il manifesto - 09 Giugno 2002
Accoltellati e buttati in mare
Tragedia dell'immigrazione nel Salento: 43 kurdi costretti dagli scafisti a raggiungere la riva a nuoto: quattro non ce fanno e muoiono annegati
In tutti i modi hanno cercato i far capire agli scafisti che per loro, nati e cresciuti sulle montagne del Kurdistan, il mare era un qualcosa di misterioso che non avevano mai visto. Figurarsi se sapevano nuotare. Non c'è stato niente da fare. Per i mercanti albanesi che li avevano trasportati fino a poche centinaia di metri dalle coste pugliesi, le loro suppliche erano solo chiacchere inutili che gli facevano perdere tempo, aumentando i rischi di essere itercettati e bloccati dalle motovedette della Guadia costiera. E così, di fronte al loro rifiuto di buttarsi in mare e di raggiumere la riva a nuoto, non ci hanno pensato due volte a ricorrere alle maniere spicce e armati di coltello hanno ferito due immigrati buttandoli in mare. Un messaggio chiaro per gli alri 41 disperati che all'alba di ieri si trovavano nel tratto di costa davanti Castro Marina, in provincia di Lecce. Tutti si sono buttati in acqua. Quattro di loro non ce l'hanno fatta e sono annegati sotto gli occhi dei loro compagni. Per tutto il giorno mezzi dei carabinieri, della Guardia costiera e della Guardia di finanza hanno setacciato il tratto di mare antistante Castro Marina alla ricerca dei corpi dei quattro immigrati dispersi. Erano stati i loro compagni a dare l'allarme, denunciandone la scomparsa. Due di loro, quelli presi a coltellate dagli scafisti, sono stati ricoverati nell'ospedale di Poggiardo, nel leccese, dove i medici li hanno giudicati guaribili in otto-dieci giorni. Gli altri 37sono stati trasportati al centro di accoglienza di Otranto e agli agenti hanno raccontato di essere partiti in 43 dall'Albania la sera precedente. Tutti kurdi di origine irachena per i quali la legge prevede il riconoscimento dello status di rifugiato e, quindi, la concessione dell'asilo politico. Particolari legali ovviamente di nessun conto per i trafficanti albanesi che ieri mattina li hanno scaraventati in acqua.

Sul posto della tragedia si sono recati immediatamente numerosi mezzi di soccorso, compresi tre elicotteri. I corpi sono stati ritrovatoi a poche ore di distanza l'uno dall'altro. Il primo cadavere è stato ritrovato dai carabinieri in un'insenatura sottocosta in località «Acquaviva», a Catro Marina. Un altro è stato ritrovato dai vigili del fuoco a poche decine di metri di distanza, sempre sottocosta. Gli ultimi due corpi sono stati trovati in serata su un basso fondale tra le rocce di Marina di Andrano, poco più a sud del tratto di mare in cui è avvenuto lo sbarco forzato.

Il tratto di mare Adriatico che separa le coste dell'Albania da quelle pugliesi è stato spesso in passato, teatro di tragedie legate all'immigrazione. L'ultima è avvenuta l'11 marzo scorso, quando nel canale di Otranto viene avvistato un gommone con una ventina di persone a bordo tra le quali sei ormai morte e aggiangiate in qualche modo all'imbarcazione. Su quanto avvenuto ieri è intervenuta anche il sindaco di Lecce, la naziolalleata Adriana Poli Bortone, che ha sottolineato come sulla «tragedia irrisolta» dei kurdi «si impone una rapida soluzione politica per far sì che anche il popolo kurdo sia riconosciuto come minoranza per godere della sua rappresentanza nel parlamento turco». Secondo la Bortone solo l'Unione europea può risolvere definitivamente «questo problema, chiedendo con forza alla Turchia di abbandonare la pratica delle torture e di riconoscere i diritti di una minoranza». Dino Frisullo, portavoce dell'Associazione Azad per la liberazione del popolo kurdo, parla invece di una «tragedia annunciata» e critica la nuova legge sull'immigrazione Bossi-Fini affermando che «ogni stretta militare delle coste non farà che innalzare il costo economico e umano dell'esodo, perché per i mafiosi i profughi sono merce a perdere»