da "Il Manifesto"

22 Febbraio 2001

Eliminazione per stranieri. In gabbia

SLOVENIA

Studenti, professori, centri sociali (anche italiani). Ieri in corteo a Lubjana: "libertà per gli immigrati rinchiusi"

ANGELA MAYR

A Lubjana, capitale slovena, il centro per immigrati "illegali" e richiedenti asilo si chiama, senza mezzi termini, "Dom za odstranjevanje tujcev": "casa per la cacciata degli stranieri". Usando un termine, ci spiega Nikolay Jeff dell'Office of intervention (il coordinamento dei gruppi antirazzisti di Lubjana), traducibile in inglese anche con "elimination", inteso come "liberarsi dagli stranieri". Ieri, a Lubjana, "contro il razzismo e la xenofobia, per confini aperti e pari diritti", per la prima volta dalle grandi manifestazioni di oltre dieci anni fa, sono scesi in piazza pezzi importanti di una rinata società civile slovena. Globala, gruppi di base, gay e lesbiche, intellettuali e artisti, in tremila hanno attraversato la città fino al centro sociale occupato Metelkova. Con loro anche le tute bianche, giunte in duecento da Trieste, Marghera, Padova, e una delegazione dalla Piattaforma per una Carinzia aperta. I manifestanti hanno richiesto a gran voce la chiusura del "Dom za odstranjevanje tujcev", il centro di permanenza visitato nel maggio scorso dal Comitato europeo contro la tortura che aveva denunciato diverse violazioni della convenzione contro la tortura: donne, uomini e bambini sono ammassati su materassi stesi a terra uno accanto all'altro, compresi i corridoi e la cantina. La settimana scorsa vi è stato l'allarme cimici, e tutti sono stati trasferiti in una caserma di un villaggio, che si è ribellato chiedendo risarcimenti economici. Il centro "per la cacciata", che è gestita dalla polizia, è diviso in due settori: uno chiuso, per "illegali" da espellere, e un altro aperto per i richiedenti asilo. Ma da una settimana - in seguito alle proteste della popolazione contro la presenza di stranieri, con minacce di blocchi stradali - i richiedenti asilo possono muoversi solo dietro permesso della polizia. Per quanto tempo, invece, rimangono rinchiusi gli immigrati "illegali"? "Non abbiamo dati certi - ci dice Natasa Dosil di Amnesty international - Abbiamo saputo da fonti molto attendibili che c'è gente che, per il solo fatto di essere entrata in Slovenia, finisce rinchiusa anche per cinque anni. Tra loro ci sarebbero anche dei bambini non accompagnati, in aperta violazione della convenzione sui diritti dei bambini". Maja Kratar, avvocatessa del gruppo Gere 2000, che assiste i richiedenti asilo, ha tentato senza successo di entrare nel settore degli "illegali", che probabilmente hanno difficoltà di accesso alla procedura d'asilo. Di centri chiusi in Slovenia ce ne sono altri due, a Postojna, verso il confine italiano, e a Prosenjakovci, verso il confine croato. In Slovenia, paese in prima lista tra i candidati dell'est all'ingresso nell'Ue, secondo i dati forniti dal ministero degli interni le domande d'asilo nel 2000 sono state 9.244. Si tratta del più alto numero di domande in Europa in rapporto alla popolazione, come confermano i dati dell'Unhcr (l'Alto commissariato dell'Onu per i profughi). Ma solo 14 persone, dalla nascita della Slovenia a oggi, hanno ottenuto finora lo status di rifugiato. I profughi bosniaci - dei 70mila del periodo della guerra ne somo rimasti 3mila che non possono ritornare - hanno da nove anni lo status di "profughi temporanei", senza il diritto di lavorare e nemmeno quello di guidare una macchina, e con un'incerta assistenza medica. Al primo posto tra i paesi di provenienza dei profughi ci sono Iran, Turchia e Iraq. Ma il confine è ormai diventato impenetrabile: la Slovenia si è attrezzata per il suo nuovo ruolo di cordone sanitario di Schengen, assumendo in pieno "l'aqui comunitaire" richiesto dall'Ue. Il dicembre scorso un iraniano che cercava di attraversare il confine sloveno è stato ucciso dalle forze speciali di polizia con un colpo alla testa. "La stampa ha presentato quel assassinio a sangue freddo come un incidente", accusa Andrej Kurnik, professore di politologia all'università di Lubjana e promotore di un appello di intellettuali che chiede "solidarietà internazionale contro il fascismo nel trattamento verso gli immigrati nella repubblica di Slovenia". "Ma nessuno ha parlato di quella morte, né i politici, nè i media. Al contrario i media, che criminalizzano l'immigrazione, presentata come piaga portatrice di malattie, esaltano il sacrificio della polizia nella loro 'lotta eroica' contro gli immigrati illegali", conclude il professore.