il manifesto - 20 Agosto 2002
Migranti, Sicilia in tilt
Continuano gli sbarchi nell'isola, ma i centri di permanenza sono pieni. Oltre che inutili
Nuovi arrivi Centocinquantuno persone sono sbarcate ieri nell'isola. Si tratta di 132 uomini, 14 donne e 16 bambini. Oggi verranno trasferiti a Crotone

CINZIA GUBBINI
Centocinquantuno è l'ultimo numero che ieri è andato a ingrossare la cosiddetta (e l'ennesima) «emergenza Sicilia»: centocinquantuno immigrati recuperati ieri mattina al largo di Porto Palo dalla Guardia di finanza e dal motopesca della marineria di zona «Ciro». La carretta del mare che li trasportava, infatti, lunga non più di dodici metri, stava imbarcando acqua, e le Fiamme gialle hanno recuperato gli immigrati quando ancora erano in acque internazionali. Immediatamente trasportati a Pozzallo, nel ragusano, sono stati ospitati in una palestra per le prime procedure di identificazione. Si tratta di 14 donne e 16 bambini, 123 gli uomini, tutti - assicurano i sanitari - in buone condizioni di salute. Da un primo accertamento pare che la maggior parte provenga dal nord Africa, ma ci sono anche alcuni kurdi. Questa mattina verranno traferiti a Crotone. Nei vari centri di permanenza disseminati per la Sicilia, infatti, non ci sono più posti, e la tecnica di «stipare» persone anche laddove lo spazio non lo consente, non è più una soluzione. E pensare che la Sicilia, insieme alla Puglia, è la regione italiana con il più alto numero di cpt e di quegli ambigui «centri di smistamento» a cavallo tra un centro di permanenza e un semplice centro di accoglienza.

Riflettori su Lampedusa

E proprio uno di questi centri - quello dell'isola di Lampedusa, di cui non è chiara la natura giuridica - è stato domenica al centro di una vicenda paradossale. Il campo, che può ospitare un centinaio di persone, era arrivato a contenerne più di 400, tant'è che sono dovuti intervenire gli aerei militari per trasportare 250 persone a Trapani e «decongestionare» il centro. Altre 97 venivano invece trasportate con un traghetto verso Agrigento. Quando i duecentocinquanta sono arrivati a Trapani, però, soltanto 110 sono stati lasciati andare con in tasca un cosiddetto «foglio di via», cioè l'intimazione a lasciare il territorio italiano entro 15 giorni. Gli altri, invece, sono stati rimessi su un pullman e trasportati verso Agrigento. Che fine abbiano fatto non è facile capirlo, molti di loro sono stati trasferiti a Crotone, altri - informa la prefettura di Agrigento - «probabilmente in altri centri della Calabria e in Puglia. In genere la procedura è questa». Tra di loro ci dovrebbero essere anche eritrei e sudanesi, per i quali sarebbe possibile fare richiesta di asilo politico. Miglior sorte per i 110 scaricati alla stazione. Visto il momento di «piena», infatti, sono riusciti ad avere un foglio di via che ovviamente li rende «clandestini» entro quindici giorni, ma li salva da un'espulsione immediata e dall'affrontare un ennesimo viaggio verso l'Italia confidando in una migliore fortuna. La scena che si sono trovati di fronte domenica sera gli attivisti del Coordinamento per la pace di Trapani, però, non è stata per nulla piacevole: «Queste persone sono state lasciate senza una lira in tasca, senza acqua, senza aver mangiato», racconta Valeria Bertolino. Per fortuna, è scattata la solita catena di solidarietà: il barista ha dato un po' d'acqua, con il sempre efficace metodo della colletta sono state comprate schede telefoniche e sigarette. «Impossibile trovare il questore fino a sera», continua Bertolino. Solo alle 20 è arrivato alla stazione il viceqeuestore, che si è dato da fare sottoscrivendo 20 euro di colletta per pagare i biglietti del treno. Cinquanta persone sono partite la sera stessa, alcuni alla volta di Palermo, altri verso Vittoria, zona agricola prosperosa dove si può trovare qualche lavoro. Al nero, ovviamente.

Scoppia la polemica

«La situazione in Sicilia è drammatica e il governo latita - ha dichiarato ieri Graziella Mascia, deputata di Rifondazione, che per tutto il pomeriggio di domenica è stata attaccata al telefono per cercare di parlare con il sottosegretario agli interni Mantovano, trovandolo solo in serata. «Il sottosegretario non è stato neanche in grado di dirmi dove fossero finite le altre cento persone che dovevano esser smistate in qualche centro di accoglienza. E'facile fare propaganda». L'ex ministro per gli Affari sociali Livia Turco, Ds ha sottolineato: «L'aumento degli sbarchi di clandestini è una conseguenza di una politica di governo che non è ruscito a stipulare gli accordi bilaterali con i paesi da cui provengono i flussi migratori, ha bloccato i flussi regolari, non ha allestito alcun centro di accoglienza». Mentre Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, ha chiesto l'«abrogazione» della Bossi-Fini. Ma gli esponenti dei movimenti laici e cattolici che da anni si occupano di immigrazione, tornano a denunciare l'insostenibilità di una politica basata su restrizioni e segregazioni, a partire proprio dai centri di permanenza istituiti dalla Turco-Napolitano: «La situazione dei centri è ormai totalmente fuori controllo, mancano gli interpreti, non vengono fornite informazioni sull'asilo politico, le condizioni igienico sanitarie sono pessime - ricorda l'avvocato siciliano Fulvio Vassallo Paleologo - e la natura totalmente vessatoria di queste strutture viene dimostrata dal fatto che più della metà delle persone rinchiuse non viene espulsa, ma "clandestinizzata" attraverso il rilascio del "foglio di via"». E con la Bossi-Fini la situazione è destinata a peggiorare, visto che la permanenza nei centri passa da 30 a 60 giorni.