il manifesto - 20 Agosto 2002
LAMPEDUSA
Un centro di emergenza permanente
FEDERICA SOSSI
Federica Sossi è una ricercatrice dell'Università di Bergamo. Quello che segue è il racconto di una sua visita compiuta il 1 agosto scorso al centro di Lampedusa.

Si sta cercando di farla passare come una situazione straordinaria e di emergenza. In realtà, questo straordinario dura da alcuni mesi, dal gennaio di quest'anno, per la precisione, e nessuno fa qualcosa per l'emergenza. La notte tra venerdì e sabato al centro di prima accoglienza di Lampedusa c'erano circa 500 persone, sbarcate nei giorni scorsi quando il mare si è fatto più calmo. Nei giorni precendenti, si erano verificati casi di scabbia e un giornale siciliano, dandone la notizia, faceva due ipotesi: le condizioni del viaggio, o le condizioni del centro. Certo, anche le condizioni in cui viaggiano i migranti per arrivare in Italia, o meglio, in questo tratto di terra di venti chilometri quadrati, non sono certo quelle che conosciamo noi turisti, eppure nessuno sta descrivendo che cosa trovano ad accoglierli. Sembrerebbe ignoranza e cattiva volontà. In parte lo è, in parte no, perché il centro di prima accoglienza è ermeticamente chiuso all'esterno, e già a luglio quando a una delegazione che doveva accompagnare i due parlamentari di Rifondazione comunista che hanno effettuato la visita del centro il primo agosto era stato negato l'ingresso, la motivazione addotta dalla prefettura di Agrigento era l'emergenza. Emergenza a giugno, quando io avevo inoltrato la domanda d'entrarci, emergenza a luglio, emergenza ora. Comunque, per un disguido tra i due marescialli presenti al centro, ho fatto parte della delegazione che il primo agosto ci è entrata. Provo a descrivere che cosa ho visto. Dormitori, ovunque, ovunque materassi di gommapiuma, cinque tende provvisorie che provvisoriamente stanno lì da alcuni mesi, nelle tende materassi di gommapiuma l'uno accanto all'altro, di modo che, la notte, nel caso in cui qualcuno volesse accedere al locale del bagno dovrebbe passare sul corpo dei propri compagni, quindici o venti, prima di raggiungere l'uscita. Il locale del bagno. Lo si può chiamare così? L'ho solo intravisto, gli escrementi e l'odore erano talmente debordanti da far arretrare chiunque. Quel giorno c'era l'acqua, ma funzionavano soltanto due bagni, e quel giorno al centro c'erano 197 persone, tutti uomini e due minori. Quel giorno c'era l'acqua, ma dai documenti consultati al comune di Lampedusa si è capito velocemente perché: la visita dei parlamentari era stata annunciata e dal centro erano partiti i fax che chiedevano urgentemente (di nuovo l'urgenza..) l'invio di un'autobotte per far trovare l'acqua ai parlamentari. Chi non è stato a Lampedusa scrive e dice che questa è la condizione dell'isola, ma non è vero, perché per una preveggenza della natura qui l'acqua non manca, chi vuole lavarsi può farlo a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza alcuna limitazione. L'unico luogo in cui manca da più di un mese e mezzo è proprio quel centro dove ora c'è la scabbia. E' anche questa non è un'emergenza. Sussurrando, il medico di turno ci aveva detto d'aver inviato un'infinità di fax alla prefettura di Agrigento per declinare ogni responsabilità nel caso di epidemia. Nei giorni successivi alla nostra visita, un detenuto era già stato portato all'ospedale con un sospetto di tifo. Il cibo? Quel giorno la scelta tra due primi, nei giorni precedenti e nei giorni successivi panini con il tonno a pranzo, panini con il tonno a cena, panini con il tonno il giorno dopo, panini con il tonno il giorno prima. Il cibo diverso, l'acqua che improvvisamente appare, per scomparire altrettanto improvvisamente il giorno dopo, i detenuti in fila ad aspettare il pasto, silenziosi e ordinati; nonostante i tentativi di mascherare, nulla in realtà poteva essere mascherato: la condizione ordinaria del luogo era troppo devastante per poter non essere vista durante quella visita straordinaria. Di straordinario, infatti, il centro di Lampedusa ha conosciuto quell'unico evento: due parlamentari e altre tre persone che per circa due ore si sono aggirate tra quei gironi infernali. Poi l'ordinario è tornato, ineludibile come prima. Nuovi arrivi, nuovi sbarchi e né acqua, né sapone, solo un rapido "lavaggio a secco", come uno dei responsabili ci ha suggerito, per evitare la scabbia. In questo strano posto che è l'isola di Lampedusa, una zolla di terra a cento miglia dalla Sicilia, dimenticata dall'ombra ma non dai turisti e dagli immigrati, non solo rispetto alla condizione giuridica, come nel caso di tutti gli altri centri di permanenza e di accoglienza, ma anche rispetto alla condizione materiale delle persone che vi sono detenute sembra che le istituzioni si ispirino a un non lontano passato. Inevitabile, ora compare anche l'epidemia. Certo, nessuno si metterà a parlare di sostanze chimiche, ma nessuno dice nemmeno dove saranno "ospitate" alcune delle trecentocinquanta persone che sono state evacuate dal campo di Lampedusa.