La vergogna australiana
Una commissione Onu condanna il governo di Camberra per la gestione dei
centri di detenzione degli immigrati e denuncia violazioni di diritti
umani e sopraffazioni nei confronti dei bambini figli di quanti chiedono
asilo
FRANCESCA CIVILI MASSIMILIANO CIVILI HEIDI GLEDHILL
E venne il giorno in cui un rapporto di un giudice indiano in pensione
sulla condizione degli asylum seekers in Australia fece arrabbiare Canberra.
L'antefatto: lo scorso maggio una commissione investigativa delle nazioni
unite fu inviata in Australia dall'uscente alto commissario per i diritti
umani Mary Robinson. Si trattava di mantenere fede a una vecchia promessa:
la Robinson, sin dai tempi della conferenza mondiale contro il razzismo
di Durban, svoltasi proprio mentre si consumava la triste vicenda dei
clandestini della Tampa, aveva minacciato il governo Howard, da più parti
definito come assolutamente irrispettoso dei trattati internazionali sui
diritti umani, di mandare un'ispezione Onu che verificasse le condizioni
di vita nei centri di detenzione. Poi all'inizio di quest'anno, una petizione
firmata da piu' di seicento rifugiati detenuti in Australia fu recapitata
al Palazzo di Vetro di New York. Mary Robinson, fatta fuori qualche giorno
fa in favore del più malleabile (e controllabile) brasiliano Sergio Vieira
de Mello in seguito alle forti pressioni non solo degli Stati uniti ma
di altri paesi intimamente addentellati con l'amministrazione Bush, fra
i quali anche l'Australia, mantenne la sua promessa: un paio di mesi fa
autorizzò l'ex-giudice Prafullachandra Baghwati e una commissione di esperti
di diritti umani a visitare per conto delle nazioni unite i centri di
detenzione degli stati del Victoria, New South Wales e South Australia.
La scorsa settimana è stato pubblicato il rapporto relativo a quella visita:
la commissione non ha esitato a definire la detenzione obbligatoria dei
clandestini come una «grande tragedia umana». L'ex-giudice Baghwati ha
denunciato di aver provato «un devastante senso d'angoscia davanti al
trattamento inumano e degradante riservato ai detenuti» e in particolare
ha sottolineato «l'assoluta necessità di intervenire a difesa della salute
psichica dei bambini, privati di un ambiente che favorisca un dignitoso
sviluppo intellettivo e in molti casidell'affetto di uno dei genitori».
Piu' in generale nella relazione della commissione sono state evidenziate:-
l'eccessiva lunghezza dei periodi detentivi (in molti casi non meno due
anni) e l'uso della separazione dei nuclei familiari come deterrente percoloro
che avessero intenzione di espatriare «irregolarmente» in Australia; -
l'impossibilità di ricorrere a un riesame giudiziale, quando sia negato
asilo politico sulla base di valutazioni errate o approssimative;- la
mancanza di trasparenza nelle procedure d'assegnazione dei visti e l'impossibilità
di individuare gli uffici responsabili delle decisionisull'accoglimento
o meno delle richieste d'asilo.- la consuetudine di non informare i detenuti
dei loro diritti legali. La reazione del governo australiano non si è
fatta attendere: il ministro dell'immigrazione Ruddock ha definito il
rapporto di Baghwati «soggettivo e dettato unicamente dall'emotività»
e ha negato che il sistema detentivo in vigore infranga qualsiasi trattato
internazionale sui diritti umani. Ruddock ha, anzi, accusato le nazioni
unite di essere ormai un organismo poco credibile. E riguardo alla prospettiva
di lasciare liberi almeno i bambini e le rispettive famiglie in attesa
dell'accertamento del loro status di rifugiati ha aggiunto: «Se le loro
richieste d'asilo fossero respinte sarebbe poi troppo dispendioso riuscire
a rintracciarli e rimpatriarli e alla fine saremmo invasi da clandestini
e migliaia di presunti figli». Il premier Howard invece ha preferito sottolineare
per l'ennesima volta la bontà della «pacific solution»: da circa un anno
i clandestini del Tampa e delle altre imbarcazioni transitate dall'Indonesia
sono reclusi sulle isolette del Pacifico di Manus e Nauru. Non una parola
da parte del premier sulla vergognosa vicenda dei «children overboard»:
la commissione senatoriale incaricata di indagare sulle menzogne del governo
(che per denigrare ulteriormente i clandestini dichiarò che essi gettarono
i propri bambini in acqua per costringere la marina a salvarli e forzare
il loroaccesso in Australia) ha concluso con un «big fat nothing». Zero.
Con la benedizione dell'opposizione laburista che non ha alzato un dito
affinché le indagini proseguissero. Intanto non accennano a fermarsi i
disordini nel centro di Woomera, dove il più piccolo dei Bakhtiari, uno
dei bambini afgani fuggiti e riacciuffati, ha subito dei maltrattamenti
da parte di un agente di custodia.
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