il manifesto - 30 Marzo 2004
Islam, gli espedienti del desiderio
Orfi è la versione egiziana del «matrimonio temporaneo», un concetto ideato - e una pratica diffusa - solo nell'Islam e ora dilagante di fronte al fondamentalismo
MARCO D'ERAMO
Il termine orfi non ha nulla ha che vedere con «orfico», anzi è quanto di più alieno dal desiderio che spinse Orfeo a seguire l'amata sposa Euridice persino nella morte, nel regno delle ombre. Orfi è la versione egiziana del «matrimonio temporaneo», un concetto ideato - e una pratica diffusa - solo nell'Islam, ma dilagante solo da quando il fondamentalismo predomina nelle società coraniche. Per celebrare un orfi basta firmare un contratto di matrimonio davanti a due testimoni (ma spesso, nelle classi agiate, in presenza di un avvocato). Questo rito frugale e furtivo viene celebrato sempre più spesso dai giovani egiziani su cui altrimenti incomberebbe l'insopportabile prospettiva di lunghi decenni di celibato, omosessualità sostitutiva, masturbazione compulsiva, solitudine sentimentale e squallore sessuale. La proliferazione dell'orfi va situata in un quadro di esplosione demografica e di disoccupazione galoppante: la popolazione egiziana è quasi raddoppiata dal 1977 a oggi, passando da 38 a 74 milioni, mentre - secondo i dati ufficiali - nella fascia d'età 15-25 anni la disoccupazione sarebbe del 27,5%, quando per l'insieme della popolazione sarebbe del 10%; ma le stime degli osservatori stranieri raddoppiano i dati governativi: la disoccupazione totale è del 19%, quella giovanile supera il 50% e quella dei laureati il 18%. Per di più, è venuta meno la valvola di sfogo dell'emigrazione verso i paesi del Golfo, in nera crisi economica, e verso l'Iraq, prima sanzionato e bombardato, oggi sconfitto e occupato (Baghdad un tempo attirava molti emigrati egiziani). Così, il cataclisma economico che ha colpito il Medio oriente - e di cui noi non ci rendiamo conto - rende sempre più difficile il matrimonio tradizionale, con la dote (obbligatoria nel diritto islamico) e con il dovere imposto al marito di mantenere la moglie, condizioni che un giovane egiziano non potrà mai soddisfare prima dei 35-40 anni.

Il 17% della popolazione studentesca

Da qui il proliferare di matrimoni orfi che coinvolgerebbero il 17 % della popolazione studentesca egiziana, se si credono i dati forniti nel 2001 dal ministero degli affari sociali. Secondo la legge egiziana, la «fornicazione» (cioè il sesso al di fuori del matrimonio) è punita con sei mesi di prigione, mentre l'adulterio procura tre anni di reclusione e la spinta all'orfi è cresciuta mano mano che la società egiziana diventava formalmente più puritana e più repressiva.

Il «matrimonio temporaneo» ha una lunga storia nell'Islam. Per il contratto di matrimonio a termine, il termine giuridico è mut'a, che in arabo vuol dire «godimento, piacere, delizia», e la cui radice m-t significa «portare via». Nei primi decenni dell'Egira il matrimonio temporaneo era lecito e vi fa riferimento anche il Corano. I giuristi sostengono che allora era giustificato dalla rapida espansione dell'Islam, dalle spedizioni militari e le prolungate assenze da casa dei soldati di Allah. In seguito, tra i sunniti il «matrimonio temporaneo» fu condannato dal secondo califfo, Omar, ma fu anche tollerato (la punizione era solo la metà di quella imposta per la fornicazione: cento frustate). Il mut'a fu invece codificato dagli sciiti. Oggi il codice civile iraniano attribuisce all'uomo iraniano il diritto di contrattare un numero indefinito di «matrimoni temporanei» (sigheh in persiano), la cui durata può variare da qualche minuto a 99 anni.

Tra i sunniti, curiosamente furono i «puritani» wahabiti dell'Arabia saudita a riprendere l'uso del mut'a, col nome di matrimonio masyar («ambulante»). Ed è negli emirati del Golfo che il masyar è largamente praticato nei mesi estivi dai ricchi vacanzieri che contraggono queste unioni, per poche ore o per poche settimane, con delle giovani vergini che i loro parenti, contadini poveri, gli mandano in cambio di una piccola dote di petrodollari: il masyar è quindi una prostituzione mascherata, ed è in questa forma che è giunto in Egitto insieme alle rimesse degli emigranti nel Golfo.

Nell'Egitto tradizionale l'orfi era invece un surrogato alla malvista poligamia e rientrava nel diritto consuetudinario, prima che la registrazione del matrimonio davanti a un notaio fosse imposta dal sultano Mohamed Ali (al potere tra il 1805 e il 1848).

Vedove e pensioni di guerra

Nella seconda metà del `900 la tradizione ha poi ripreso vigore con le guerre arabo-israeliane, quando le vedove dei soldati uccisi hanno fatto ricorso all'orfi per risposarsi senza perdere i benefici della pensione di guerra: dove l'astuzia delle moderne burocrazie interagisce con il diritto consuetudinario islamico.

Ma è con l'irrompere della modernità e, insieme, del fondamentalismo, che il matrimonio temporaneo ha preso a proliferare come orfi in Egitto e come sigheh in Iran: esso infatti fu incoraggiato negli anni `70 dal presidente Anouar el Sadat, in un periodo in cui al Cairo diventavano sempre più influenti gli integralisti Fratelli musulmani, e fu legittimato dalla rivoluzione khomeinista in Iran. In un sermone del 1990, l'allora presidente iraniano Ali Akbar Hashemi Rafsanjani definì il desiderio sessuale come un tratto donatoci da dio. «Non siate promiscui come gli occidentali» disse, ma usate la soluzione dataci da Dio del matrimonio temporaneo.

Dato il suo chiaro statuto legale, lo sigheh iraniano ha ricevuto molta più attenzione sia in patria, sia all'estero, del semilegale e semiclandestino orfi egiziano. Una donna iraniana può mostrarsi pubblicamente disponibile per il sigheh, mentre mai ciò evverrebbe in Egitto: infatti in Iran, scrive Nadia Pizzuti nel suo Mille e un giorno con gli ayatollah (Datanews 2002), «negli ambienti tradizionali, per rendere nota la propria disponibilità a contrarre un sigheh, le donne ostentano un chador portato a rovescio e con le cuciture bene in vista». In Iran le autorità religiose incoraggiano pubblicamente gli studenti a contrarre sigheh: per esempio, il rappresentante della Guida suprema tra i miliziani (Basji), Heidar Mashlehi, ha detto nel 2000: «La discussione sul matrimonio temporaneo dovrebbe essere legittimata nelle università. Per controllare, proteggere e prevenire la perversione della giovane generazione, dobbiamo implementare il matrimonio temporaneo nelle università». Per la stessa ragione, studenti (e le studentesse) universitari/e, sono contrari, come dimostrò un sondaggio condotto nel 1998 dal giornale Zan («Donna»).

Emancipazione o conservazione?

La discussione oscilla tra chi pensa che il matrimonio temporaneo sia un abbozzo, viziato per quanto si voglia, di emancipazione sessuale della donna, e chi invece pensa che sia un modo per conservare l'assetto tradizionale consentendo questa valvola di sfogo, in pratica appena un eufemismo della prostituzione: in alcuni testi giuridici islamici, alle donne che partecipano al mut'a è applicato un termine speciale: musta'jara, ovvero «donna affittata»; cioè, il mut'a è considerato l'«affitto» di una donna. Al tema del sigheh iraniano è dedicato Law of Desire: Temporary Marriage in Shi'I Iran (prima edizione 1989, ripubblicato dalla Siracuse University Press nel 2002) di Shahla Haeri, direttrice del Women's Studies Program e assistente di antropologia culturale all'università di Boston.

Molto più ambiguo è invece lo statuto dell'orfi nell'Egitto sunnita. Nella stragrande maggioranza è un «matrimonio segreto», e quindi maledetto, per giovani poveri in canna o che vivono ancora coi genitori. Ma è diffuso anche come espediente per permettere ai giovani egiziani maschi di accompagnarsi con le turiste occidentali. I siti web sono pieni di avvertimenti che le turiste lanciano alle future turiste. Se da un lato all'interno della società egiziana può quindi mascherare la prostituzione femminile, l'orfi può però anche, nel contatto tra Islam e Occidente, legittimare la prostituzione maschile del giovane egiziano con la turista attempata: il contratto orfi permette ai due di convivere per ore, giorni, settimane, nella stessa casa senza essere molestati dalla polizia. È normale in una città turistica come Luxor, ma è frequente anche a Tanta (quinta città egiziana, nel delta del Nilo).

La cantante e il produttore

L'orfi ha ancora una terza valenza, questa volta per le classi agiate, come si è visto nella drammatica storia della famosissima cantante pop tunisina Zikra uccisa il 28 novembre scorso dal suo manager e marito Aiman El Swidi nel loro ricco appartamento del quartiere di Zamalek. Nella vicenda, ricostruita da Al Ahram Weekly in lingua inglese, risulta che la cantante e il produttore avevano contratto un matrimonio orfi, ma quel che colpisce è che era stata lei a rifiutare il matrimonio legale e a voler restare nell'orfi; e pare anzi che questo rifiuto sia stato la ragione dell'omicidio occasionato da una scenata di gelosia. Qui l'orfi diventa l'equivalente dei fulminei e transitori matrimoni delle star hollywoodiane, espediente formale per permettere quella poligamia (e/o poliandria) diacronica con cui la modernità sembra aver sostituito la poligamia/andria sincronica delle società arcaiche.

Sotterfugio legale per amori giovanili, patentino informale per prostituzione maschile, permesso di coabitazione o licenza di concubinaggio per classi agiate, il problema però sta proprio nella temporaneità che costituisce la sua attrattiva: l'orfi (e il sigheh) può essere sciolto, da parte del «marito temporaneo» con la stessa facilità con cui è contratto, lasciando la donna rovinata, tanto più se dal matrimonio temporaneo sono nati figli, per i quali non è previsto nessun obbligo paterno in caso di scioglimento. Così l'orfi alimenta il mercato degli aborti clandestini e quello delle ricostituzioni di imene. Una volta abbandonata dal suo «marito temporaneo», una ragazza può solo sperare di non essere incinta e che nessuno venga a sapere che ha perso la sua zina (verginità). Deve solo pregare che il proprio ex non riveli la sua condizione di sposa clandestina. E - ha raccontato a gennaio una di queste sfortunate a un inviato di Libération - sborsare 1000 lire egiziane (135 euro, l'equivalente di quattro mesi di salario medio egiziano) al medico che ha accettato di ricostituirle l'imene.

È significativo che il fenomeno del «matrimonio temporaneo» sia esploso nelle due società più evolute del mondo islamico, l'iraniana e l'egiziana, che hanno in comune due tratti solo in apparenza contraddittori: quello di essere le uniche con una forte società civile, e quello di avere la maggiore componente integralista nella vita pubblica, il potere khomeinista lì, l'egemonia dei Fratelli musulmani qui. In questo senso il «matrimonio temporaneo», orfi o sigheh che sia, sembra istituzionalizzare quel che Reinhart Koselleck chiama la «compresenza simultanea del non contemporaneo»: cerca di far convivere la Sura delle donne e la sessualità moderna, costituisce la tortuosa via burocratica con cui la libido si fa strada nei codicilli del diritto coranico.