il manifesto - 06 Luglio 2002
Migranti sugli schermi di Forlì
«Il vento di Settembre» di Seiler
SILVANA SILVESTRI

Stasera a Forlì alla festa dell'Unità in occasione della festa nazionale dei migranti sarà proiettato un film documentario di lungometraggio di un classico del cinema svizzero, Alexander J. Seiler Il vento di Settembre, storie di migranti, un lavoro di ricognizione e di analisi sull'emigrazione di ritorno, ovvero come l'hanno vissuta alcune persone che oggi sono tornate ad Acquarica del Capo (Lecce) un paese dell'interno del sud del Salento. Presentato recentemente al festival Cinéma du réel di Nyon, prodotto senza aspettare le sovvenzioni locali (ricordiamo i registi del giovane cinema tedesco come Wenders, quando ci dicevano che con le nostre sovvenzioni al cinema loro ci pagavano solo il caffè), è un serio lavoro sullo sradicamento, i problemi e le aspettative mancate di tutta una generazione di persone ormai di una certa età. Le case costruite con dovizia di materiali che si possono vedere in tanti paesi della Puglia sono state costruite con tanti anni di lavoro fuori dall'Italia. Sono quasi sempre case sproporzionate per volume rispetto a quanti le abitano: il fatto è che sono state costruite anche per figli e nipoti che spesso hanno preferito rimanere nel nord dell'Europa dove ormai hanno messo le loro radici. I personaggi scelti sono stati seguiti già sul treno che li riportava da Zurigo ad Acquarica. Ma c'è un altro elemento in più di interesse: infatti Seiler nel '64 aveva realizzato un altro coraggioso documentario Siamo italiani dove si raccontava l'indegno trattamento degli italiani in Svizzera, i loro problemi con gli alloggi e la polizia. Allora quegli stessi personaggi erano ripresi intorno alle loro tavole, con i figli piccolini e grandi problemi da risolvere. Ora i bambini sono tutti più o meno quarantenni. Il bambino Luigi che allora aveva tre anni diventato un chitarrista classico a Basilea, ora dà lezioni private e vive con la moglie tedesca, il bambino Umberto è diventato un manager di un'azienda del sud. Altri bambini di quel lontano documentario hanno invece deciso di rimanere all'estero, chi maestra di aerobica chi in fabbrica. Mentre il primo documentario mostrava la discriminazione sociale e materiale, questo secondo racconta di storie economicamente molto meno precarie, ma non meno in bilico in quanto a fattori culturali, oscillanti tra due culture.Alexander J. Seiler , classe 1928 nato a Zurigo, studi cosmopoliti, Palma d'oro a Canne nel '63 per il cortometraggio A fleur d'eau, è stato uno degli esponenti di punta del rinnovo del cinema svizzero degli anni sessanta e mettendo in azione la sua società di produzione Nemo con Kurt Gloor, Markus Imhoof, Fredi M. Murer et Yves Yersin, critico impegnato in campo politico ed estetico.