Un corteo
senza
confini
Sfila a Genova il popolo
dei "clandestini". In 50 mila alla marcia internazionale dei
migranti
LIVIO QUAGLIATA -
INVIATO A GENOVA
La curva pericolosa è quella giù in fondo alla collina, lì
c'è la questura e un mare di polizia. La testa del corteo ci
passa avanti cantando, alle 18,25. La coda del corteo ci passerà
ballando, alle 19,40. Poi tutti verso il mare, quello vero, e ad
accarezzarlo saranno almeno cinquantamila. Che dirvi: sarà che
tutti si aspettavano non più di diecimila persone, sarà che qui
le cariche sono l'incubo più gettonato, sarà che una cappa grigia
copre il cielo di Genova, fatto sta che ieri nessuno se ne è
andato via triste dal corteo "dei migranti" che ha fatto la festa
ai Grandi del G8. Non è stato facile, e non era scontato.
Si comincia già alle 4 del pomeriggio in piazza Sarzano: troppo
piccola, ci si allarga in Cornegliano, un ragazzo appende mutande
al suo balcone e scoppia il primo applauso. In testa lo
striscione bianco e nero che spazza via gli equivoci: "libertà di
movimento, libertà senza confini", per tutti insomma, altrimenti
è per nessuno. Diciamolo subito: i migranti in questo corteo
saranno minoranza, ma per strane alchimie è chiaro a tutti che
almeno oggi non è questo il punto. Il punto è che si parte,
bonghetti senegalesi, piatti napoletani e sax genovese. Special
guest per foto ricordo, Bertinotti, ma il corteo si muove solo
quando ad arrivare trafelato è don Gallo, borsalino nero in
testa. Salita, discesa e ancora salita, e fino a qui va tutto
bene anche se quel carabiniere sdraiato sul cellulare punta la
mitragliatrice ferma sul treppiedi proprio in faccia al corteo.
Si comincia a capire di essere in tanti, forse troppi: chi ci
sará in coda? Saltano cordoni e composizioni varie, piccoli
cortei si intrufolano qua e là, e sono sempre applausi di
benvenuto. Da una delle poche finestre aperte due vecchietti
applaudono sereni, mentre poco più giù una famiglia di cubani
sventola la sua bandiera.
Corteo quasi senza slogan - "Per noi il mondo non ha confini,
siamo tutti clandestini" - poche parole, tanto è semplice quello
che c'è da chiedere, tutti lo sanno, tutti sanno quanto è
importante il solo fatto di esserci. Ancora musica, in mezzo alla
gente passeggia Bové. Ancora musica, e in mezzo alla gente
passeggia Manu Chao, clandestino tra tutti gli altri. Oltre quei
grandi container piazzati nella notte, lungo il marciapiede, per
coprire il quartier generale dell'"ordine genovese" - 5000
poliziotti, carabinieri e finanzieri alloggiati nel quartiere
fieristico, giù dalla collina - si scorge finalmente il mare. Sì,
fino a qui tutto bene.
Eccola lì in fondo la questura, ed ecco l'infinita teoria di
caschi blu e sirene accese. Cielo ormai grigio, ma si suona
ugualmente. Da qui, ironia della cronaca, da viale Brigate
Partigiane, per più di un'ora vediamo sfilare questo bellissimo
serpente umano. Lo striscione di "Genova città aperta", poi
quello dei marocchini, "Mohammeddia", ecco le suore, fotografi
lanciati verso quella con il berrettino Adidas in testa. Arrivano
i peruviani, sono 8, sono piccoli, e cantano a squarciagola. Gli
iraniani, reduci da una manifestazione tutta loro tenuta la
mattina. Ecco gli argentini e i rumeni, e cominciano a saltare
tutti gli schemi. Qualche esempio, in sequenza: francescani,
comunisti russi, monaci tibetani, le mani bianche di
Lilliput, gli slogan dei Cobas. Ancora: le bandiere della
Cgil e delle Rsu, sparpagliate dappertutto; lo striscione di un
"Sud ribelle"; i bambini Rom venuti dai campi di Roma che saltano
come matti perché "chi non salta è un G8"; la compattezza degli
inglesi che fanno "Resistance", la fantasia della famiglia
genovese che ama il pesto ma assai meno i pestaggi, l'ironia di
alcune ragazze: "Siamo solidali con le minoranze e con i neuroni
di Bush". Appena prima dei "terribili" baschi arriva
Rifondazione; poco dopo l'organizzatissima Attac ecco
spuntare Diliberto dallo spezzone dei Comunisti italiani. Ci sono
anche gli anarchici, eccome: bandiere rosse e nere guardano con
occhio distante gli elicotteri militari che volteggiano in cielo.
A risponere ci pensano le signore della "Marcia mondiale delle
donne": "Questa polizia, ma che esagerazione". Solo due brevi
momenti di "tension": un ragazzo fermato mentre punta una pistola
ad acqua, due agenti "travestiti" da anarchici cacciati dal
corteo. Riprende la musica, fino al mare.
(ha collaborato Tiziana Barrucci)
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