IMMIGRATI KILLER, VIOLENTATORI E SBARCAIOLI: E' LA STAMPA, BELLEZZA

a cura di Maurizio Corte - Verona, 24 maggio 2006
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L'assassinio di un uomo a Rimini, la notte del 16 maggio, attribuito a due giovani di nazionalità romena. La violenza sessuale su una giovane donna, nel Comasco, da parte di un giovane nordafricano. Gli "sbarchi senza sosta" di migranti sulle cose di Lampedusa. La "gang" di "figli di immigrati" a Rovigo (notizia del 20 maggio) che spadroneggia fra i ragazzi. Le cronache quotidiane di prodotti contraffatti, di scippi e di piccoli spacciatori. Il suicidio di una 16enne di origine marocchina, in un canale del Trevigiano (notizia del 16 maggio), che era sempre più "insofferente alla rigida educazione imposta dai suoi genitori". Sono solo alcune delle notizie che hanno come protagonisti persone di origine straniera che vivono in Italia,
Con l'estate, la rappresentazione dell’immigrazione sui mass media assume ancor più i contorni dell'emergenza, della violenza, dell'illegalità, della tensione. E soprattutto viene offerta attraverso l'immagine dello sbarco, dell'invasione dal mare, dell’arrivo quell'azzurro che nell'immaginario collettivo porta ormai solo tsunami e "barbari"; e viene presentata con il rumore di fondo e le urla dei politicanti che gridano all'emergenza.
Non vi è dubbio che l'esperienza migratoria sia fonte di stress e di disagio, da un lato, e di arricchimento esistenziale e culturale, dall'altro (si veda A. Portera, Tesori Sommersi, FrancoAngeli, 1999). Peccato che quasi sempre la stampa italiana legga l'immigrazione con un occhio solo: quello miope. Viene da chiedersi, visto quanto accadde nell'estate 1998 ("La calda estate dei clandestini") se i giornalisti - di destra o di sinistra, la collocazione non conta - siano pronti a cavalcare l'onda dello sbarco immigrato pur di fare di notizia. Purtroppo la risposta è ancor più tragica: i giornalisti e il sistema mediale sono pronti, nella stragrande maggioranza dei casi, a cavalcare la grande presunzione di saper rappresentare la realtà sociale in cui si situano le vicende dei migranti.
Poco laureati, poco preparati, poco studiosi, quasi mai aggiornati, spesso tendenziosi, i giornalisti - "buonisti" o "allarmisti" verso il mondo dei migranti - sono ancora lì a suonare lo spartito dell'immigrazione-emergenza, del migrante-clandestino, dell'immigrato-delinquente. L'agenzia di informazioni Ansa, che è la fonte delle notizie per le redazioni dei mass media italiani, aumenta il numero di dispacci sull'immigrazione sempre e solo in due occasioni: quando vi sono sbarchi di migranti sulle coste del Sud d'Italia (Lampedusa in testa) e quando governanti e politici aprono bocca e parlano, parlano, parlano.
L'essere "straniero", vi abbiamo accennato più volte in questi "appunti", è ormai diventato un criterio di notiziabilità: il diverso, l'immigrato, il differente aggiunge valore ad una notizia. Se chi scrive rapina e sgozza l'anziana vicina di casa o violenta la giovane signora del piano di sotto, forse arriva a meritarsi un colonnino o una notizia in breve su un quotidiano nazionale; se chi scrive, nel commettere gli stessi delitti, fosse un "romeno" o un "marocchino", tre colonne (e forse più) di titolo nelle pagine di cronaca non gliele toglierebbe nessuno.
Non scandalizza più gli studiosi dei media il rilevare come il peso delle notizie cambi con il cambiare della nazionalità dei protagonisti. Quello che i lettori non possono accettare è l'imbroglio mediale che le redazioni dei giornali apparecchiano - ad ogni sbarco, ad ogni polemica politica sull'immigrazione - sulla tavola dell'opinione pubblica: la lettura e l'interpretazione della vita e delle vicende di una società pluralistica viene affidata ad operatori dell'informazione che non hanno né la cultura professionale, né la conoscenza, né la sensibilità umana per spiegare ai lettori quanto e come sta mutando la nostra società.
Le lacune della stampa (giornali, radio, tv, siti Web) si palesano in tutta la loro evidenza proprio nel momento dell'emergenza. Si palesano sia quando fanno dell'allarmismo, sia quando fanno del buonismo. L'uso "politico" dell'immigrazione non giova alla comprensione: vi sono ministri deficienti (nel senso che mancano di qualche cosa) sia da una parte che dall'altra. E' da irresponsabili fare proclami pro-immigrazione senza valutarne le conseguenze; ed è da irresponsabili utilizzare quei proclami per allarmare la pubblica opinione. Ma non è l'irresponsabilità della classe politica che ci interessa: l'irresponsabilità maggiore è quella dei mass media, dei giornalisti.
Non è serio, né corretto a livello deontologico pensare di rappresentare un'altra estate all'insegna dell'emergenza immigrazione. Ed è preoccupante osservare, nella routine quotidiana dei giornali, le sacche di insufficienza critica nel filtrare le notizie, nell'interpretare i mutamenti della società. Vi sono poi gli "usi politici" dell'emergenza immigrazione, per tornaconti personali e di partito. In quell'uso politico di un fenomeno complesso e strutturale della nostra società, qual è l'immigrazione, il giornalismo italiano mostra i suoi lati più servili e più preoccupanti.

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