il manifesto - 01 Giugno 2002
Virus russi e razzisti
Bande di skinhead e fascisti rendono Mosca insicura per caucasici e maghrebini, asiatici e africani. Aumentano le tentazioni sicuritarie che si sommano a un antico antisemitismo strisciante
K. S. KAROL
Da quando sono apparse per le strade di Mosca delle bande di skinheads e fascistoidi la città è diventata pericolosa per la gente di colore. D'altra parte i russi dicono «un nero» per indicare sia i caucasici che i maghrebini, gli asiatici, insomma chiunque si possa riconoscere dai tratti del viso. «Non bisogna credere che il problema non riguardi anche noi» - ha dichiarato alle Izviestia il rappresentante di una grande potenza europea. «Molto del nostro personale è originario dei paesi ex coloniali. Non vogliamo che in Russia si battano e a volte si ammazzino delle persone per il colore della loro pelle». Ancora più espliciti sono stati gli ambasciatori di due paesi africani, Kenia e Zimbabwe, che sono stati vittime di brutalità mentre uscivano da un grande magazzino in piazza Smolensk, quasi di fronte al ministero degli Esteri. Ma deplorano soprattutto le violenze fatte agli studenti africani, e perfino ai bambini delle elementari.

Protestano i diplomatici

Finalmente qualche giorno prima dell'arrivo di George W. Bush, il ministro russo degli Esteri Igor Ivanov ha trovato il tempo di ricevere una delegazione di diplomatici venuti a protestare contro le aggressioni degli skinheads. Era guidata da Sven Hirdman, ambasciatore di Svezia, un uomo alto che parla correntemente il russo, decano del corpo diplomatico che era accompagnato da un ambasciatore per continente (delle Filippine per l'Asia, del Gabon per l'Africa e dell'Ecuador per l'America latina). Il colloquio è stato lungo e a quanto pare tempestoso.

Le cose si sono infatti aggravate negli ultimi mesi. Un rifugiato afghano, impiegato del Ministero degli Esteri russo, è stato picchiato a morte in pieno centro di Mosca. Qualche giorno dopo, all'inizio di maggio, la stessa sorte è stata subita da un africano, Abdul Haquim Hakrid, del quale la stampa russa non si è nemmeno degnata di indicare la nazionalità. Due marinai americani sono stati aggrediti in pieno Arbat, una delle grandi arterie pedonali della capitale. Ad aumentare il malessere, si è aggiunto il tribunale di una regione di Mosca che ha mandato assolti due giovani che erano accusati di aver ucciso, il 23 agosto 2001, un angolano, Paul Massa Maioli, sposato con una russa e padre di due bambini. Secondo tutte le testimonianze gli skinheads, in quella calda sera d'estate, un po' ubriachi si erano gettati su un tavola occupato da diversi africani e uno di costoro è caduto tentando di scappare. Lo hanno finito a colpi di bastone. Ma il tribunale ha concluso che la vittima avrebbe urtato l'asfalto cadendo e che la morte doveva considerarsi accidentale. I due imputati sono stati condannati soltanto a un'ammenda per vagabondaggio.



Il nuovissimo razzismo

Chi sono questi skinheads, che non cercano di nascondersi e spesso portano al braccio una fascia con su scritto «Russia»? E' evidente la loro ispirazione fascista: alla vigilia del 20 aprile, anniversario della nascita di Hitler, hanno inondato le ambasciate di avvisi sulle proprie intenzioni, anche se è stata solo una bravata.

Il problema è stato sollevato anche in una lunga intervista della rete televisiva Ort al procuratore generale Vladimir Ustinov. Questo funzionario pressoché inamovibile si è detto sorpreso che la Russia, che ha pagato così cara la vittoria sul fascismo, si trovi di fronte a una nuova generazione che non ne conserva alcun ricordo, ma ha tenuto a sottolineare che l'anno scorso ci sono state soltanto 86 aggressioni a carattere razzista e nei primi mesi di quest'anno soltanto 80, cioè niente in confronto ai tre milioni di delitti e violazioni regolarmente registrate (ma il 40 per cento dei crimini e il 95 per cento dei delitti economici non vengono registrati). E perché ha chiesto alle forze dell'ordine di vigilare sulle attività razziste? «E' un ammonimento abituale che si rinnova quasi tutti i mesi» ha risposto imperturbabile.

Un giovane attore molto popolare, Ivan Livanov, che partecipava all'intervista televisiva, ha osservato che quando, all'inizio del secolo scorso, erano dilagati i pogrom, si è presto scoperto chi li istigava e quanta responsabilità ne avesse la polizia zarista. Oggi chi è il responsabile? «Gli skinheads raramente sono arrestati e, se proprio gli va male, vengono incolpati di

vagabondaggio, con pene assai leggere. C'è una legge che punisce molto severamente le azioni razziste e che andrebbe aggiornata, ma soltanto 194 deputati hanno votato perché sia iscritta all'ordine del giorno mentre ne occorrono 225».



Il tamburo dell'«insicurezza»

Non basta. Secondo un sondaggio il 58 per cento dei russi pensa che in fondo gli skinheads fanno il «lavoro» che dovrebbe fare la polizia, mentre il 55 per cento degli intervistati sostiene che l'insicurezza nelle città dipende dai «neri». L'immagine è quella di un paese xenofobo. Per fortuna questi sentimenti non si traducono in un voto per i partiti estremisti. Nel dicembre 1992, quando il partito di Vladimir Zirinovski, apertamente xenofobo, ha ottenuto 14 milioni di voti, l'allarme è stato grande nel mondo, ma da allora i suoi suffragi sono enormemente diminuiti e lo stesso Zirinovski, diventato vicepresidente della Duma, ha abbassato molto i toni. Ma non è il caso di stare tranquilli e sottovalutare gli eccessi che inondano l'immenso paese, dove la miseria alimenta impulsi primitivi fra i giovani senza lavoro e perfino, a volte, fra i reduci della guerra mondiale.



L'antico antisemitismo

Più difficile da definire il capitolo dell'antisemitismo. Per lungo tempo il Partito comunista, che faceva parte del «Fronte patriottico», ha condotto una campagna antisionista che a momenti sconfinava nell'antisemitismo. Alcuni governatori comunisti, come Vladimir Kondratienko, della regione di Krasnodar, lo professavano apertamente. Alla vigilia delle elezioni legislative del 1999, il partito comunista ha messo freno a questa campagna, il che non impedisce che in tutte le manifestazioni di strada si vedono slogan che fanno l'equazione sionismo eguale nazismo. Di qui l'espressione «rosso-nero» comune nella stampa russa.

Gli skinheads ci hanno messo del loro, stampando sui biglietti di cento rubli la scritta «morte agli ebrei». Curiosamente la banca nazionale non ha giudicato necessario invalidarli. In questi giorni sull'autostrada da Kiev a Mosca, a trenta chilometri dalla capitale è spuntato un cartello con la stessa iscrizione. Molte macchine gli sono passate davanti senza fermarsi, ma una giovane donna di 28 anni ha deciso di scendere e toglierlo. Appena lo ha toccato è esplosa una bomba artigianale, ferendola. E' solo un esempio, il più recente, del clima nel paese.