DUISBURG: E ADESSO GLI “EXTRACOMUNITARI” SIAMO NOI

a cura di Maurizio Corte - Verona, 21 agosto 2007
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DUISBURG/ DANIELI IN GERMANIA PER INCONTRARE COMUNITA' ITALIANA
«Evitare che azioni criminali danneggino decenni onesto lavoro»
Roma, 20 ago. (Apcom) - Il Vice Ministro degli Affari Esteri con delega per gli italiani nel mondo Franco Danieli nei prossimi giorni si recherà in Germania per incontrare le comunità di connazionali. Lo ha comunicato lo stesso viceministro.
«L'impegno contro le organizzazioni e i fenomeni criminali che portiamo avanti in Italia - afferma il viceministro - deve trovare forme e modalità innovative anche nella dimensione europea per essere più efficaci nel raggiungere risultati. La cooperazione tra le forze di polizia è essenziale così come è fondamentale la reazione delle comunità di cittadini».
Conclude Danieli: «Sarò nei prossimi giorni di Germania per incontrare la nostra comunità di connazionali, la più numerosa al mondo, e per discutere le iniziative e le azioni più opportune al fine di evitare che efferate azioni criminali compiute da pochi delinquenti danneggino decenni di onesto lavoro, di sofferenza e di percorsi di integrazione ancora in corso».

La strage di Ferragosto ha dimostrato – ma molti giornalisti non ne sono ancora convinti –
che anche gli “italiani” possono commettere atti di barbarie. Giusto pochi giorni dopo la strage di Duisburg (Germania) – dove il 15 agosto sei giovani italiani sono stati ammazzati in un agguato attribuito all’organizzazione criminale calabrese “’ndrangheta” - una collega giornalista, nel commentare l’omicidio di una coppia di anziani, sosteneva: “Gli autori sono certamente stranieri, serbi o albanesi o romeni. E’ stato troppo barbaro come omicidio”.
La strage di Duisburg non ha intaccato la convinzione che “albanesi”, “romeni”, “slavi” siano killer spietati, senza Dio e senza patria, portati “naturalmente” ad uccidere senza pietà e con cieca violenza, con sadismo, con pratiche “barbare” (e chi sono i “barbari”, se non gli “extracomunitari” di fuori Roma?). Eppure l’eccidio operato dalla ‘ndrangheta ha rinnovato sui mass media tedeschi la convinzione che gli italiani siano portati ad essere “mafiosi”, criminali, barbari fino ad andare oltre l’omicidio e ad assestare un colpo di pistola alla testa delle loro vittime (per evitare che qualcuno si salvi o per spregio verso i morti).
I giornali tedeschi hanno puntato il dito contro la “mafia italiana” (per loro mafia e ‘ndrangheta sono la stessa cosa); hanno messo sotto accusa la comunità italiana in Germania, o comunque i suoi pubblici e più visibili rappresentanti: pizzaioli, ristoratori, gestori di bar. I media italiani – tutti i maggiori quotidiani italiani l’hanno fatto – hanno denunciato, dando voce ai nostri connazionali, il ricorso allo stereotipo, al pregiudizio contro gli italiani. Per molti di noi, soprattutto per chi è più avanti nell’età, è stato uno sconcertante “shock di ritorno”: “Ma come, siamo ancora quelli di mafia e spaghetti”? ci siamo chiesti. Per i più giovani dev’essere stata una sorpresa toccare con mano che per i giornali tedeschi – e per parte di quella opinione pubblica – l’essere definito “italiano” talvolta non è proprio un complimento.
Siamo stati, e siamo ancora nei momenti di crisi (omicidi, infiltrazioni mafiose, criminalità organizzata), gli “extracomunitari” del momento. Abbiamo potuto avvertire il disprezzo e il pregiudizio su di noi. Siamo noi gli “albanesi”; o almeno lo sono gli italiani del Sud. “Gli italiani godono di cattiva stampa” in Germania, ha osservato qualche giornale italiano, dopo Duisburg. Tanto che i ristoratori e i pizzaioli hanno dovuto fare “comunicazione pubblica” con locandine e volantini con i quali, in tedesco, urlano all’opinione pubblica germanica: “Mafia? No grazie”.
Ma è vero che certa stampa tedesca ha fatto di ogni erba un fascio ed è tornata ai vecchi stereotipi e pregiudizi sugli italiani? Sì. Ha avuto delle “buone ragioni” per farlo e potremmo esprimerle così: “A casa nostra, voi italiani criminali ed esportatori di mafia e problemi, avete fatto una strage di una barbarie a cui non siamo mai stati abituati. Avete rovinato, e con la vostra mafia rovinate, la nostra vita civile. Vi siete infiltrati con i vostri affari sporchi nel tessuto sociale della nostra comunità. Senza di voi, o comunque senza gli italiani mafiosi, la Germania sarebbe un’isola felice. Perché la mafia non ve la tenete a casa vostra?”. Non è da escludersi che qualche bravo lettore della “Bild” o di qualche altro giornale popolare abbia proposto di tornare alle frontiere chiuse.
”Fuori Napoli dal Mec”, era scritto su un muro nel centro storico della civilissima Verona, una trentina di anni fa, quando non esisteva neppure la Comunità Europea e l’Europa era solo un mercato comune. Ecco, i giornali tedeschi ci hanno fatto sentire “fuori dal Mec”. Insomma. “extracomunitari”. Ci si sente bene?
Qualche grande giornale italiano – il “Corriere della Sera”, ad esempio – ha trattato per poco tempo e di corsa la strage di Duisburg. Eppure quell’eventp molto racconta della criminalità organizzata e della globalizzazione del crimine. Eppure dietro i 35 miliardi di euro di affari della ‘ndrangheta vi sono risvolti che ci toccano da vicino, tutti i giorni.
I quotidiani locali italiani non si sono interrogati sulla sicurezza delle città, quella vera: quella minata dal denaro del crimine reinvestito in negozi di lusso dove non entra mai nessuno o in esercizi commerciali che aprono e chiudono (con spese notevoli) le loro attività con soldi venuti da chissà dove. Ci è voluta la dichiarazione pesante di Rita Bernardini, segretaria dei Radicali italiani, per suscitare lo scandalo e un minimo di dibattito. Bernardini ha accostato l’accento meridionale di alcuni esercenti attivi nella Capitale alla presenza di infiltrazioni mafiose e del riciclaggio del denaro sporco in esercizi commerciali di Roma. Apriti cielo. La reazione delle forze politiche è stata sdegnata, della serie: “Eh no, gli albanesi non siamo noi del Sud”.
E’ allora interessante, fra le tante dichiarazioni sdegnate di politici, leggere quella dell’onorevole Alessandra Mussolini, che si chiude con un’osservazione da incorniciare.

CAMORRA:MUSSOLINI A BERNARDINI, MEGLIO NAPOLETANI DEI CINESI
(ANSA) - ROMA, 17 AGO - «Meglio i napoletani dei
cinesi...». L’europarlamentare Alessandra Mussolini ricorre a
questa battuta per commentare la dichiarazione della segretaria
di Radicali italiani Rita Bernardini secondo la quale ci sarebbe
riciclaggio di soldi della camorra vicino ai palazzi della
politica visto che sente più spesso parlare napoletano nel
centro di Roma.
«Basta poi con questi luoghi comuni che il napoletano è
criminale e camorrista - aggiunge - perchè la criminalità non
è che abbia una razza o una lingua particolare».
«Credo che Rita Bernardini - prosegue Mussolini - sia in
preda al suo furore antiproibizionista per dire cose del
genere...». «Fatti come quello di Duisberg dimostrano poi -
dichiara ancora - che è su tutta l’Italia che si deve vigilare
ma anche sugli extracomunitari. E anche lì non bisogna
generalizzare perchè ad esempio il quartiere Esquilino dove ci
sono molti stranieri è molto più pulito di tante altre zone
della città...».

Per smentire l’errata equazione napoletano = camorrista, la Mussolini ci ricorda che neppure tutti gli extracomunitari sono sporchi e delinquenti. Insomma, che non si deve generalizzare.
I delinquenti sono delinquenti, “a prescindere”, direbbe il comico Antonello De Curtis detto Totò, che sul suo essere napoletano e meridionale amava ironizzare con l’intelligenza e la fantasia propria dei grandi: “Io sono parte napoletano e parte-nopeo”, “Tazi, terùn” (rivolto ad un meridionale dalla pronuncia incomprensibile), “Ah Garibaldi, cosa hai fatto Garibaldi” (lamentandosi dei difetti di un meridionale come lui).
La polemica sull’equazione napoletano = camorrista ha occupato spazio sui giornali. Meno spazio, in proporzione, ha occupato l’approfondimento della strage di Ferragosto a Duisburg
se si escludono alcune eccezioni, come le inchieste del quotidiano “La Stampa” o le molte pagine dedicate da “Repubblica” al caso. I risultati si sono visti: i media italiani hanno subito inquadrato con lo stereotipo della “faida meridionale” l’eccidio di Duisburg. Anziché interrogarsi e approfondire tutte le implicazioni economiche, sociali, di sicurezza che l’azione della ‘ndrangheta fa sospettare, si è teorizzato e riflettuto sul “valore ancestrale” e sulla “cifra culturale” della faida.
Ancora una volta si è data una “lettura etnica”, ci si passi il termine, alle uccisioni. L’interpretazione “culturale” – gli assassinii sono stati commessi per vendicare una grave offesa e rientrano nella serie di vendette tra famiglie rivali dell’Aspromonte calabrese – ha impedito di andare oltre e di analizzare, anche solo a tavolino, le forze in campo. Si è così rischiato di trascurare l’aspetto sostanziale, economico, criminale del “caso Duisburg”. Un aspetto che porta diritto – come si osservava prima – alla sicurezza delle nostre città, perché la criminalità – lo sanno bene gli esperti – è un sistema: i 35 miliardi di fatturato della ‘ndrangheta sono frutto dei traffici di cocaina, della prostituzione, del riciclaggio in attività “pulite” (negozi, ristoranti, esercizi commerciali delle nostre città e di quelle straniere), dell’immigrazione illegale, degli appalti pubblici. Cocaina, prostituzione, riciclaggio, immigrazione illegale (e sfruttamenti connessi), appalti di lavori pubblici non hanno riflessi sulla nostra vita quotidiana? Non vi è alcun nesso fra l’insicurezza dei quartieri e la criminalità in grande stile?
Di fronte alla leggerezza, alla fretta e al “fastidio” con cui qualche grande giornale italiano ha trattato la strage di Duisburg – preferendo dare spazio ad argomenti più “leggeri” o a pseudo-eventi (si legga il “Corriere della Sera” di sabato 18 agosto) – vi è da riflettere. Il confine fra impreparazione dei giornalisti e malafede si fa a volte molto sottile.
Credo sia quanto mai interessante leggere quanto ha scritto Michael Braun sul giornale tedesco “Die Tageszeitung”, pubblicato dal settimanale “Internazionale” (numero 707/2007): “A sentire le autorità italiane, la strage di Duisburg è stata uno scherzo di carnevale finito male: sedici anni fa nella lontana San Luca volò qualche uovo di troppo e cominciò una faida tra due clan mafiosi. Il brutto scherzo, in realtà, è proprio questa versione dei fatti, per cui dovremmo credere alla violenza arcaica di individui rimasti fermi a un concetto dell’onore ancestrale. La polizia italiana, e anche i politici, non sono ciechi. La ‘ndrangheta, Cosa nostra e la camorra sono grandi aziende, al passo con i tempi, che operano anche a livello globale. Roba di cui dovrebbe occuparsi l’Interpol, insieme alla polizia criminale tedesca”. Il giornale tedesco richiama poi l’Italia alle sue responsabilità, per combattere con i giusti mezzi – militari, ma anche di intelligence – la criminalità organizzata.
Un giornale italiano ha pensato bene di opporre all’interesse giornalistico per la strage di Duisburg un’espressione molto cara ai fascisti: “Chissenefrega”… tanto si ammazzano fra loro. Il disinteresse, anche giornalistico, verso le organizzazioni mafiose – va ricordato – ha due sole spiegazioni: l’indifferenza dei miopi e degli ignoranti… o l’acquiescenza dei complici. Un giornalismo, non solo interculturale, ma vero, onesto, autentico non è indifferente. E’ contro il crimine, di qualunque colore, etnia od origine nazionale. Mafioso, o no.
E’ qui che come giornalisti siamo chiamati a fare il nostro mestiere di mediatori fra la realtà e il pubblico dei media: il richiamo all’ordine e alla legalità di alcuni “sindaci sceriffi” o di “sindaci per l’ordine” (di destra o di sinistra non fa differenza), è sacrosanto. Ma l’ordine e la legalità sono qualcosa che non si può fermare allo sgombero di baracche abusive o di venditori senza partita Iva. L’illegalità è qualcosa che non ha solo i colori cupi della devianza conclamata e del degrado “extracomunitario”. Ha anche i colori del riciclaggio del denaro sporco fatto attraverso negozi luccicanti e puliti; dell’evasione fiscale (Al Capone fu “pizzicato” su questo versante…); di sistemi finanziari compiacenti. Tutto questo i giornalisti se lo ricordano?


Verona, 21 agosto 2007

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