da "Il Manifesto"

16 Gennaio 2001

DA NORDEST

Schiavi, schiavisti e Gentilini

GIANFRANCO BETTIN

La mini baraccopoli che gli immigrati senza casa, insieme ai centri sociali del nordest e alle "tute bianche", hanno eretto l'altro giorno a Vicenza, di fronte alla Conferenza Stato-Regioni intitolata Stati generali dell'immigrazione, dovrebbe restare per sempre, come monumento a un'intera fase storica del nostro Paese. Quella in cui l'Italia e in particolare alcune sue regioni, Veneto in testa, si sono trasformate da luoghi di storica emigrazione a terre di immigrazione. In generale, infatti, è a livello di tale baraccopoli che si colloca tuttora la qualità media dell'accoglienza. La società del nordest - ma non è molto migliore quella italiana, dove ogni 25 ore uno straniero subisce violenza (come ha appena documentato la ricerca promossa da Luigi Manconi) - così come apre le porte di fabbriche, capannoni, cantieri, servizi umili, malpagati, precari e duri a chiunque (regolare o clandestino non importa) allo stesso modo chiude tutte le altre porte (salvo quelle del carcere, in maggioranza affollato nel Veneto proprio da stranieri). L'ideale modello di rapporto con gli immigrati di buona parte di tale società non si può definire altro che di tipo schiavistico. Lo schiavismo è vietato, nei paesi civili, e dunque non se ne può riprodurre formalmente il regime, ma di fatto cos'è un sistema nel quale tu lavori otto-dieci-dodici ore, malpagato, precarissimo, privo di diritti sostanziali e quando hai finito la tua giornata ti devi spesso arrangiare dove trovi, senza una casa, senza neanche una stanza a prezzi accessibili? No, non è ancora lo schiavismo, questo, anche se è un regime infame di sfruttamento e umiliazione. Infatti, "l'ideale" di buona parte della società veneta sarebbe lo schiavismo: cosa pensare infatti di chi è disposto a spremere altri uomini e donne alla catena di montaggio o sui campi o al capezzale dei nostri anziani e malati e poi se ne disinteressa completamente - che dormano pure se ci riescono in mezzo ai topi, nella sporcizia, nel freddo, nella solitudine, e chi se ne frega se non hanno una scheda per chiamare la famiglia lontana, chi gliel'ha detto, poi, di venire qui, ne troviamo a ogni angolo di questi. Nuovi schiavi li chiama Kevin Bales nel suo importante libro (edito da Feltrinelli). Ma se ci sono schiavi, ci sono schiavisti: ed eccoli qua, in mezzo a noi, gli piacerebbe tanto che quello che avviene di fatto fosse anche disciplinato per legge, come negli Stati del Sud prima di Abramo Lincoln, e come nell'America profonda anche molto dopo di lui. Ma non si può, per ora. Per ora ci si deve accontentare di un sindaco come Giancarlo Gentilini, di Treviso, che ieri a Chioggia di fronte a una "scelta" platea leghista e polista (con autorevoli membri di Forza Italia già apprezzati cattolici democratici) ha invocato i "vagoni piombati" per i clandestini che si fanno beccare, "nerboruti negri" o "venditori di fiori dalla strana pelle olivastra" che siano. In alternativa ai vagoni, "dobbiamo far rinforzare gli argini del Piave a questa gente con le catene ai piedi". Applausi, e vasto consenso popolare - senza vergogna, all'inizio del terzo millennio dell'era cristiana.