di massa, attuato a Treviso, nel silenzio-assenso dell'amministrazione leghista del comune. Le case popolari dove vivevano da alcuni anni, di proprietà dell'Ater (Azienda territoriale edilizia residenziale), sono state sgomberate a forza e abbattute giovedì mattina con un blitz che ha coinvolto quasi un esercito: 100 poliziotti, 30 carabinieri e 20 vigili urbani. L'intervento è stato richiesto dallo stesso ente proprietario preposto all'edilizia popolare. Le famiglie sono state buttate letteralmente sulla strada, senza avere il tempo nemmeno di raccogliere tutte le loro cose, i vestiti, le masserizie, le stoviglie. Bimbi di due, tre anni in lacrime, una donna incinta vicina al parto caricata a forza in ambulanza, madri rientrate in fretta e furia dal lavoro. Lo sgombero era annunciato da tempo, perché le casette di Borgo Venezia erano occupate abusivamente da alcuni anni, ma nessuno, si è preoccupato di trovare a queste famiglie un posto alternativo. Il comune, che pure aveva concesso loro la residenza in Borgo Venezia, ha scelto, ancora una volta, di lavarsene le mani. L'odissea è iniziata giovedì alle 9 del mattino e ancora continua. Dalle macerie delle loro case le donne, i bambini, i mariti hanno camminato, con la solidarietà dei no-global del gruppo M21, fin sotto la prefettura in piazza dei Signori. Ma il viceprefetto non ha voluto concedere loro udienza. Allora, disperati senza cibo e senza un posto dove posarsi, hanno scelto il Duomo cittadino per trovare ristoro e soprattutto per ottenere ascolto. Solo allora sono diventati visibili alle istituzioni. Il parroco li ha convinti a sedersi fuori della chiesa, sotto le arcate, e il vescovo Paolo Magnani ha offerto loro una sistemazione provvisoria in albergo per le donne i bambini. Ma le famiglie hanno scelto, almeno per la prima notte, di restare lì, unite e ferme nella protesta. Non hanno voluto nascondersi neppure quando il consigliere comunale leghista Pierantonio Fanton, componente del consiglio di amministrazione dell'Ater, si è presentato in piazza per esprimere a gesti la sua "vittoria". Già indagato per istigazione all'odio razziale (aveva definito «animali» alcune famiglie nomadi da molti anni residenti in un quartiere della periferia), anche questa volta Fanton non ha trattenuto il suo disprezzo, incurante dei bambini e del fatto che tutti i padri di famiglia lavorano regolarmente in aziende della città o dell'hinterland. C'è chi durante la mattinata di sgomberi, lo ha visto brindare nei bar vicini a Borgo Venezia, congratulandosi per l'azione di forza. «E' una merda, chi ha brindato su questa tragedia, deve essere richiamato da tutta la città» - ha detto ieri pomeriggio il consigliere regionale Gianfranco Bettin, intervenuto in conferenza stampa sotto le arcate del duomo. «Non è una novità che il Comune del sindaco Giacarlo Gentilini, permetta di mettere sulla strada gli immigrati, ma questa volta ha superato il segno. Qui ci sono neonati e donne incinte».

Da due giorni donne, uomini e bambini non fanno un bagno e non si cambiano. I loro vestiti sono stati caricati con tutte le masserizie nei camion container che li hanno portati in un magazzino sconosciuto. «Di notte è molto freddo - dice Mustapha, 10 anni, secondogenito dei quattro figli della famiglia Raghi-, ma io sto qui finché non mi restituiranno una casa vera. Il 9 settembre comincerò la scuola, sono iscritto alla quinta elementare alle Tommaseo, spero non siano molto lontane dal Duomo, così potrò rivedere i miei compagni». Poche le promesse del vertice convocato ieri in prefettura su pressione del Coordinamento Fratelli d'Italia e della Curia. Da domani donne e bambini andranno in albergo. Gli uomini continueranno il presidio finché non otterranno una casa.