IMMIGRAZIONE, MASS MEDIA E "NUOVI GIORNALI"

a cura di Maurizio Corte - Verona, 23 novembre 2006 
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Qual è l’immagine dell’immigrazione nei media e come evolverà? E' bene ricordare quanto dicono gli studi più recenti sull'immagine dell'immigrazione nei media: Corte 2002, Censis 2003, Università La Sapienza 2004, Sibathu 2004 e altri. I mass media fomentano la paura dello sconosciuto con i contenuti dei loro articoli, con il linguaggio che usano, con il metodo con cui danno le notizie. Dell'immigrazione si rappresentano gli aspetti problematici: quelli offerti dai migranti e dal loro comportamento. Non che non si debbano raccontare i cittadini immigrati come "problema": il fatto è che la notiziabilità dei fatti in cui sono coinvolte persone straniere dipende dalla luce più o meno negativa che proietta sul "diverso".
L’informazione è concentrata sui cittadini immigrati irregolari e sui loro comportamenti illegali. L’attenzione verso i migranti irregolari sale in presenza di notizie su “sbarchi”, arrivi illegali, fatti di cronaca nera. Si esprime attraverso brevi notizie di cronaca, senza approfondimento. Presenta i più poveri fra i poveri, i più devianti fra i devianti, accrescendo la connotazione negativa del fenomeno. Non fa mai parlare le persone immigrate. Si occupa in modo limitato dei problemi degli migranti. Non si interessa alla cultura dei migranti, al loro ambiente di vita e alle loro richieste. Non si occupa in modo approfondito dei problemi di inserimento e di accoglienza, neppure quando questi problemi toccano da vicino i cittadini italiani e le fasce meno protette degli autoctoni.
Non viene data voce alle reazioni dei cittadini italiani, sia in positivo che in negativo. Quando viene data loro voce, questo accade sull’onda dell’emotività per un certo fatto negativo accaduto o per una situazione di degrado rappresentata dai media.
Le relazioni fra autoctoni e migranti, i problemi di convivenza e d’interazione, di accoglienza e d’integrazione fra culture non sono considerati degni di attenzione: “non fanno notizia”. Ha voce sui mass media italiani solo chi voce ha già di suo: istituzioni, mondo economico, potentati. La stampa si limita a registrare le dichiarazioni di quelle fonti.
Possiamo quindi dire che l’immigrazione acquista evidenza sulla stampa solo quando si fa emergenza. Possiamo parlare di sensazionalismo, spettacolarizzazione, drammatizzazione dell’informazione sui migranti.
Quale figura di migrante viene rappresentata dalla stampa, dalla radio, dalla Tv e dai siti Web d'informazione? Il migrante è tratteggiato con toni positivi quando è bene inserito nella società (nel senso che non disturba), si comporta bene ed è utile al tessuto economico. Fa tenerezza quando ha le sembianze di un bambino, di un vecchio, di una donna incinta o quando è morto. Allora merita compassione e commozione.
Per il resto, è un "Altro" estraneo, diverso, non meritevole di attenzione, di conoscenza, di accoglienza e di dialogo interculturale.
I media di rado vi trovano qualche cosa di buono, di positivo "in sé". E' piuttosto una figura che minaccia la “nostra” sicurezza, tant'è che spesso ha i connotati della delinquenza. Se viene sfruttato, maltrattato, se subisce violenza non ha spesso la possibilità di dare voce alla sua protesta. Possiamo dire che i mass media non hanno impianto conoscitivo, interpretativo ed espositivo all'altezza di una società pluralistica e complessa. Soprattutto la stampa, i giornali "scritti", che più dovrebbero avere la responsabilità di trasmettere conoscenza ai lettori su un fenomeno strutturale qual è l'immigrazione, mostrano la corda e tutti i loro limiti.
Quale futuro per l’immagine dell’immigrazione nei media? Possiamo tentare una riflessione a partire dalla sollecitazione data dalla trasformazione della grafica dei quotidiani. Una trasformazione che incide sui contenuti giornalistici: quelli iconici, quelli testuali e quelli relativi ai titoli. Va detto che la nuova grafica e il "full-color" di cui si stanno dotando i maggiori quotidiani – l’ultimo, in ordine di tempo, è stata “La Stampa” di Torino - non agevola la pratica di un giornalismo riflessivo, di scavo. Molto spesso vi è una dilatazione iconica - foto, grafici, tabelle, disegni - eccessiva che in teoria punta a far comprendere meglio le notizie e i temi complessi al lettore, ma che poi porta a tradire il lettore stesso quando questi cerca nel testo le chiavi interpretative di una società che lo preoccupa, che si mostra sconosciuta e complicata.
Sarà interessante capire - una volta che i quotidiani saranno passati per intero al formato tabloid (o semi-tabloid) e al full-color - quale riflesso tutto questo avrà sui già presenti processi di spettacolarizzazione delle notizie, di loro presentazione "televisiva", costruita più sull'immagine che sulla parola. L'immigrazione, che ben si presta a fare da contenuto alle tendenze drammatizzanti e spettacolarizzanti dei giornali, quale trattamento subirà? Basteranno alcuni giornalisti consapevoli, preparati, sensibili ad impedire che si prosegua nella "deriva televisiva", nella settimanalizzazione (si veda sulle "derive" Murialdi, Il giornale, edizioni Il Mulino): tendenze e processi che rischiano di creare un circolo perverso fra società complicata, incapacità di comprensione, accumulo di tensioni e atti di intolleranza (subìta o agita) riguardanti il "diverso", lo "straniero".
Verona, 23 novembre 2006

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