I “CLANDESTINI” DIVENTANO “MIGRANTI” SUL TG1 DI MAMMA RAI

a cura di Maurizio Corte - Verona, 24 agosto 2007


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L’importanza di intervenire sul linguaggio dei media è talvolta liquidata con ironia dai giornalisti. Si considera il ricorso ad un linguaggio rispettoso dell’Altro come una forma patetica del “politicamente corretto”. Non è vero. Dall’esperienza che ho avuto come cronista, quando ero assegnato alla cronaca cittadina del quotidiano L’Arena di Verona, posso trarre l’insegnamento di come le parole possano ridare dignità alle persone, là dove il linguaggio dei media l’ha tolta. Nel raccontare dei senza fissa dimora ho smesso di usare “barbone” o, peggio, “clochard” (quest’ultimo sa tanto di spirito di avventura, di rivolta antiborghese, di libertà mentre nell’essere soli e su una strada c’è poco di libero e di antiborghese): ho usato “senza casa”, “senza fissa dimora” o, meglio, formule espressive che rispettasse l’essere “persona” – con diritti, doveri, con un’umanità, un’anima e un’identità degna di considerazione – di chi vive e dorme sulla strada, spesso senza famiglia, lavoro, affetti.
Chi si sognerebbe, se un portatore di handicap fosse travolto sulle strisce pedonali, di titolare o di scrivere: “Storpio travolto e ucciso da un’auto?” o “Disgraziato investito sulle strisce” o anche “Handicappato ammazzato sulle strisce”? La stessa parola “disabile” è stata sostituita spesso da “diversamente abile” perché in ognuno di noi, anche là dove non sembra, vi è una forma di abilità, una luce da far crescere, un’essenza umana (e divina, per chi è credente) da rispettare e valorizzare.
Ebbene, è con soddisfazione che possiamo da qualche tempo sentire al Tg1 di Gianni Riotta – giornalista che per i suoi studi e la sua esperienza negli Usa ben conosce la società multiculturale e i modi per raccontarla – che i cosiddetti “clandestini” sono chiamati “migranti”. E’ un primo passo, senza nulla togliere al fatto che entrare in modo illegale in uno Stato non è consentito dalle leggi in vigore, per considerarli persone: uomini, donne, bambini/e, ragazzi/e con un volto, un’anima, una dignità da rispettare comunque. E non come oggetti estranei, come “pacchi” senza un francobollo né un’identità da riconoscere.
Il Tg1, se vi fate caso, sotto la direzione di Riotta va più verso la “realtà” delle persone, dei cittadini. Non rinuncia, come tutti i giornali generalisti, ai servizi “leggeri”, di intrattenimento, ma di rado scade nell’infotainment (l’informazione spettacolo: informazione + intrattenimento).
Quando rappresenta la società italiana, intervista anche cittadini di origine straniera o “nuovi italiani” dai tratti somatici differenti: esemplare, un ottimo servizio sulle parole italiane “desuete”, dove si è intervistata (e ha risposto con molta competenza) una giovane straniera originaria probabilmente dell’Africa. E’ un modo, molto semplice ed efficace, per rappresentare quella che di fatto è la società italiana: multiculturale, con la presenza di persone di origine straniera. Ed è un modo altrettanto efficace di far sentire partecipi della comunità i cosiddetti “extracomunitari”, termine che andrebbe lasciato cadere per la sua bruttezza intrinseca, che disonora con gergo burocratese una lingua splendida come l’italiano.
Quanto sta facendo il Tg1 è un modo per considerare non solo “naturale” la presenza di persone di origine straniera; ma anche per evitare processi sommari e criminalizzazioni. E’ un caso se lo stile e la qualità del Tg1 è migliorata, passando dai toni “gangsteristici” del passato (quando si parlava di persone straniere implicate in fatti di cronaca) a quelli obiettivi di adesso? I criminali restano criminali; i gentiluomini restano gentiluomini. Nessuno vuole negare quanto di problematico l’immigrazione comporti; ma anche quali risorse rappresenti per la società italiana ed europea. Quello che si vuole evitare è criminalizzare la “diversità”; cadere nel facile stereotipo linguistico e narrativo, nella routine del peggiore giornalismo che non rendono onore né alla verità, né a questa nobile (e complessa) professione.
Verona, 24 agosto 2007

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