MORTE IMMIGRATA E DENUNCIA SOCIALE

a cura di Maurizio Corte - Verona, 30 settembre 2006
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Il cittadino immigrato fa notizia quando è delinquente, clandestino, illegale. Lo si presenta allora come estraneo, come pericolo, come causa di insicurezza, come dimostrano le ricerche del Censis, dell’Università La Sapienza di Roma e del Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona (si veda Corte, “Comunicazione e giornalismo interculturale”, Cedam, 2006).
Quando invece è vittima, lo “straniero” suscita pietà, dolore lacrimevole, compassione: è un po’ uno di noi; ritroviamo in lui (o in lei) i nostri nonni e zii emigranti; un po’ ci appartiene e ne siamo colpiti nei sentimenti.
Lo sguardo compassionevole nasconde però la denuncia sociale, che passa in secondo piano. Spesso la “morte immigrata” è un atto d’accusa contro il nostro sistema economico, contro lo sfruttamento, contro l’ideologia del libero mercato portata alle estreme conseguenze: quella morte immigrata nasconde l’illegalità dei forti contro i deboli. Il giornalismo italiano sembra non accorgersene, se escludiamo rare inchieste (si veda quella condotta su “L’Espresso” e riferita al lavoro nei campi in Puglia) che non sono richiamate, riprese dagli altri media come il tema meriterebbe.
Vediamo di seguito la notizia della morte di un lavoratore di nazionalità romena – un uomo senza diritto di cittadinanza, senza “documento” regolare, senza tutele sindacali, senza diritti umani elementari – nel crollo do una palazzina. Guardiamo con attenzione la “gerarchia” delle informazioni e notiamo come la versione ufficiale e le parole della Protezione Civile prevalgano sulla denuncia che la Cgil fa dell’ennesimo crimine ai danni di lavoratori di origine straniera, a persona che danno la vita per costruirci, ristrutturarci, ammodernarci case, palazzi, ville e “focolari domestici” che loro non si potranno mai permettere.
La Protezione Civile è “dispiaciuta” della morte del lavoratore romeno. I toni del sindacato di categoria degli edili sono “durissimi”. E’ comunque già importante che quei toni abbiano voce nel dispaccio dell’Ansa; come non hanno voce adeguata sui media per denunciare che le figure “extracomunitarie” non sono tali solo in vita, ma anche nella morte e nei diritti.

RUMENO MUORE IN OSPEDALE DOPO SALVATAGGIO SOTTO MACERIE/ANSA
È SOPRAVVISSUTO 3 GIORNI DOPO CROLLO PALAZZINA; CGIL,È CRIMINE
(di Ruggero Farkas)
(ANSA) - LICATA (AGRIGENTO), 22 SET - Dopo una durissima
giornata culminata con il salvataggio da sotto le macerie del
crollo di una palazzina di 5 piani e 17 appartamenti a Torre di
Gaffe a Licata è morto in serata, appena giunto in ospedale,
Spiridon Mircea, 32 anni, sposato con 3 figli, operaio che era
stato estratto vivo poco prima, seppur dopo aver subito
l’amputazione dei piedi. Il vicecomandante dei vigili del fuoco
di Agrigento, Andrea Abruzzo, che con i suoi uomini ha lavorato
per salvare l’ operaio rumeno con le squadre cinofile di
Siracusa e Palermo, e con la Protezione civile, dice «Siamo
veramente dispiaciuti. Ero in auto con altri colleghi ed eravamo
allegri dopo una durissima giornata di lavoro per aver salvato
quest’ uomo. Poi mi hanno telefonato dandomi la triste
notizia».
«Nel nostro lavoro - aggiunge - sono cose che capitano. Ci
abbiamo messo tutto l’impegno possibile, abbiamo fatto il nostro
dovere. Le ricerche comunque continuano sotto le macerie anche
se la possibilità che vi siano persone vive è remotissima:
l’unica intercapedine rimasta dopo il crollo era quella in cui
si trovava l’operaio morto in ospedale». Secondo Abruzzo,
comunque, dalla comunità rumena di Palma di Montechiaro non vi
sono denunce di scomparsa e nessuno mancherebbe all’appello. Si
riduce così di molto la possibilità che sotto le macerie della
palazzina vi siano altri operai rumeni che lavoravano in nero.
Il rumeno è rimasto due giorni sotto le macerie del crollo
della palazzina e un’altra giornata l’ ha trascorsa mentre
vigili del fuoco e uomini della protezione civile hanno lavorato
per estrarlo. Poi i medici hanno dovuto amputargli i piedi per
liberarlo da un groviglio di ferri che, hanno detto i pompieri,
erano ormai tutt’uno con gli arti. L’uomo è stato subito
poggiato, in fin di vita, sulla barella e accompagnato nell’
elicottero che lo ha portato all’ospedale Sant’ Elia di
Caltanissetta dov’è morto.
La palazzina era crollata mercoledì scorso alle 14. L’allarme
sulla possibilità che sotto le macerie vi fosse qualcuno è
stato dato dalla moglie di Mircea che ha detto che il marito
lavorava lì. Sono cominciate le ricerche da parte dei vigili
del fuoco che hanno utilizzato i geofoni, segnalatori di suoni,
e soprattutto i cani. Grazie alle tecnologie moderne e alla
sensibilità di Brenda, Helmut, Falco e Kiria, i pastori
tedeschi dell’ unita cinofila regionale dei vigili del fuoco, l’
operaio rumeno è stato individuato e in mattinata sono
cominciate le operazioni di salvataggio durate alla fine oltre
10 ore. Spiridon Mircea è stato liberato dai detriti gli è
stata data acqua è stato visitato dal medico.
Nel pomeriggio vi era stato un momento di esultanza quando
praticamente tutto il corpo del giovane muratore dell’ Est era
stato liberato da detriti e ferro e sembrava potesse essere
sollevato. Poi invece i tecnici si sono accorti che i piedi
erano immobilizzati e i sanitari poco a poco hanno capito che
l’unico modo per salvare Mircea era amputarli. Ma anche questo
non è bastato perchè evidentemente l’uomo era debilitato:
aveva perso anche tanto sangue.
La procura agrigentina ha avviato subito un’inchiesta sul
crollo mentre la Cgil e il sindacato di categoria Fillea sono
durissimi: «Siamo di fronte a un evidente comportamento
criminale del titolare dell’impresa edile e a gravi ritardi nei
soccorsi». «Perchè - chiedono Italo Tripi, segretario
generale della Cgil siciliana, ed Enzo Campo, segretario del
sindacato edili - l’imprenditore non ha detto subito che
mancavano all’appello alcune persone? Perchè si è dovuto
aspettare la denuncia della moglie dell’operaio? E perchè dopo
la denuncia prima che scattassero i soccorsi sono trascorse 24
ore?». Il sindacato sottolinea che «vicende come quella di
Licata accadono in Sicilia perchè mancano i controlli e ci si
può consentire di tenere in nero lavoratori clandestini,
sfruttarli e in caso di incidenti lasciarli al proprio
destino». Campo aggiunge: «La ditta che doveva ristrutturare
la palazzina crollata a Licata aveva assunto solo una persona il
18 settembre scorso ed aveva una concessione del comune del
maggio scorso che prevedeva il restauro della palazzina con 17
appartamenti. Questa è la chiara dimostrazione dell’
illegalità dell’ impresa di Antonino di Vincenzo di Palma di
Montechiaro che faceva lavorare persone in nero».
«È impensabile - aggiunge - che una sola persona possa
ristrutturare il prospetto e l’interno di una palazzina con 17
appartamenti. Ecco perchè l’ impresa ha denunciato in ritardo
che forse c’era un operaio lì sotto e che forse ce ne sono
altri due». E dopo la tragica notizia il presidente della
Regione, Salvatore Cuffaro, ha espresso il proprio cordoglio e
dolore per la morte del muratore rumeno.

Verona, 30 settembre 2006

 

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