da "Il Manifesto"

15 Maggio 2001

I famosi slogans di pietra

Intervista al regista albanese Xhuvani che racconta gli anni 70

C. PI.

 

Gjergj Xhuvani ha trentasei anni, studi a Tirana, scuola di Belle arti, molti corti e un medio Funeral business premiato a Venezia, poi teatro, sceneggiature per film di animazione racconti per bambini. Il suo esordio nel lungometraggio ha voluto girarlo in Albania raccontando la storia del suo paese, gli anni 70 di Enver Hoxha - "anche se la data è un po' più ampia, diciamo che parlo dell'Albania come è stata fino alla caduta del muro" dice il regista - l'isolamento, la follia della propaganda e dell'ideologia che racchiude con umorismo negli Slogans che danno titolo al film. "La sceneggiatura parte da un racconto di Ylljet Alicka pubblicato in unaraccolta, "Gli slogans di pietra". Era uno dei sistemi di propaganda piùcomuni, si scrivevano con grossi sassi slogans politici sulle colline e sulle montagne, in punti che fossero molto visibili". Come mai ha deciso di raccontare quegli anni e non l'oggi? Perché credo che il presente sia molto influenzato dalla repressione di allora. E' stata così forte... Non era il comunismo ma una versione feudale della dittatura. Però col film non volevo fare un processo al comunismo, come fanno tutti adesso, né una caricatura. Volevo mostrare il vissuto di quell'epoca, il mio riferimento è il neorealismo italiano. Per troppo tempo abbiamo fatto film manichei, Slogans parla dell'oppressione qualunque sia, e credo che per fare un buon cinema si deve stare lontano dalla politica intesa come dogma. Se dovesse invece raccontare l'Albania oggi? La prima cosa è che non c'è un senso della vita politica. E' un'esperienza molto giovane, ha solo dieci anni, e come dicevo è determinata ancora dalla dittatura. Le persone che occupano ruoli di responsabilità politica arrivano tutte da lì e per questo le cose continuano nello stesso modo. C'è anche molta confusione, i poveri sono di destra, i socialisti sono la classe ricca, spesso un capo del partito democratico ha una mentalità più chiusa di uno del partito comunista. L'Albania è come penso fosse l'Italia negli anni 40. Ecco, l'Italia. La destra ha vinto le elezioni, il loro slogan è "chiudere le frontiere" Sa, la genta va in Italia rischiando la vita perché la tv gliela fa credere la terra promessa. Ora se ne parla tanto ma i rapporti tra i due paesi non sono storia recente. Ci sono anche molti italiani che vivono in Albania, e l'Italia ha molti interessi. Anche il crimine organizzato, prima non esisteva in queste forme, oggi ci sono bande italo-albanesi. Credo che nessuno sia contento di emigrare, gli albanesi sono costretti a farlo per motivi economici. Tra dieci-vent'anni le cose cambieranno, sarà più difficile vedere profughi albanesi. Del resto è successo anche in Italia, la gente cercava lavoro negli Stati uniti. Per questo mi piace molto Lamerica di Gianni Amelio, spiega bene questa specularità.