20 Luglio 2001
 
 
  HOME PRIMA PAGINA
Un corteo senza confini
Sfila a Genova il popolo dei "clandestini". In 50 mila alla marcia internazionale dei migranti LIVIO QUAGLIATA - INVIATO A GENOVA

La curva pericolosa è quella giù in fondo alla collina, lì c'è la questura e un mare di polizia. La testa del corteo ci passa avanti cantando, alle 18,25. La coda del corteo ci passerà ballando, alle 19,40. Poi tutti verso il mare, quello vero, e ad accarezzarlo saranno almeno cinquantamila. Che dirvi: sarà che tutti si aspettavano non più di diecimila persone, sarà che qui le cariche sono l'incubo più gettonato, sarà che una cappa grigia copre il cielo di Genova, fatto sta che ieri nessuno se ne è andato via triste dal corteo "dei migranti" che ha fatto la festa ai Grandi del G8. Non è stato facile, e non era scontato.
Si comincia già alle 4 del pomeriggio in piazza Sarzano: troppo piccola, ci si allarga in Cornegliano, un ragazzo appende mutande al suo balcone e scoppia il primo applauso. In testa lo striscione bianco e nero che spazza via gli equivoci: "libertà di movimento, libertà senza confini", per tutti insomma, altrimenti è per nessuno. Diciamolo subito: i migranti in questo corteo saranno minoranza, ma per strane alchimie è chiaro a tutti che almeno oggi non è questo il punto. Il punto è che si parte, bonghetti senegalesi, piatti napoletani e sax genovese. Special guest per foto ricordo, Bertinotti, ma il corteo si muove solo quando ad arrivare trafelato è don Gallo, borsalino nero in testa. Salita, discesa e ancora salita, e fino a qui va tutto bene anche se quel carabiniere sdraiato sul cellulare punta la mitragliatrice ferma sul treppiedi proprio in faccia al corteo. Si comincia a capire di essere in tanti, forse troppi: chi ci sará in coda? Saltano cordoni e composizioni varie, piccoli cortei si intrufolano qua e là, e sono sempre applausi di benvenuto. Da una delle poche finestre aperte due vecchietti applaudono sereni, mentre poco più giù una famiglia di cubani sventola la sua bandiera.
Corteo quasi senza slogan - "Per noi il mondo non ha confini, siamo tutti clandestini" - poche parole, tanto è semplice quello che c'è da chiedere, tutti lo sanno, tutti sanno quanto è importante il solo fatto di esserci. Ancora musica, in mezzo alla gente passeggia Bové. Ancora musica, e in mezzo alla gente passeggia Manu Chao, clandestino tra tutti gli altri. Oltre quei grandi container piazzati nella notte, lungo il marciapiede, per coprire il quartier generale dell'"ordine genovese" - 5000 poliziotti, carabinieri e finanzieri alloggiati nel quartiere fieristico, giù dalla collina - si scorge finalmente il mare. Sì, fino a qui tutto bene.
Eccola lì in fondo la questura, ed ecco l'infinita teoria di caschi blu e sirene accese. Cielo ormai grigio, ma si suona ugualmente. Da qui, ironia della cronaca, da viale Brigate Partigiane, per più di un'ora vediamo sfilare questo bellissimo serpente umano. Lo striscione di "Genova città aperta", poi quello dei marocchini, "Mohammeddia", ecco le suore, fotografi lanciati verso quella con il berrettino Adidas in testa. Arrivano i peruviani, sono 8, sono piccoli, e cantano a squarciagola. Gli iraniani, reduci da una manifestazione tutta loro tenuta la mattina. Ecco gli argentini e i rumeni, e cominciano a saltare tutti gli schemi. Qualche esempio, in sequenza: francescani, comunisti russi, monaci tibetani, le mani bianche di Lilliput, gli slogan dei Cobas. Ancora: le bandiere della Cgil e delle Rsu, sparpagliate dappertutto; lo striscione di un "Sud ribelle"; i bambini Rom venuti dai campi di Roma che saltano come matti perché "chi non salta è un G8"; la compattezza degli inglesi che fanno "Resistance", la fantasia della famiglia genovese che ama il pesto ma assai meno i pestaggi, l'ironia di alcune ragazze: "Siamo solidali con le minoranze e con i neuroni di Bush". Appena prima dei "terribili" baschi arriva Rifondazione; poco dopo l'organizzatissima Attac ecco spuntare Diliberto dallo spezzone dei Comunisti italiani. Ci sono anche gli anarchici, eccome: bandiere rosse e nere guardano con occhio distante gli elicotteri militari che volteggiano in cielo. A risponere ci pensano le signore della "Marcia mondiale delle donne": "Questa polizia, ma che esagerazione". Solo due brevi momenti di "tension": un ragazzo fermato mentre punta una pistola ad acqua, due agenti "travestiti" da anarchici cacciati dal corteo. Riprende la musica, fino al mare.
(ha collaborato Tiziana Barrucci)

PRECEDENTE INIZIO SUCCESSIVO HOME INDICE