da "Il Manifesto"

20 Gennaio 2001

Allarme a nord-est

SINISTRA. Un convegno a Udine contro la logica delle "piccole patrie"

FRANCESCA LONGO - TRIESTE

Alla fine degli anni '70 la direzione centrale del Pci gettò definitivamente la spugna abbandonando alle manovre di alcuni politici locali il "Caso Friuli". Berlinguer annullò il suo comizio elettorale a Udine, Tullio De Mauro, all'epoca solo linguista, smise di tuonare contro proposte populiste e culturalmente inconsistenti e la "piccola patria" veleggiò felice nelle braccia della Lega Nord, ridotta a spot pubblicitario di una non meglio definita tradizione celtica minacciata da nemici altrettanto invisibili. Vent'anni dopo l'Associazione nazionale per il rinnovamento della sinistra, l'Associazione culturale Berlinguer, l'Istituto Gramsci della regione trovano il coraggio di riaprire l'argomento in un convegno, "L'Europa fra integrazione e piccole patrie", tenutosi a Udine nei giorni scorsi. A parlare oltre a Enzo Collotti, Roberto Finzi e Giampaolo Gri, anche la parlamentare europea dei Ds Pasqualina Napolitano e l'on. Tortorella, cui sono state affidate le conclusioni. "Haider non è un caso, ma un modello" ha sostenuto Tortorella. Di questo modello il Friuli-Venezia Giulia - in cui sono compresenti e prevalenti le tre anime politiche di Haider attraverso il populismo mediatico di Berlusconi, l'etnocentrismo di Bossi e il legame genetico col passato mai rinnegato di Fini - è roccaforte in Italia. "Non è un caso che proprio dalla nostra regione emerga l'immagine di una destra culturalmente protezionista e fautrice di un welfare etnocentrico - ha ricordato in apertura Claudio Tonel, già segretario triestino del Pci e ex vicepresidente del consiglio regionale - dai nuovi posti di lavoro all'assegnazione delle abitazioni popolari con il criterio della preferenza ai nativi della regione si assiste a un vero e proprio apartheid. La segregazione etnica può essere infatti legittimata sia attraverso il principio della disuguaglianza razziale, sia attraverso quello della differenza culturale. Da noi la Lega Nord, allineata in questo alle idee della nuova destra europea, ha elaborato un razzismo differenzialista". No dunque alla macroregione alpina confessionale, che contrasta il processo d'integrazione europea e no a quello stato delle regioni ipotizzato dalla destra anche a colpi di referendum: occorre rivendicare la camera delle regioni nella riforma federalista dello stato in cui le tante differenze - valori identitari, idiomi, tradizioni, storia - possano venir valorizzate e non strumentalizzate per ritornare al passato auspicato dalle destre europee. L'estensione europea dell'ideologia voelkish - in cui soggetto dei diritti non è l'individuo, ma il popolo, comunità naturale se necessario contrapposta allo stato - abbinata alla tendenza a guardare ai processi di globalizzazione in negativo se sono in gioco i diritti di cittadinanza degli immigrati e la tutela dell'identità culturale, in positivo quando si tratta di interessi economici, dovrebbe allarmare l'intera sinistra. Quella friulgiuliana pare si sia risvegliata.