da "Il Manifesto"

20 Maggio 2001

La fame e la sete

93 immigrati muoiono nel deserto libico, 92 annegano al largo della Somalia

MARINA DELLA CROCE -

P er alcuni l'America era la Libia, per altri lo Yemen. Ma soltanto in pochissimi l'hanno raggiunta. La maggior parte, circa duecento persone tra immigrati e profughi, non ce l'ha fatta, e il loro viaggio della speranza si è interrotto a metà strada. Nel primo caso in mezzo al deserto, dove un centinaio dei 140 immigrati nigeriani e non solo, che avevano appena attraversato i confini della Jamahrija, sono stati uccisi dalla sete dopo essersi persi nel Sahara; nel secondo caso la tragedia è accaduta in mare, al largo della costa somala, dove una novantina dei 150 profughi diretti nel Paese arabo, sono stati gettati in acqua dagli scafisti per alleggerire l'imbarcazione in avaria. Ufficialmente le vittime della sete sono 93, ma nell'elenco mancherebbero ancora una ventina di persone delle quali si sono perse le tracce. I sopravvissuti sarebbero 25, provenienti da diversi paesi, in particolare dal Niger, ma anche dalla Nigeria, dal Ciad, dal Mali e dal Ghana. Insieme ai loro compagni di viaggio, secondo le informazioni rese dalle autorità libiche, erano partiti l'8 maggio da una località a 500 chilometri dalla frontiera del Niger. Andavano a cercare lavoro nelle miniere di petrolio libiche, così come hanno fatto negli ultimi anni migliaia di cittadini di altri Paesi africani. Il camion in cui erano stati ammassati avrebbe tentato di attraversare il confine compiendo un itinerario più lungo per non incappare nei severissimi controlli della polizia di Gheddafi. Una scelta fatale. Il prolungamento del viaggio sarebbe infatti alla base della tragedia. Il mezzo sarebbe andato in panne quando mancavano ancora parecchi chilometri alla meta. Gli immigrati avrebbero a questo punto deciso di proseguire il viaggio a piedi, ma si sono persi nel deserto cocente. Quasi tutti sono morti di stenti. L'autista del camion, un cittadino sudanese, si è salvato insieme a 25 passeggeri ora ricoverati in ospedale. Sarebbero stati loro, una volta rintracciati in territorio libico, a dare l'allarme su quanto era accaduto alla polizia libica. I corpi dei loro compagni di viaggio sono stati ritrovati in vari punti della regione di Murzuk, il che fa pensare che gli immigrati procedessero a piccoli gruppi. Le autorità libiche nel dare la notizia della tragedia descrivono scene raccapriccianti, parlano di corpi in avanzato stato di decomposizione. "I corpi sono stati sepolti dove sono stati trovati, erano irriconoscibili - si legge in una nota diffusa dal ministero dell'interno libico - le indagini e gli esami effettuati dal medico legale hanno confermato che sono morti di sete". Le ricerche dei circa venti dispersi fino a ieri non avevano avuto esiti positivi. La ricostruzione dell'altro dramma, avvenuto al largo delle coste della Somalia, è stata fatta dalle autorità locali: un'imbarcazione che trasportava oltre 150 profughi somali ha avuto problemi al motore, ha cominciato a imbarcare acqua. Per salvarsi l'equipaggio avrebbe aperto il fuoco obbligando, sotto la minaccia delle armi, i passeggeri a buttarsi in mare. 86 sono annegati, 70 sono stati invece tratti in salvo. Stando a quanto ha riferito il responsabile distrettuale somalo Mohamed Adan Esa, sono stati recuperati ancora in vita da pescherecci, fatti uscire in mare per salvarli dopo che l'altro ieri la nave era stata avvistata al largo della costa, ma cinque dei salvati sono morti successivamente, nonostante le cure. Il funzionario ha anche detto che l'imbarcazione era partita dieci giorni fa dal porto di Madeda, a circa 15 chilometri a est di Bosaso, sulla costa settemtrionale della Somalia. Adesso si sta cercando di individuare i membri dell'equipaggio.