da "Il Manifesto"

14 Febbraio 2001

CRIMINALITA'

Quei successi troppo facili del ministro Enzo Bianco

SALVATORE PALIDDA *

Il governo italiano gongola, e presenta la diminuzione della criminalità come risultato della sua politica sulla sicurezza: più soldi per repressione e carceri, più polizie. In realtà da anni assistiamo a un calo della criminalità. Ed è questo un dato reso ancora più significativo alla luce della maggiore efficacia dimostrata in questi anni dalle polizie "aiutate" nel proprio lavoro dai solerti cittadini e dalla "tolleranza zero" osannata sui media. D'altra parte attribuire alla criminalità la causa di insicurezze e paure che effettivamente colpiscono buona parte della società è - quantomeno nell'immediato - assai redditizio. Intanto in termini di businnes: si pensi alla crescita enorme dei profitti per le imprese che installano dappertutto inferriate, porte blindate, allarmi, telecamere e altri sistemi sofisticati, oppure ai profitti per assicurazioni e vigilanze private. Pensiamo poi alle nuove risorse e ai nuovi poteri allocati alle polizie e all'intero sistema penale. Ma ancora più redditizio è il risultato politico: se infatti tutto si riduce a un problema di più polizia e di più carcere, le cause effettive dell'insicurezza neppure vengono discusse, evitando così di intaccare gli interessi di quegli attori forti che delle insicurezze sono i principali responsabili. Esempio emblematico quello di Milano, città descritta a fine '99 come il Bronx italiano e oggi presa a "modello" dal ministro Bianco. L'euforìa per i "successi" raggiunti ha totalmente occultato le vere cause del senso di insicurezza che molti vivono in questa metropoli. E le vere cause si chiamano lavoro nero, mercato degli affitti, illegalità a catena nel commercio, nell'edilizia, nelle piccole e medie produzioni, nei servizi, infrazione alle norme ambientali, arroganza dei poteri forti. Come osservato da alcuni magistrati, operatori delle polizie, avvocati, sindacalisti, operatori di ong, Milano e la Lombardia - in questo senso sì, "modelli" per l'Italia - sembrano costituire la punta più avanzata del "trionfo del liberismo". Sono Milano e la Lombardia, il Veneto e l'ex "terza Italia", i luoghi dove girano più soldi e più poliziotti, più auto nuove e più droga, più usura, più prostitute di lusso, più esaltati della borsa, più affitti da capogiro. "Malgrado Borrelli, parte dei magistrati ha ormai paura di fare certe inchieste, sembra che si torni a quando era inopportuno indagare persino sulle manovalanze del potere. E lo stesso vale per le polizie, per non parlare dell'ispettorato del lavoro ridotto al lumicino", mi raccontava tempo fa un testimone ben informato. L'altra faccia della sicurezza del centro-sinistra (in questo allineato alla destra) è la persecuzione vigliacca nei confronti degli immigrati. Dopo un anno passato a sciaquarsi la bocca con discorsi contro la "tratta degli esseri umani", la umana pietà per le prostitute picchiate e sfruttate, a Milano non si fa altro che rastrellare ragazze nigeriane per poi mandarle subito via con il primo aereo. Ma se si vuole combattere lo sfruttamento della prostituzione, perché non si dà loro il permesso di soggiorno e la reale possibilità di un inserimento regolare? E ancora. Se abbiamo tanto a cuore il presente e il futuro di queste ragazze, perché non parlare dell'esternalizzazione delle mafie nostrane nei Balcani a sostegno delle imprese italiane che tra molestie sessuali e violenze fanno lavorare le donne albanesi per duecentomila lire al mese e per 12 ore al giorno, sabati compresi? Non sono forse queste le stesse ragazze che se tentano di sottrarsi allo sfruttamento rischiano di finire sulle strade padane? Difficile ravvisare in questi "arresti facili" - stigmatizzati pubblicamente anche da magistrati come Borrelli e Pomarici - i grandi successi delle polizie. * autore di "Polizia postmoderna", Feltrinelli