31 Agosto 2001
 
 
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I fascisti da stadio della Capitale
Lo striscione, che citava Carlo Giuliani, durante un match internazionale, è un altro esempio di vitalità della "destra rivoluzionaria" sugli spalti. Il prossimo test è la Shalom Cup, in programma il 3 settembre, con Lazio, Maccabi Haifa e una squadra africana GUIDO LIGUORI - ANTONIO SMARGIASSE

C'è una strana tensione, nel cuore del tifo giallorosso, e non riguarda solo la polemica con i giocatori per il clamoroso e inopportuno battere cassa della settimana scorsa. Antonello Venditti, tifoso romanista doc e autore degli inni più amati della Roma, è diventato, per una parte della Curva Sud, un "nemico". Le radio locali lo subissano di critiche, gli spalti dell'Olimpico ospitano striscioni poco simpatici nei suoi confronti. Il cantautore ha dichiarato sdegnato di voler disertare lo stadio. Cosa è successo?
Tutto ha avuto inizio col megaconcerto (gratuito) del Circo Massimo. Ricordate? Una folla enorme a festeggiare il "terzo scudetto", la diretta su La7 al primo giorno di programmazione (con oltre 10 milioni di contatti), l'evento tanto atteso dello spogliarello della Ferilli (prima delusione: è rimasta in due pezzi, ben al di sotto degli standard da calendario), un nuovo inno per la prima volta eseguito (seconda delusione: non è piaciuto). Nonostante qualche gaffe grammaticale di Sensi in diretta tv e la carnevalata di dubbio gusto che accompagnava l'esibizione della "madrina" di Fiano Romano, comunque una apoteosi per la Roma e per i suoi tifosi. E invece...
Invece, dal giorno dopo, mugugni via etere. Accuse a mezza bocca nelle radio locali romane che si occupano di calcio. Venditti non ha invitato questo o quel tifoso doc; c'erano solo alcuni calciatori; ha fatto un concerto di sole sue canzoni; ha voluto un sacco di soldi per organizzare lo spettacolo; no, li ha presi dalla tv; no, li farà vendendo il cd con le registrazioni della serata. Alla fine anche capitan Totti - che pure ha partecipato, con Sensi, Candela e Montella -ha preso le distanze ufficialmente: non è stata la festa dello scudetto, la vera festa è stata la partita (a pagamento) dell'Olimpico contro il Boca, ad agosto inoltrato.
Qualcosa non torna. Che le radio commerciali mugugnino sulla "venalità" (presunta) di un esponente del mondo dello spettacolo è un controsenso. Che in un mondo in cui si pagano pure le interviste e lo sponsor deve comparire ben visibile anche nelle dichiarazioni di bordocampo ci si meravigli perché un cantautore fa un cd di suoi brani lascia stupefatti. Che si protesti perché non si sono convocati gli "stati generali dello spettacolo giallorosso" è chiaramente pretestuoso. Tutto questo non convince. A spiegare la vicenda concorre soprattutto, a nostro avviso, un altro elemento, essenzialmente politico.
il manifesto riflette da tempo su come le destre abbiano puntato sullo stadio, sul tifo calcistico, sulle curve - su tutte le curve - per fare presenza e proselitismo. Questo processo non ha risparmiato la Curva Sud, un tempo (negli anni '70) luogo dichiaratamente di sinistra. Bandiere con svastiche sono apparse, anche in tv, durante varie partite internazionali della Roma, prima degli inasprimenti legislativi contro tali manifestazioni. Sul Corriere dello sport di qualche tempo fa sono state pubblicate diverse denunce di vecchi abbonati di curva, spodestati manu militari da giovanotti di Forza Nuova e dintorni. E a ciò si aggiungono l'aggressione razzista contro propri giocatori di colore dopo l'eliminazione dalla Coppa Italia dello scorso anno. Le sezioni di An (in primis, quella tristemente celebre di via Livorno) dove si assiste gratis alle partite della squadra giallorossa. E le scritte "laziali ebrei" che hanno riempito il centro subito dopo la conquista dello scudetto.
Ma il fenomeno va al di là dello stadio. Le tante radio capitoline che si occupano soprattutto di sport segnano una marcata presenza della destra. Una destra più moderata di quella impegnata in curva, più attenta a creare consenso di massa, meno razzista: insomma, una destra di governo. Così come quella che fa lavoro politico in curva è prevalentemente una "destra sociale" o "di opposizione". Ex picchiatori fascisti divenuti capi tifosi oggi sono celebri come conduttori radiofonici. Imbonitori melliflui alternano a salotti calcistici prestigiosi campagne pro Di Bella, soprattutto quando c'era da colpire il ministro Rosy Bindi in nome della libertà di cura (a spese della collettività). Anche chi appare del tutto apolitico spesso ha il proprio spazio radiofonico inserito nell'ambito di una radio politicamente schierata, col risultato che il pomeriggio ti sintonizzi per sentire qualcosa sulla squadra del cuore e la mattina dopo, automaticamente, ti fai la barba in compagnia della rassegna stampa di qualche seguace di Storace e Alemanno. Si badi, il "lavoro" di queste radio nel complesso è di buona fattura, non si fa solo propaganda spiccia, si usa una discreta dialettica, il tono è gentile con tutti, anche con i (pochi) ascoltatori di sinistra che telefonano per discutere di Resistenza come guerra civile o di liberazione piuttosto che di campagna acquisti della propria squadra o di traffico. Si crea un senso comune, si orienta l'ascolto: una notizia sulla Roma, una intervista a Capello, una battuta contro il sindaco di centro-sinistra. Una miscela micidiale. La sinistra da lungo tempo ha chiuso le sezioni e ha considerato la parola "egemonia" una parolaccia. An ha invece dimostrato, almeno a Roma, di avere in parte appreso la lezione del vecchio Pci. Un tempo, in qualche sezione comunista, si trovavano persino i "bigliardini". Ora, mutati i tempi, si parla di calcio alla radio e si guarda la partita in pay-tv tutti insieme. Nelle sezioni di destra.
Naturalmente fenomeni del genere accadono pure sulla sponda laziale, anche se c'è da rilevare che tra gli operatori dell'informazione biancocelesti (nell'informazione locale il giornalista che parla di una squadra ne è in genere sostenitore) c'è una presenza democratica rilevante (Michele Plastino e Gianni Elsner su tutti), che cambia un po' il segno al fenomeno. I fascisti della Lazio sono molto più forti e presenti in curva. Ma su questo torneremo più avanti.
Cosa c'entra tutto ciò con il Circo Massimo? Proviamo a spiegarlo. Antonello Venditti, pur tra distinguo e tentennamenti, è notoriamente di sinistra, da sempre. E anche la Ferilli è di sinistra, e tra un calendario e un sanremo non perde occasione per riaffermarlo. Già l'evento, dunque, agli occhi di alcuni, nasceva male, troppo connotato politicamente. Come se ciò non bastasse, Antonello, durante lo show, dimostrando grande capacità comunicativa, ha addirittura osato "fare politica", proprio su un tema centrale della "politica da stadio" come il razzismo. Ha invitato il pubblico del Circo Massimo ad abbassare per un momento i vessilli giallorossi e ad alzare vessilli bianchi, per dimostrare di essere contro il razzismo, contro la violenza. La gente lo ha seguito. Molta altra gente a casa ha visto e ha probabilmente apprezzato. Perché la gente che va allo stadio o che ama il calcio non è in sé razzista o di destra. Semplicemente, a volte, subisce il dominio incontrastato di gruppi di picchiatori pronti a tutto, o la direzione di parole d'ordine e orientamenti sapientemente propagati dagli stessi gruppi o da chi li comanda. Un processo dinamico, contraddittorio, non compiuto. Reversibile. E Venditti, con coraggio e abilità, lo ha dimostrato. Questo ha dato fastidio. Da qui è iniziata la campagna contro il cantautore, il tam tam delle radio, gli striscioni in curva.
Dicevamo che la sponda laziale non è diversa. Anzi, la Curva della Lazio è una curva leader per il neofascismo da stadio. Se ne è avuta una riprova nella recente partita dell'Olimpico contro il Copenaghen. E' comparso uno striscione, solo per pochi secondi ripreso dalla tv (ma quando le televisioni finiranno di assolvere alla funzione essenziale di cassa di risonanza per questi gruppi?), che diceva: Ideali diversi... Onore a Carlo Giuliani. Uno striscione efficace e intelligente, ahinoi, che conferma come il fascismo da stadio sia governato da teste pensanti. La prima parte connota bene, è ovvio, la fede politica. La seconda parte lancia un messaggio forte: anche noi di destra siamo contro la globalizzazione (ha ragione Baget Bozzo: anche la destra estrema è contro il global, e non da oggi), siamo contro i carabinieri (nemico principale del tifo ultrà). Siamo per la rivolta, cioè per riaffermare a tutti i costi un nostro stile di vita, i nostri ideali innegoziabili. Siamo pronti a rischiare per questo e ci inchiniamo di fronte a chi, pur diverso da noi, fa lo stesso e ci rimette la pelle.
C'è sempre stata, nel mondo di destra, una componente "rivoluzionaria". Ancora una volta dall'Olimpico viene un chiaro segnale della sua vitalità. Alla sinistra il compito di accettare il confronto, la lotta per l'egemonia, senza sottovalutare il mondo del calcio e lo stadio. Anche seguendo l'esempio di Venditti, marcando una presenza, trovando canali di comunicazione col mondo dello sport e del tifo per produrre senso comune democratico e antifascista.
Il prossimo appuntamento su questo terreno vedrà ancora al centro la Lazio. Cragnotti ha organizzato per il prossimo 3 settembre la "Shalom Cup", un triangolare con gli israeliani del Maccabi Haifa e l'Asec Mimosas della Costa d'Avorio, per rispondere a quei tifosi razzisti che con uno striscione avevano recentemente insultato l'altra sponda calcistica della capitale con lo slogan "squadra di negri e di ebrei". Il finanziere di Porta Metronia è consapevolmente impegnato in questa direzione (tra la colpevole indifferenza dei media), come dimostrano la promozione "politica" di un giovane calciatore di colore aggregato alla prima squadra biancoceleste e l'invito a passare una giornata a Formello rivolto ai tifosi della comunità israelitica romana. L'appuntamento di lunedì prossimo, però, si presenta pieno di insidie e contraddizioni, per la situazione in Medio Oriente e il comportamento del governo di Gerusalemme, dove continuano a dominare i "falchi" sostenitori degli "insediamenti" e del confronto militare coi palestinesi, contro ogni volontà di dialogo pur presente da entrambe le parti. Il "fascismo di opposizione" non ha mai risparmiato simpatie (antisioniste) alla causa palestinese. Il minitorneo antirazzista potrebbe essere l'occasione per nuove, clamorose dimostrazioni, dove razzismo più o meno palese e protesta contro i "potenti" della terra si mischierebbero in forme spurie e difficilmente decifrabili per i più.

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