il manifesto - 06 Aprile 2002
Sciopero della fame a Ponte Galeria
La protesta di alcune nigeriane nel centro romano
di detenzione per immigrati
LUCA FAZIO
Da Ponte Galeria giurano che «assolutamente non mi risulta».
Eppure 15 persone che fanno lo sciopero della fame non dovrebbero sfuggire
all'ispettore del centro di detenzione per immigrati senza permesso di
soggiorno di Roma. Nel caso specifico ammettiamo pure che la protesta
non risulti per distrazione, eppure, secondo quanto riferisce l'avvocato
di quattro ragazze nigeriane, nel centro di detenzione da venerdì è in
corso un digiuno contro un provvedimento di espulsione illegale. Del resto
nei centri lo sciopero della fame è una forma di protesta piuttosto consueta,
anche se è difficile che si venga a sapere visto che ormai da un anno
a questa parte nessuna associazione riesce a varcare le sbarre di Ponte
Galeria. Troppo complicato, troppi intralci, troppo faticoso mantenere
viva l'attenzione su uno dei capitoli più indecenti, e "bipartisan", della
legge sull'immigrazione. Anche per Emilia Squillanoti, il legale che ha
impugnato un provvedimento di espulsione nei confronti di quattro ragazze
che hanno presentato domanda di asilo politico, è complicato entrare a
Ponte Galeria; e l'altro giorno le guardie hanno negato l'ingresso anche
a un medico che lavora al Policlinico Gemelli: si sa che la gestione poco
trasparente dei centri di detenzione compete solo al personale della Croce
Rossa Italiana... Le quattro ragazze che hanno dato il via allo sciopero
della fame sono spaventate per quello che è successo a Fiumicino lo scorso
25 marzo, quando nonostante la loro richiesta di asilo politico i poliziotti
hanno cercato di caricarle a forza sul primo aereo per la Nigeria. L'avvocato
Squillanoti in un primo momento era riuscita a far sospendere l'espulsione
appellandosi al fatto che le ragazze sono state private del diritto di
difesa, «la legge prevede che ai richiedenti asilo venga rilasciato un
permesso di soggiorno temporaneo in attesa che la loro richiesta venga
esaminata». Invece i poliziotti le hanno riaccompagnate a Ponte Galeria
e adesso l'aria che tira non è certo delle migliori. «Il giudice molto
probabilmente rigetterà la domanda di sospensione - prevede Squillanoti
- anche perché nel frattempo la Commissione centrale per i rifugiati politici
ha negato l'asilo politico alle ragazze limitandosi a chiedere loro nome
e cognome». Adesso la loro paura è condivisa da molte altre prigioniere,
e le adesioni allo sciopero della fame - quello che all'ispettore «non
risulta» - si allungano di ora in ora. Sono terrorizzate dall'idea di
dover rientrare in Nigeria e non mangiano perché non si fidano di quello
che trovano nel piatto. «Non mangiamo e non beviamo - racconta Bimiliky
Alone al telefonino - perché abbiamo paura di essere addormentate con
un sonnifero e portate di nuovo a Fiumicino: meglio morire qui a Ponte
Galeria che tornare nel nostro paese».
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