da "Il Manifesto"

18 Gennaio 2001

La festa bussa alla porta

CI. GU. - ROMA

I rom vivono anche nelle case. Occupate, ovviamente. Per la verità a Roma c'è anche qualche famiglia che abita nelle case popolari, talmente poche da non fare campione. Invece il caso di via Dameta - una stradina adiacente al grande raccordo anulare - è interessante. E' un piccolo insediamento in cui vivono un centinaio di rom, in gran parte di origine bosniaca, che da una decina d'anni si sono installati nelle case abbandonate. Altri, accanto alle case, hanno costruito le baracche, molto dignitose, spaziose e pulite. Viene il sospetto che, quando l'ambiente circostante lo consente, anche chi non trova un alloggio in muratura da risistemare cerca di adeguarsi al contesto. Ovviamente l'atmosfera è quella rom: la biancheria è stesa ad asciugare su una rete di fil di ferro, entrano e escono automobili e i bambini sono tanti. E' uno di loro che ci accompagna a casa di una giovane che ogni giorno si occupa di portare i bambini a scuola. Si chiama Mina, ma è uscita. Ci infiliamo allora nella casa accanto, quella della famiglia di Lidia, dove si festeggia il giorno di san Michele. Per chi è abituato a vedere i rom spuntare da roulotte o da baracche accatastate e fatiscenti, bussare a una porta che si affaccia su un porticato con gli archetti fa una certa impressione. Ci sono gli addobbi natalizi, le scale sono pulitissime, la porta è socchiusa. La casa è grande. La prima stanza è una sala ampia, più in là ci sono le camere da letto. Una ventina di rom stanno mangiando intorno a un tavolo enorme. Ridono, scherzano, qualcuno, ovviamente, suona. "Insomma state benissimo", diciamo. "Siamo in pochi e ci conosciamo - rispondono - e questo va molto bene. I campi dovrebbero essere tutti piccoli perchè si vive meglio. E' ovvio". Ma anche qui, scopriamo, aleggia lo spettro della precarietà, quello che rende la vita faticosa. L'occupazione delle case è infatti soltanto tollerata, e l'assenza di legalità non gioca a favore dei rom bensì, come sempre accade, contro. Nel campo non c'è l'acqua e non esistono servizi igienici. I rom si arrangiano come possono, ormai da anni. Lo racconta Lidia che adesso ha anche un altro problema: deve difendere la casa che ha risistemato con tanti sacrifici dalle pretese di un rom rientrato dalla Francia e che sostiene di averla occupata prima di lei e della sua famiglia. E di storie più o meno simili se ne incontrano tantissime. In via Dameta, infatti, vivono oggi un centinaio di persone che si preferisce non vedere. Basterebbe così poco per regolarizzare una situazione che esiste da anni e di cui i rom sono abbastanza contenti. Vorrebbe dire renderli visibili. Invece da invisibili vivono nel quartiere, anche loro ghettizzati, nonostante la notte dormano più comodi di chi vive nei campi.