da "Il Manifesto"

01 Febbraio 2001

Veneto nero da stadio

ERNESTO MILANESI

In campo, il calcio è deciso dagli episodi: lampi che d'improvviso illuminano il gioco ridotto ad una sorta di flipper nel rettangolo verde davanti alle difese. Ma resta sempre la miglior metafora della politica, anche nel Veneto che ha smarrito la sua identità democristiana fino a trasferire i simboli della "fede" direttamente allo stadio. In curva, soprattutto. E' il luogo che riproduce riti, slogan, bandiere con cui i tifosi-militanti si schierano a fianco della squadra del cuore e trovano ogni domenica un "nemico" da mettere in ginocchio a suon di cori mentre si aspettano i gol. Così fra Verona e Treviso il calcio mostra la faccia più sgradevole del "gioco più bello del mondo" e insieme accende la spia della riserva al motore dell'economia che ingolfa la società.E' il Veneto all'ultimo stadio che non si rintraccia mai nelle sofisticate analisi del "modello" produttivo (sempre originale da 30 anni...) e nemmeno nelle "inchieste sul campo" che confondono grandi numeri con piccole schizofrenie. Nella sua ingenua sincerità, Giambattista Pastorello (presidente dell'Hellas Verona di serie A) ha ammesso: "Con i tifosi che mi ritrovo come faccio a prendere in squadra un giocatore come Mboma?". A 56 anni e con la barba imbiancata a furia di vivere di calcio, Pastorello sa quello che dice. Non è un razzista, ma deve fare i conti con una curva di Verona che in riva all'Adige i "negri" li disprezza. Alla luce del sole dal 28 aprile 1996, quando allo stadio "Bentegodi" penzolò un manichino nero appeso al cappio davanti allo striscione che in dialetto scaligero ammoniva l'allora presidente Stefano Mazzi che corteggiava l'olandese Ferrier: "Ci regali il negro? Dagli da pulire lo stadio".Un episodio? In estate, mister Luigi Cagni deve misurarsi con la contestazione dei tifosi gialloblù perché in rosa spiccano il brasiliano Reinaldo e il camerunense Bietek: il problema è sempre il colore della pelle. E nell'estate 1999 si replica, quando Pastorello vuol acquistare il terzino Ze Maria. Gli ultras dell'Hellas, di fatto, mettono il veto e nella guerra al presidente non perderanno occasione di sottolineare la loro "purezza"... Soltanto il ChievoVerona, la squadra dei "cugini di campagna" capolista in serie B, può scendere in campo al "Bentegodi" senza far differenze nella pigmentazione dei suoi giocatori. Aveva Kevullay Konteh della Costa d'Avorio e il nigeriano Garba. Fa giocare titolari il brasiliano Eriberto e l'italianissimo Christian Manfredini, nato anche lui in Costa d'Avorio. Ma allo stadio gli spalti non sono gremiti ed i tifosi del Chievo non si guadagnano i riflettori dei media come quelli del Verona, che anticiparono i successi della Liga veneta mettendo nel mirino il Napoli di Maradona...E nella Marca (amministrata dallo "sceriffo" Gentilini) la curva del "Tenni" è diventata terra di conquista di Forza Nuova. Una dozzina di ultras abbondantemente schedati da polizia e carabinieri, decisamente conosciuti dal Treviso Calcio che tuttavia preferisce far finta di niente con il cardinalizio segretario Giovanni Gardini. Capeggiati da un 35enne, si fanno prestare il pulmino dalla parrocchia di Casier e non mancano mai alle trasferte con la stessa precisione con cui disegnano simboli nazisti allo stadio. Ma nell'ultimo campionato a Torre Annunziata non sono riusciti a vedere la partita con il Savoia: viaggiavano con spranghe e catene. Uno di loro, che era già stato diffidato, venne arrestato e accompagnato al carcere di Napoli. Sono loro ad aver preso di mira anche il sito Internet del Treviso fino a novembre, monopolizzando lo spazio riservato ai tifosi ("Il muro") per chattare fra "camerati" che si riconoscono in "Gentilini duce" e odiano "i rossi bastardi veneziani". Allo stadio imitano gli ultras veronesi con il verso dello scimpanzè all'indirizzo dei giocatori di colore. Trattamento riservato nella scorsa stagione anche al brasiliano Pelado, che pure vestiva la maglia biancazzurra. I compagni di squadra lo hanno difeso, l'allenatore prese le distanze dalla curva, la società abbozzò. Pelado è tornato a San Paolo: ufficialmente, per motivi tecnici. Forse, il presidente del Treviso si è convinto anche a furia di pagare multe salate al giudice sportivo e di vedere gli striscioni della curva: "Barcè, del negro che bisogno c'è?". Allora si fece sentire la voce di Riccardo Pittis, capitano della Benetton basket: "Fatti come questi vanno denunciati pubblicamente, anche correndo l'inevitabile rischio di compromettere i propri rapporti con la tifoseria". E non si limitò alle dichiarazioni, intuendo che il razzismo serpeggiante a Treviso va apertamente stoppato. Quando i tifosi della Benetton insultarono Conrad McRae, pivot di Trieste che morirà qualche mese dopo negli Usa, Pittis smise di giocare e zittì la curva del PalaVerde. Ma allo stadio "Tenni" il clima è diverso. Il sindaco per primo dalla tribuna non perde occasione per manifestare simpatia nei confronti dei razzisti. Racconta Sara Salin, giornalista della Tribuna: "Treviso non sarà Verona, però il problema è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto perché anche fra i tifosi inizia a serpeggiare il disagio nei confronti del drappello che ha monopolizzato la curva. Ci sono abbonati che hanno cambiato settore. E se non si può confondere un gruppetto politicamente schierato con i 2000 appassionati di calcio, bisogna anche ammettere che finora non c'è stata abbastanza decisione nell'affrontare il problema del razzismo". Il calcio di provincia, insomma, si alimenta con le stesse tossine che molto Veneto metabolizza durante la settimana fuori dagli stadi. Perfino il Padova, piombato in serie C/2, non è indenne dalle "contaminazioni" fra l'estrema destra e la curva dello stadio Euganeo, costruito con le tangenti dei Mondiali 90 e ora tristemente semideserto. Nelle trasmissioni calcistiche delle televisioni locali nessuno lo ammetterà mai come Pastorello a Teleducato di Parma, ma quando gli eredi della squadra di Nereo Rocco tornarono in serie A non c'era assolutamente una maglia disponibile per un biancoscudato "negro". E forse non a caso il danesino Fig ha voluto pubblicamente dribblare ogni equivoco, scendendo in campo al fianco della fidanzata francese (modella di colore) contro ogni forma di razzismo... Fa eccezione Venezia: al "Penzo" il tifo si distingue con iniziative esplicitamente melting pot. L'ultima prevede biglietti gratis agli extracomunitari. "Vogliamo che allo stadio a dividere sia solo il colore delle sciarpe e non quello della pelle" spiegano gli ultras arancioneroverdi che contano sulla collaborazione di Sergio Gasparin, amministratore delegato del Venezia, e del Comune. Uno stadio diverso, ma alle prese con le sortite dei trevigiani come nell'ultimo derby di serie B: fischi razzisti per Kewullay Conteh, difensore della Sierra Leone che ha vinto anche la partita dei commenti. "Perfino le parole del Papa sono rimaste inascoltate. Cosa posso dire se non che i tifosi del Treviso sbagliano, commettono un gesto intollerante. Posso solo sperare che cambino in fretta. Se parti da posizione del genere, se disprezzi una persona solo per il colore della pelle, come puoi vivere bene?".E Fabio Bilica, anche lui vittima degli insulti della curva trevigiana, conclude: "Se i grandi campioni extracomunitari prendessero posizione con la Federcalcio, anche noi giocatori meno conosciuti avremmo qualcosa cui aggrapparci. Comunque, questi cori fanno male a noi che restiamo privilegiati. C'è chi subisce ben altri tipi di violenza per colpa del razzismo..."