Ospitalità per i sinti
Verona, continua il calvario dei nomadi. "Espulsi" dal
centro
PAOLA BONATELLI -
VERONA
"I nostri figli si stanno ammalando, ne abbiamo portati due
al pronto soccorso con 40 di febbre. Il sindaco deve assumersi la
responsabilità per quello che succederà ai nostri bambini e a
noi". E' cominciata così, martedì scorso presso il municipio di
Verona, l'affollatissima conferenza stampa in cui la comunità di
sinti, cittadini residenti nel comune, ha descritto il suo
calvario e denunciato la persecuzione dell'amministrazione
comunale in odor di razzismo. Lunedì doveva essere il gran
giorno, per i sinti veronesi sgomberati tre volte in venti
giorni; la commissione istituita dai capigruppo del Consiglio
comunale aveva invitato l'amministrazione a concedere alle
famiglie di poter tornare alla loro area di sosta originaria, il
piazzale vicino allo stadio Bentegodi. Da lì erano stati
sgomberati il 6 luglio, con un'ordinanza del 1999 (illeggittima
per gli avvocati dell'Opera nomadi), impugnata
dall'assessore alla sicurezza Fabio Gamba di Alleanza nazionale.
Dopo due soste in parcheggi di fortuna e due ulteriori sgomberi,
i sinti erano finiti in un'area fuori città, senza acqua, luce e
servizi. Una situazione di gravissimo disagio non solo per le
condizioni ambientali, ma anche per le continue minacce lanciate
da auto e moto di passaggio, che avevano costretto i capifamiglia
a star svegli la notte per fare i turni di guardia e a rivolgersi
più volte ai carabinieri.
Lunedì dunque era trascorso nella speranza di un ritorno allo
stadio, dove la polizia municipale, al momento dello sgombero,
aveva tagliato gli allacciamenti di acqua, luce e gas
(regolarmente pagati dalla comunità), ma dove comunque ci si
poteva risistemare in tempi rapidi. La comunità sinta, con donne
e bambini, aveva atteso il verdetto davanti al municipio
cittadino. Verdetto arrivato solo nel pomeriggio: davanti ai
portavoce dei sinti, gli imbarazzatissimi consiglieri
dell'opposizione (Ds, Verdi, Rifondazione, Progetto Verona)
comunicavano che i capigruppo, al mattino favorevoli al ritorno
allo stadio, avevano cambiato idea, contagiati dal veto di
Alleanza nazionale e in parte di Forza Italia. Sconfessare
l'operato, se pur evidentemente contrario ad ogni rispetto dei
diritti, di un assessore, si era rivelata impresa troppo ardua.
Niente ritorno allo stadio, ma trasferimento in un'area di
campagna, a tre chilometri dal primo centro abitato, pericolosa
tra l'altro perché solcata da fossi, situata vicino ad alcune
cave e per di più completamente isolata. "Un campo di
concentramento - hanno detto le famiglie sinte - in cui potremmo
andare se diventasse un campo permanente e attrezzato secondo la
legge, ma certo non così". I consiglieri della minoranza e la
deputata Tiziana Valpiana di Rifondazione hanno fatto capire che
sono già pronti esposti e denunce a carico del sindaco,
responsabile della sanità pubblica, e degli assessori
interessati. "L'omissione di soccorso a minori - è stato
ricordato da Valpiana - è una denuncia penale, una questione
delicata che potrebbe portare all'arresto del sindaco, ma che
sarà messa in atto se l'amministrazione non recederà dalle sue
posizioni".
Ieri intanto i sinti hanno incontrato il presidente della 6
Circoscrizione Luigi Fresco, che si è offerto di ospitarli in un
piazzale del suo quartiere, garantendo anche un minimo di
assistenza. Oggi alle 17 le comunità sinte daranno vita ad una
manifestazione di protesta che parte da Piazza Bacanal a S. Zeno
per arrivare nel cuore della città, Piazza delle Erbe. Partecipa
il Verona social forum.
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