12 Marzo 2002
"Imprigioniamoli a casa
loro" Scajola ad Agrigento chiede centri di detenzione nei
paesi del Mediterraneo. E difende la marina
MASSIMO GIANNETTI - AGRIGENTO
Il ministro dell'interno Scajola ha scelto il
momento meno opportuno per dire cosa ne farebbe degli
immigrati che sbarcano "clandestinamente" sulle coste
italiane. Arriva di prima mattina nell'isola ancora scolvolta
dalla tragedia di giovedì nel mare più prossimo a Lampedusa e,
tra una tappa di ringraziamento e l'altra, atterra ad
Agrigento, dove non trova una buona accoglienza. I no
global lo contestano duramente, con slogan e striscioni.
Lui reagisce, forse non se l'aspettava, e raccoglie la sfida.
Scuro in volto, si sfila dal potentissimo servizio d'ordine e
li fronteggia. Ma il tentativo dura un attimo, perché i
poliziotti, anche se a fatica, lo bloccano e lo spingono
all'interno della prefettura, dove presiederà un vertice per
l'ordine pubblico. Sono quasi le 18 il meglio di sé,
Scajola lo aveva già espresso la mattina, quando a Mazara del
Vallo ha "ringraziato" i pescatori dell'Elide che la settimana
scorsa hanno salvato un gruppo di immigrati durante il
naufragio, ma anche per "un saluto affettuoso alla marina
militare che svolge con grande professionalità un compito duro
e rischioso. Sono qui per testimoniare la solidarità del
governo ai marinai - ha detto - e nessuna polemica può
disturbare coloro che fanno il proprio dovere, sia che
facciano parte delle istituzioni come la marina, sia i
pescatori che con il loro coraggio e piccole barche salvano
persone e contribuiscono all'economia del paese". Quindi, il
ministro, poco prima di incontrare i sopravvissuti del
naufragio trattenuti nel centro di permanenza di Agrigento - e
che, ha riferito la questura, hanno tutti chiesto asilo
politico - spiega come vorrebbe risolvere il benedetto
problema dei flussi cladestini: "Dobbiamo costruire dei centri
di accoglienza permanente al di là del Mediterraneo, nei Paesi
di transito dell'immigrazione clandestina, affinché queste
persone possano essere trattenute e verificate". E aggiunge:
"stiamo lavorando per una polizia di frontiera comune
all'Europa. Stiamo facendo diventare, anche dal punto di vista
dei costi, la gestione di questo fenomeno un problema europeo.
In Italia la nuova legge sull'immigrazione ci renderà più
sicuri e protetti da clandestini che vengono qui per
delinquere. Nel contempo proteggerà gli immigrati che si
comportano bene". Al di là della ormai noiosa tiritera
sugli immigrati buoni e cattivi, il piatto forte della
giornata siciliana di Scajola sono i centri di permanenenza
oltre frontiera. Una proposta non originalissima per la
verità: già l'ex ministro dell'interno Enzo Bianco ne propose
una simile da far ingoiare al governo albanese in cambio di
aiuti economici. In pratica si tratta del corollario dei
cosiddetti "accordi di riammissione": la creazione di una
struttura in cui dovrebbero essere appunto trasferiti gli
immigrati clandestini che l'Italia attualmente trattiene nei
centri di permanenza temporarea - meglio noti come centri di
detenzione - e che non riesce a identificare. Nella proposta
Scajola l'identificazione dello straniero (spessissimo i
"clandestini" negano la propria provenienza pur di non essere
rimpatriati) dovrebbe avvenire in un "Paese terzo", che
potrebbe essere lo stesso o uno confinante a quello da cui si
presume provengano gli immigrati senza nome. Una proposta che
l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi)
considera semplicemente "aberrante". "Proviamo a immagiare un
centro di accoglienza permanente nella capitale turca, Ankara,
in cui verrebbero respinti i profughi kurdi costretti alla
fuga dalla stessa Turchia - dice Fulvio Vassallo dell'Asgi
siciliano - Non vi sarebbe nessuna garanzia per il rispetto
dei diritti. La proposta di Scajola è pericolosissima. E' in
contrasto con i nostri principi costituzionali, viola
l'articolo 3 della convenzione europea sui diritti umani,
nonché l'articolo 33 della convenzione di Ginevra laddove
stabilisce che `nessuno può essere rimpatriato in un Paese nel
quale siano attuate persecuzioni e restrizioni delle libertà'.
Un discorso che vale per la Turchia come per l'Algeria e anche
la Tunisia". Per quanto riguarda l'inchiesta, ieri la
procura di Agrigento ha visionato il video girato dai
pescatori poco prima del naufragio. I pescatori, interrogati
dai magistrati, avrebbero ridimensionato le accuse rivolte
alla marina. I sopravvissuti, intanto, hanno riconosciuto 4
dei 10 corpi recuperati in mare.
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