da "Il Manifesto"

20 Aprile 2001

Si salvi chi può

I bambini rom in Italia, tanto per fare un esempio a noi tanto vicino quanto assai poco mediatizzato. Per loro è molto facile morire: un incendio nel campo sosta, il troppo caldo, il troppo freddo, la vicinanza alla strada, il morso di un topo oppure un "naturalissimo" rigurgito così tipico nei neonati.

MICHELA TURRA - BOLOGNA

Quaranta. Tanti sono i bambini morti in Italia, nei campi sosta per rom, nel corso dell'ultimo decennio. Morti per disidratazione dovuta al caldo, oppure in incendi scoppiati di solito in seguito a corto-circuiti come quello che, il 3 aprile 2000, aveva provocato il rogo nel quale erano bruciati a Bologna i piccoli Alex e Amanda, 1 e 2 anni. Un dato impressionante quello emerso nel corso di una serata bolognese organizzata da Centro multietnico Navile e Provincia proprio per ricordare - a un anno dalla scomparsa - i due bimbi morti nel campo di Santa Caterina di Quarto. Più difficile capire quanti siano i bambini rom morti nei campi per altre cause che non siano incidenti eclatanti, da notizie di prima pagina. Il dato potrebbe essere ancora più sconcertante, anche perché accade spesso che neonati muoiano per cause considerate "naturali", quando - probabilmente - naturali non sono affatto. Un esempio, i rigurgiti. Soltanto nel campo rom di Muratella, a Roma, dove più di duecento bosniaci perlopiù profguhi della guerra del '90 vivono in roulottes e baracche, nell'ultimo anno sono spirati cinque bambini. Soffocati durante la notte dal latte poppato qualche ora prima. Certo, "normale" rigurgito infantile, ma una concentrazione di casi tanto alta non può non far pensare all'incidenza di altri fattori: il freddo, l'ambiente malsano, insomma, la povertà. Tant'è che i rom di Muratella non credono affatto alla versione del rigurgito, e si sono convinti che ci sia "un uomo che porta via i bambini". Per non parlare delle morti "sospette", come quella della piccola Margota, morta nel megacampo rom Casilino 700 nell'agosto del '99 durante una perquisizione della polizia. E che dire delle testimonianze raccolte nei campi rom dallo European roma rights center, una organizzazione non governativa internazionale che in Italia ha recentemente pubblicato un durissimo dossier sulla condizione degli zingari in Italia, Il paese dei campi? "Purtroppo nei nostri monitoraggi abbiamo ascoltato molto spesso testimonianze di genitori che si sono visti rifiutare il ricovero del figlioletto malato - racconta Kate Carlise dell' Errc - o che hanno dovuto attendere tempi più lunghi del normale per passare una visita, o di soccorsi arrivati in ritardo". D'altronde i bambini rom, nonostante molti di loro, soprattutto nelle grandi città, frequentino le scuole, sono costretti a passare le loro giornate in luoghi decisamente inadatti a uno sviluppo sano. Ambienti ristretti e promiscui che spesso dividono con i topi, subendone anche delle vere e proprie aggressioni fisiche. A Bologna la situazione è stata peggiorata dalla costruzione, all'entrata nei campi, delle cosiddette "portinerie sociali" (una specie di container in cui lavorano i vigilantes) diventate ricettacolo di orde di topi. Il capoluogo emiliano, una volta considerato ospitale e generoso, ha messo in atto recentemente una politica repressiva alternativa ai grandi sgomberi e allo smantellamento dei campi abusivi, strategie comunque irrinunciabili per un grande Comune alle prese con problemi di marginalità e nomadismo. Stando ai dati dell'attività della Polizia municipale, gli sgomberi effettuati nel 2000 di "aree abusivamente occupate da nomadi ed extracomunitari" sono infatti calati considerevolmente rispetto a quelli fatti nel '99: 453 contro 626 quelli effettuati "d'iniziativa e su richiesta della cittadinanza", 44 contro 52 quelli a seguito di richieste della Polizia statale. Ma se lo scorso anno l'Amministrazione ha chiuso un occhio su campi abusivi e baraccopoli, è stata estremamente solerte nell'allontanare "persone sbandate dedite all'illegalità di vario genere", rispedite a casa loro con generosi fogli di via: 1495 nel 2000 rispetto ai 900 del '99 gli interventi frutto di sollecitazione della cittadinanza, 104 rispetto a 82 quelli scaturiti da richiesta o iniziativa delle forze dell'ordine. "Una politica di repressione più subdola - l'ha definita Dimitris Argiropoulos - che colpisce duro individualmente". E, almeno a livello d'immagine della città, di una certa efficacia.(ha collaborato Cinzia Gubbini)